23 dicembre 2003
Il Senato prova a cambiare la normativa 185
Tocca ai cittadini o alla legge rinnovare i sindaci a primavera?
Terzo mandato solo fino a mille abitanti: non è la soluzione

Questo è l'anno del rinnovo dei sindaci in quasi due comuni su tre della provincia di Padova. Molti di questi sindaci però saranno rinnovati non dai loro cittadini ma dalla... legge: quella che prevede un massimo di due mandati consecutivi. Cambierà questa legge? Il Senato vi si sta dedicando e la proposta attualmente messa sul tappeto dalla maggiorana è che si può cambiare, ma solo per i comuni fino a mille abitanti: qui si può fare il sindaco per tre volte di seguito.
La proposta è più una provocazione che una risposta, non solo perché riduce il problema al solo aspetto della... irreperibilità di candidati nelle piccole comunità, ma soprattutto perché complica ulteriormente la "geografia" degli enti locali italiani, accrescendo le differenze in base al numero di abitanti.
Una proposta realistica, anche se transitoria, potrebbe intanto eliminare il limite per i comuni fino a cinquemila abitanti e prevedere però una successiva omogeneizzazione della durata di tutte le cariche elettive con responsabilità di governo. Solo in questo quadro i limiti sono accettabili.

 
4 dicembre 2003
Dopo che l'Italia ha modificato la legge 185
Più debole il controllo sugli armamenti in Europa
I rischi della prossima Agenzia europea

L'Unione Europea avrà nel prossimo anno una propria Agenzia per gli armamenti. È una notizia buona o cattiva? Dal punto di vista industriale è interessante. Anche dal punto di vista politico è utile: si tratta di un passo in più verso la politica comune di sicurezza e di difesa in Europa. Le buone notizie finiscono qui. Il trasferimento all'Agenzia europea per gli armamenti di decisioni e soprattutto di scelte operative sulla produzione e sul commercio, taglierà fuori il Parlamento italiano; la stessa Relazione annuale prevista anche dalla nuova legge risulterà incompleta, perché una parte della politica italiana in questo settore figurerà come politica europea. C'è poi il rischio che spese per gli armamenti che passano attraverso l'Agenzia non figurino nel bilancio del ministero della Difesa ma sotto capitoli di collaborazione internazionale, consentendo un aumento delle spese militari non dichiarate ufficialmente.

 
30 novembre 2003
Gli enti locali e la manovra economica per il 2004
Fa un regalo al bambino e manda il conto ai genitori
Il governo toglie soldi ai Comuni e poi "finanzia" il secondo figlio

Ogni mese che passa ci sono sempre meno soldi in casa, perché se cala il prezzo dei computer ma cresce quello degli spaghetti non c'è scelta per le famiglie: bisogna comprare la pasta e rinviare l'acquisto del computer. Le famiglie avrebbero magari la pretesa che Berlusconi e Tremonti facessero lo stesso nella "casa degli italiani", che dedicassero i soldi che ci sono alle cose essenziali e rinviassero i sogni e le promesse a tempi migliori. E magari avrebbero la pretesa che non ci si mettesse anche il governo a rendere ancora più problematico il far bastare i soldi fino alla fine del mese.
La diminuzione complessiva dei trasferimenti erariali ai Comuni sarà nel 2004 di 115 milioni di euro; la decurtazione del fondo per gli investimenti sarà di 175 milioni: solo queste due voci fanno 290 milioni di euro in meno, che sono quasi il costo (300 milioni di euro) di una spesa prevista dalla manovra economica: mille euro per ogni secondo figlio. I cittadini potrebbero anche non preoccuparsi del fatto che Berlusconi vuol fare bella figura con i soldi dei sindaci, se il risultato finale per le famiglie fosse lo stesso. Il conto finale però sarà in perdita per queste, perché troveranno poi meno servizi alla famiglia e all'infanzia organizzati dal loro Comune e sostenuti anche con la fiscalità generale; essi dovranno pagarseli sempre più e mille euro finiranno presto, come già finiscono presto al supermercato.

 
13 novembre 2003
Dopo l'attacco al contigente dei carabinieri
A Nassiriya con il coraggio dei pacificatori
Per rendere onore alle ragioni degli italiani caduti

Al momento dell'avvio della missione Antica Babilonia non c'era nessun motivo per la presenza dell'Italia in Iraq. Quella scelta sbagliata ha messo in difficoltà le nostre forze armate perché per la prima volta esse rischiano di essere considerate uno dei due contendenti e non lo strumento di interposizione e di pacificazione fra due contendenti. Questo rischio va evitato e superato: per onorare le vittime di Nassiriya, per dare fiducia e sicurezza ai nostri soldati in Iraq e in tutte le parti del mondo dove il nostro dovere di democrazia solidale richiede e richiederà la loro presenza.
Le "buone ragioni" dei caduti a Nassiriya hanno bisogno di un'azione politica coerente. L'Italia ha scritto il suo articolo 11 della sua Costituzione con negli occhi e nel cuore le tragedie della guerra. Questo è un altro momento di coraggio della politica: contribuire a scrivere le nuove regole della pace sotto l'urto dei camion-bomba e con negli occhi vite stroncate di militari "pacificatori". Se essere pacifisti può essere una scelta etica, essere "costruttori di pace" è una scelta politica: l'unica che ci resta. Richiede coraggio, più coraggio della guerra. I militari italiani caduti a Nassiriya questo coraggio l'hanno avuto.

 
14 ottobre 2003
La Finanziaria 2004
L'Europa non è la casa dell'Italia
Il cuore economico della manovra italiana per il bilancio 2004 non batte in Europa e anche nel poco "sangue" che vorrebbe pompare nella società italiana sono scarsi i "globuli europei"

Il cuore economico della manovra italiana per il bilancio 2004 non batte in Europa. Anche nel poco "sangue" che vorrebbe pompare nella società italiana sono scarsi i "globuli europei". Mancano risorse per quell'insieme di politiche fissate nel 2000 nella capitale portoghese per fare dell'Europa la più competitiva società della conoscenza. Proprio nel 2004, l'anno dell'allargamento dell'Unione Europea, si riducono gli investimenti nelle aree in ritardo di sviluppo. Neppure nell'iniziativa, pur condivisibile, del sostegno alle produzioni italiane c'è un adeguato riferimento alle normative e alle iniziative dell'Unione.
I nostri produttori meritano molto di più di queste rassicurazioni per i l loro essere europei e per aver dimostrato di saper reggere la sfida anche senza le svalutazioni competitive della lira. I nostri giovani ricercatori meritano molto di più di uno sconto sulle tasse per aver investito per primi in conoscenza. I nostri lavoratori meritano molto di più di un taglio alle pensioni per aver accettato con Romano Prodi la non facile "conquista" dell'euro.

 
21 settembre 2003
Un nuovo scenario costituzionale e geografico
Partecipazione civile e sviluppo sostenibile nei Municipi padovani d'Europa
La dimensione europea è una condizione normale delle decisioni degli enti locali

L'avvio del ciclo amministrativo locale 2004-2009 coinciderà con il passaggio dall'Unione Europea all'Europa Unita attraverso gli strumenti del Trattato Costituzionale (unità giuridica) e dell'ampliamento (unità geografica). La prima Costituzione europea sollecita le amministrazioni locali ad essere parte attiva dei processi politici ed istituzionali a dimensione continentale. Se oltre il 70 per cento delle decisioni che contano nella vita quotidiana dei padovani sono prese dalle istituzioni comunitarie, il presidente della Provincia e i sindaci hanno il diritto-dovere di colmare la distanza tra le persone e i luoghi delle decisioni che li riguardano. Il nuovo spazio geografico europeo pone il Veneto e Padova nel Veneto tra le aree centrali dell'Europa Unita: una opportunità sia per i Veneti che per gli Europei, cui gli enti locali possono dare concretezza. Nel contesto della collaborazione-competizione europea si possono offrire prospettive nuove alle politiche di sviluppo locale.

 
7 settembre 2003
L'Europa sta ripensando la centralità della concorrenza in alcuni beni
I servizi di interesse generale dall'economia alla cittadinanza

È il momento di un dibattito con gli utenti: come cittadini e non come clienti

Sui servizi di interesse generale è attualmente in corso - in Europa e fuori - una riflessione, cui le amministrazioni locali devono dare il loro contributo sia come attori economici di prima grandezza sia come rappresentanti dei cittadini. Partendo dal dibattito aperto in sede istituzionale europea, il confronto per le prossime elezioni municipali e provinciali a Padova riguarderà anche il rapporto dei cittadini con i servizi di interesse generale: cittadini, e non solo clienti. Tra i compiti primari delle amministrazioni locali è la definizione di una nuova modello di governo dei servizi di interesse generale per assicurare: competitività ed economicità; l'accesso efficiente ed equo di tutte le persone a servizi di alta qualità in grado di rispondere alle loro esigenze; tutela dei beni pubblici in caso di crollo del mercato. L'Unione Europea ha indicato come indisponibili l'istruzione e la salute. Ma il dibattito riguarda altri beni, come l'acqua e l'aria, il lavoro e l'informazione.

 
28 agosto 2003
Taglieggiata la sicurezza sociale
La qualità dell'abitare è la misura del nuovo sviluppo

Il caso del Conselvano, alla prese con un grande insediamento commerciale

È sempre qualcosa di più di una vetrina produttiva la mostra con cui l'Unione artigiani del Conselvano accompagna la Fiera di Sant'Agostino a Conselve. L'edizione di quest'anno è un percorso dentro e attorno all'abitare. In questo modo la rassegna si conferma, secondo tradizione, anzitutto lo specchio dell'idea che gli artigiani hanno del Conselvano: in questo momento essi lo vedono come un'area in cui vivere, in cui abitare; un territorio nel quale la casa e non più il "capannone" è il cuore dello sviluppo.
Questo "percorso dentro l'abitare" proposto dagli artigiani conselvani è alternativo, culturalmente ed economicamente, al "percorso dentro l'acquistare" che una anticipata campagna pubblicitaria fa immaginare nel futuro prossimo in un'altra parte di Conselve, che per ora si chiama Palù (lingua veneta molto locale) e che un domani vorrebbero rendere nota come Factory Outlet (lingua inglese molto internazionale).
Conselve, Bagnoli e Tribano sono le tre comunità più direttamente coinvolte nella scelta tra "l'abitare" un territorio e "il vendere" un territorio, di fronte alla quale si trovano i cittadini e i loro rappresentanti.
Decisioni già prese in passato rendono giuridicamente ardua una ridiscussione dell'insediamento dell'Outlet. Chi ha visto riconosciuto un progetto, oggi rivendica la sua attuazione e le istituzioni sono prima di tutto garanti della legalità. Questa garanzia delle istituzioni vale per tutti: per le multinazionali e per le famiglie; per chi ha la vocazione a vendere e per chi ha la vocazione ad abitare.

 
17 agosto 2003
Taglieggiata la sicurezza sociale
Il governo si è preso i soldi degli anziani
Ai sindaci dice di arrangiarsi, magari con i volontari

Ormai è chiaro: gli anziani italiani non devono assolutamente far conto sul governo. L'anno scorso il ministro Sirchia voleva scaricarli alle assicurazioni private; quest'anno si è subito chiamato fuori, dicendo che ci devono pensare i sindaci, possibilmente attraverso il volontariato. Insomma, deve essere chiaro che per i diritti degli anziani il governo Berlusconi non scucirà una lira. Anzi in questi due anni è andato a prendersi i soldi dagli anziani per pagarsi i "fatti suoi", come l'abolizione delle tasse sulle eredità dei miliardari. E così il fondo sociale istituito dall'Ulivo è stato ridotto nel 2003, nel 2004 e nel 2005; i livelli essenziali di assistenza sono stati limitati alla sanità, che "scarica" il prima possibile gli anziani alle famiglie e quindi ai comuni; lo stanziamento per il reddito minimo di inserimento è passato da 220 a 35 milioni di euro.
Per questo gli anziani fanno fatica a respirare, non solo per il caldo.

 
3 agosto 2003
L'Iraq ha bisogno di questo
La pace si vince con militari che fanno attraversare la strada ai bambini
Le Forze armate italiane lo sanno fare, ma non possono dipendere da Condoleezza Rice

Abbiamo troppa stima professionale, troppa considerazione umana per accettare di lasciare i nostri soldati in Iraq a tempo indeterminato, a combattere la guerriglia per conto di una potenza occupante. Il governo italiano deve lavorare senza ambiguità per garantire una svolta politica ed un mandato delle Nazioni Unite. Se il mandato non vi sarà, dobbiamo riportare a casa i nostri soldati, a casa dove già si trovano i francesi, i tedeschi e anche gli indiani.
Perché non basta la bravura, non basta l'umanità delle nostre persone in armi, se a guidare politicamente l'operazione in cui sono stati inseriti ci sono convinzioni e comportamenti come quelli descritti dall'ascoltata consigliere del presidente Bush, Condoleezza Rice: "Non è compito dell'esercito americano aiutare i bambini ad attraversare la strada".
Eppure è quello che i militari italiani sanno fare e fanno: essi in tutto il mondo prendono per mano i bambini là dove non c'è strada, là dove la strada è un campo minato, là dove la strada è la distanza tra una vita ed un cecchino; li prendono per mano e li aiutano ad attraversare queste strade; se serve, costruiscono assieme a quei bambini altre strade, che poi questi, una volta cresciuti, riconosceranno come le strade del loro futuro. E con i bambini tutte le persone che abitano l'Iraq.
Questi sono gli interventi urgenti per la popolazione irachena che avremmo voluto veder programmati. Queste le regole di ingaggio per i nostri militari in Iraq che avremmo voluto stabilire qui nel parlamento italiano.

 
27 luglio 2003
Il Documento di programmazione economica e finanziaria e l'Europa
Gli imbarazzi e le paure di Berlusconi e Tremonti per la rivoluzione europea
Estranei o rinunciatari di fronte al ruolo politico e all'allargamento dell'Unione

L'Italia si appresta a vivere l'Europa come un vincolo (ahi, il Patto di stabilità!), come un costo (vuoi mettere la liretta svalutabile con l'euro forte?), come una scusa (sai, è Bruxelles che ce l'ha con la tua pensione…), anche come una banca (noi abbiamo disegnato le grandi strade, adesso l'Unione ce le paghi). Questa è l'Europa che il governo di Destra propone agli italiani nel Documento di programmazione economico-finanziaria. Non solo questa, certo; ma in tutti i casi l'Europa si usa, non si vive. Quella che manca proprio è l'Europa come patrimonio italiano, come luogo e strumento della sovranità dei cittadini italiani. C'è l'Italia e l'Europa, non l'Italia in Europa.
A partire dal 2004, cioè dal primo anno di programmazione del Dpef, l'Unione Europea diventa l'Europa Unita: in senso geografico (con l'adesione di dieci altri Stati) e in senso politico (con la prima Costituzione europea). C'è dunque una impegnativa ma entusiasmante base per chi voglia programmare le condizioni economiche e finanziarie del nostro paese.
Berlusconi e Tremonti hanno invece interesse a presentare l'Europa come rischio. Nel Dpef si parla poco, infatti, dei benefici che l'allargamento ha già portato e porterà ai cittadini dell'Unione. Io credo che l'Italia debba partecipare alla stabilità dell'Unione europea anche fornendo alla propria opinione pubblica tutti gli elementi per un giudizio realistico sull'allargamento e non alimentando paure e rivendicazioni.

 
23 luglio 2003
Approvata definitivamente dal Senato la legge sugli oratori
Patronati parrocchiali: un servizio pubblico
Il riconoscimento di un ruolo, il sostegno alle attività

La Commissione Affari Costituzionali del Senato ha approvato definitivamente la legge che riconosce la funzione educativa e sociale svolta dai patronati parrocchiali. È una buona scelta: buona in sé, ma buona anche perché è una scelta che può favorirne altre, in quanto riconosce la funzione educativa e sociale svolta nelle comunità locali dagli oratori delle parrocchie.
Non è solo l'applicazione concreta della sussidiarietà orizzontale, valorizzata dalla riforma costituzionale dell'Ulivo e dalla Carta europea dei diritti fondamentali. Ci sono conseguenze pratiche per le comunità parrocchiali: la legge stabilisce che gli oratori, le pertinenze, gli uffici di culto, ovvero tutti gli immobili adibiti a questo scopo, debbono rientrare nella categoria delle opere di urbanizzazione secondaria. Questo comporta la possibilità di attivare finanziamenti da parte dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali, al fine di effettuare la costruzione e la manutenzione delle strutture di questo genere.

 

6 luglio 2003
Un compito per la Presidenza italiana
L'Europa è la pace
Una tregua mondiale per la firma della prima Costituzione dell'Unione

La maggiore ambizione che oggi i cittadini europei hanno è di essere un popolo di pace. Attraverso la bozza di Costituzione l'Europa ne fa il primo dei suoi obiettivi. Dispiace che nella stesura conclusiva la pace non sia rimasta all'articolo 2 tra i valori fondanti. Su questo punto la bozza di Costituzione deve essere perfezionata. L'Europa ripudia la guerra. L'Europa è la pace. Dobbiamo provare a scriverlo.
La presidenza greca ha sostenuto l'idea della tregua olimpica in occasione delle olimpiadi di Atene. L'Italia lanci la proposta (e lavori perché si realizzi) che in tutti i paesi del mondo in cui ci sono militari europei in missione di pace sia rispettata una tregua in occasione della firma della Costituzione dell'Unione. Chiediamo a tutti coloro che soffrono per la guerra di partecipare, almeno per il tempo di una tregua, alla nostra scelta di pace. La politica di sicurezza e di difesa, che nella bozza di Costituzione contiene novità importanti, e la politica estera appariranno non solo agli europei ma a tutte le persone del pianeta non un'espressione di potenza, ma quello che effettivamente vogliono essere: un ulteriore strumento della pace che fonda l'Europa.

 
17 giugno 2003
Ora tocca alle leggi ordinarie consentire la parità
La Costituzione è un po' più donna
In Gazzetta Ufficiale la modifica dell'articolo 51 per favorire la partecipazione politica

Nella settimana che si è conclusa è cambiata la nostra Costituzione. Credo sia giusto non passare il fatto sotto silenzio. Anche se l'agenda politica ha ben altro all'ordine del giorno, se da qui in avanti ci sarà sufficiente coraggio, sarà una settimana che continuerà nella nostra Repubblica.
La legge costituzionale 30 maggio 2003 n. 1 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 134 del 12 giugno 2003 ed entrerà in vigore tra quindici giorni, cioè il 27 giugno prossimo. Essa dispone che la Repubblica debba promuovere con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini in politica. Più che una modifica costituzionale è dunque una norma che consente di dare migliore applicazione ai principi che hanno ispirato i costituenti del 1948.
Quali saranno i provvedimenti che la Repubblica adotterà per promuovere davvero le pari opportunità? Ci sarà la volontà politica di adottarli e di sostenerne il costo? Ogni diritto ha infatti un costo, ogni realizzazione di diritti comporta un peso per qualcuno.
A differenza dei decenni scorsi, però tutto sta avvenendo in un silenzio strano. Le stesse donne sembrano essere disinteressate. Le donne credono ancora che sia importante una loro maggiore presenza nelle istituzioni?
 

25 maggio 2003
Una Lettera dal Senato sulla Scuola
Europa e religioni: più coraggio nei fatti che nelle idee
Il riconoscimento giurico delle Chiese nella Costituzione europea apre uno spazio anche per gli istituti cattolici

Sulla religione hanno avuto più coraggio nei fatti che nelle idee i nostri rappresentanti che stanno scrivendo la prima Costituzione europea. Nel Preambolo - che non contiene norme vincolanti ma solo dichiarazioni - si sono fermati davanti alla parola "Cristianesimo", citato senza nome come lo "slancio spirituale che ha attraversato l'Europa e continua ad essere presente nel suo patrimonio". Davvero poco; anzi: davvero sbagliato storicamente. Nella bozza finale della Costituzione appare invece un riconoscimento giuridico delle Chiese che all'inizio non c'era. L'articolo è molto importante ad esempio per le scuole di ispirazione cristiana, che attraverso la Chiesa avranno titolo e modo per un confronto diretto con l'Unione Europea.
 

9 maggio 2003
Conferenza all'Istituto alberghiero Algarotti di Venezia
Siamo diventati europei per sentirci più sicuri
Pace, pensioni, polmonite atipica: ci chiediamo cosa fa l'Europa, pronti ad affidarle le nostre "sicurezze", più di quanto non pensino i governi

Un po' come i genitori con i figli ormai grandi, anche i cittadini europei hanno cominciato a chiedere all'Europa di dimostrare quello che è capace di fare. Sempre più spesso sentiamo dire, sempre più spesso diciamo: ma cosa fa l'Europa? Di fronte alle difficoltà, sempre più spesso ci pare che da soli non sia più possibile superarle e ci diciamo che ci vuole l'Europa. Cosa fa l'Europa per la pace e per la guerra in Iraq? Cosa fa l'Europa per le pensioni? E se arriva la polmonite atipica? I tre esempi hanno in comune l'attualità. Sono tre "sicurezze" esistenziali che la gran parte delle opinioni pubbliche europee è disposta ad affidare all'Europa, avvertendo che in questa dimensione sono meglio garantite.
Ecco la sfida che hanno di fronte i governi. Se l'Europa diventa un'esigenza dei cittadini e non solo un progetto politico, essa potrebbe assumere direzioni e velocità che i governi non riescono a controllare, prima di aver adeguato gli ordinamenti interni. Il torneo tra opinioni pubbliche e governi è in corso ed è arrivato al girone finale. La coppa in palio è il Trattato costituzionale.
 

8 maggio 2003
Una risoluzione della Giunta affari europei del Senato
La forza pacifica dell'Europa anche nel Mediterraneo
E gli americani ritroveranno se stessi più nelle scelte dell'Unione che in quelle di Bush

C'è ancora spazio per l'unanimità nel Parlamento italiano. Almeno solo per questo avrebbe dovuto far notizia la Risoluzione approvata all'unanimità l'8 maggio dalla Giunta Affari europei del Senato, dedicata ai programmi della Commissione europea e del Consiglio europeo per il 2003.
Un punto della Risoluzione impegna il governo "ad affermare con forza nell'area mediterranea i valori della democrazia, della pace e dell'equilibrio, attraverso un'attività di coinvolgimento dei paesi della sponda sud del Mediterraneo nello Spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia, migliorando la cooperazione". Lo richiamo perché propone un modello di Politica estera e di sicurezza comune che è alternativo a modelli che sono stati applicati recentemente nella comunità internazionale sotto la spinta degli Usa. Nel momento in cui il Trattato costituzionale dell'Unione dà una dimensione più strutturata alla Politica estera e di sicurezza comune, mi pare importante che il Senato italiano indichi che gli strumenti della Pesc sono prima di tutto la cooperazione internazionale e la collaborazione regionale. Del resto questo è lo spirito fondativo dell'Unione europea: l'allontanamento della guerra dalle opzioni possibili in politica estera.
 

3 maggio 2003
La legge sulla procreazione medicalmente assistita
Un aiuto a diventare mamma, papà e figlio
Ci richiede rispetto e prudenza: decidiamo letteralmente sulla carne delle donne, sul cuore delle coppie

Nei poco meno di vent'anni in cui in Italia non siamo riusciti a fare una legge sulla fecondazione umana non biologica, abbiamo almeno imparato ad usare le parole giuste. Il primo atto normativo, la circolare dell'1 marzo 1985 del ministro della Sanità Degan, parla di "inseminazione artificiale". Quando finalmente - e sperabilmente presto - avremo la prima legge in materia, essa parlerà di "procreazione medicalmente assistita".
Non è una differenza solo lessicale. Non è neppure il ricorso a giri di parole per dire la stessa cosa. La differenza segnala la diversa consapevolezza che ormai c'è nel parlamento e nella società: l'inseminazione artificiale è solo uno dei momenti di un atto di procreazione che come tale coinvolge primariamente direttamente i due genitori e il nascituro e nel quale l'assistenza medica si configura come strumentale e non primaria (anche se determinante).
Il legislatore è nella condizione di incidere su molte speranze, ma anche su molti dolori: di coppia e personali. Decidiamo letteralmente sulla carne delle donne, sul cuore delle coppie. Questo richiede grandissimo rispetto per le persone coinvolte e un supplemento di prudenza rispetto ad altre leggi.

 

20 aprile 2003
Proprio mentre la Destra mostra la sua incapacità di governo
Se l'Ulivo esce dalla guerra come c'era entrato
Un segno che il confronto interno non crea radici culturali comuni

Le radici dell'Ulivo non possono che essere le idee, visto che non sono né i soldi né un capo. Invece la convinzione - nei vari luoghi della politica, non solo a Roma - che la conflittualità sia una risorsa fa spesso dimenticare che il conflitto è positivo non in sé ma se crea un risultato che prima non c'era. Gli sforzi dovrebbero dunque essere spesi non nel conflitto ma nella sintesi. Quante volte questo avviene? Dove avviene?
Prendiamo il tema politico radicale della nostra vita: la pace, la guerra, la ragion di stato. L'Ulivo è uscito dalla guerra in Iraq esattamente come ci era entrato, con le stesse divisioni, ma soprattutto con le idee che ciascuno aveva prima. Eppure momenti di sintesi c'era stati; la tragedia aveva dato ragioni nuove e condivise sulla pace, sulla guerra, sull'Onu, sull'Europa. Quelle ragioni non sono diventate un patrimonio stabile dell'Ulivo. "Liberato" l'Iraq, non abbiamo così più niente da dire a Tony Blair. Anzi a qualcuno nell'Ulivo pare di aver bisogno proprio di Tony Blair.
L'Ulivo ha la ventura di essere all'opposizione. C'è chi la vive come assenza di governo. C'è chi la adopera come libertà per la propria identità. Può essere il tempo in cui nasce il futuro, perché si costruisce un'identità nuova.

 

13 aprile 2003
Impossibile una missione che dipenda dagli angloamericani
La presenza italiana in Iraq solo su mandato dell'Unione Europea
Se si vuole fare l'interesse degli iracheni e non un presunto "interesse nazionale" italiano

Sembra giusto che l'Italia confermi la sua tradizione di cooperazione internazionale e sia disposta a collaborare con la popolazione irachena nel disastro di cui non è responsabile. Il punto essenziale è tuttavia proprio questo: come fare riferimento alla popolazione irachena in assenza non dico di un governo legittimo ma neppure di una qualsiasi forma di autorità locale? A nome di chi i carabinieri italiani dovrebbero chiedere il rispetto della legge? A che autorità dovranno chiedere il permesso per prendere posizione? A chi consegneranno gli eventuali autori di reati?
Non sono questioni "bizantine": non riguardano noi italiani, che in potremmo anche rispondere per il meglio da parte nostra; sono domande che riguardano gli iracheni, cioè i destinatari del nostro intervento. È a nome loro che dobbiamo rispondere, preventivamente, con chiarezza. Altrimenti le tragedie che vediamo in tv diventano sono il pretesto per un intervento che vuole fare i presunti interessi nazionali italiani e non gli interessi delle persone irachene.

 

2 aprile 2003
Contro i rischi dell'unilaterismo
Un'alleanza tra Kofi Annan e Tony Blair rilancia il ruolo dell'Onu
Il primo punta alla gestione degli aiuti, l'altro al dopoguerra politico in Iraq

Fra i tre "fronti collaterali" (Onu, Unione Europea e Nato) della guerra in corso in Iraq, quello di maggiore attacco sembrano le Nazioni Unite. È il fronte più rischioso: la codificazione planetaria di un'unica superpotenza senza un luogo di mediazione e di confronto, renderebbe assai precaria qualsiasi tipo di unità europea (che non regredisse ad area mercantile) e renderebbe inutile la trasformazione in corso dei compiti della Nato.
Non è tuttavia un fronte debole. Stati Uniti e Regno Unito hanno dovuto fare i conti non solo con i rappresentanti diplomatici, non solo con i governi, che anche con i cittadini del mondo, proprio grazie all'esistenza delle Nazioni Unite. E infatti Kofi Annan, dopo pochi giorni di silenzio, è tornato all'attacco. Lo ha fatto non sul fronte che lo aveva visto perdente (quello della scelta tra guerra e diplomazia) ma su un fronte successivo, quello del dopoguerra e della sua gestione. Quasi contemporaneamente Tony Blair va oltre la mossa di Kofi Annan: ritiene indispensabile che all'Onu sia affidata anche la gestione politica dell'Iraq. Al vertice di Camp David, Tony Blair, portando la sua posizione, ha di fatto sostenuto la decisione presa dal Consiglio europeo di Bruxelles di coinvolgere l'Europa nel dopoguerra iracheno.
Certo il netto dissenso con la scelta di Blair di entrare in guerra resta ed è confermato dall'andamento del conflitto. Blair però sa che le armi potranno far vincere la guerra, ma non faranno vincere la pace e prepara altre soluzioni per la pace. Berlusconi invece si accontenta di fare il tifoso di guerra, fischiando l'Onu e lanciando invettive alla "vecchia" Europa.

 

27 marzo 2003
Cambiata dal Senato la legge 185 del 1990 sul commercio di armamenti
Con più armi italiane in circolazione il mondo è meno sicuro
La "resistenza" di oltre un anno non è stata inutile: abbiamo ripristinato i controlli sulle transazioni bancarie

Il governo e la maggioranza rendono meno sicuro il commercio delle armi italiane proprio mentre è in corso un conflitto e proprio mentre uno degli obiettivi della comunità internazionale è la lotta al terrorismo. Con le nuove norme non si conosce quale è il valore finale del materiale di armamento esportato, ma soprattutto è stato tolto il certificato di uso finale: insomma non si sa alla fine a chi serviranno le armi prodotte. Per questo da oggi il mondo sarà un po' meno sicuro, perché sarà meno facile controllare le possibili triangolazioni e soprattutto l'uso finali di certi materiali. È singolare che questo avvenga proprio mentre è in corso una guerra scatenata ufficialmente per andare a cercare armi segrete che potrebbero essere state costruire da Saddam appunto con materiali magari non direttamente di armamento.
Il centro-destra ha votato una legge sul commercio delle armi, mentre le armi sono in funzione. Ha votato a favore di una legge che "semplifica" la diffusione delle armi con negli occhi i soldati americani e britannici, i cittadini di Bagdad, a cui le armi proprio in questo momento sono micidialmente destinate.
Il governo ha trascinato il Senato a compiere un gesto carico di simboli negativi: la prevalenza degli interessi sulla pietà, la guerra come un affare e non come una tragedia, l'inutilità della passione civica di fronte al potere. Gli affari sono affari, i sentimenti seguono.

 

19 marzo 2003
Contro il coinvolgimento dell'Italia nell'attacco all'Iraq
È la guerra, anche se la chiamano con molti nomi
Quale credibilità democratica ha una coalizione fatta da "stati segreti"?

Ora che non ci è consentito di contare né sulla Nato, né sull'Europa Unita, né sull'Onu; ora che non ci è più consentito di sperare nella pace, milioni di italiani sono costretti a sperare che gli angloamericani abbiano fatto bene i loro conti, che non ci sia accanimento, che insomma facciano presto. Gli angloamericani ci hanno detto che è possibile. Ci hanno detto che Saddam è debole, che le sue armi sono antiquate. Ma fanno la guerra, e il governo italiano è d'accordo, perché Saddam è una minaccia.
Fanno la guerra, e la maggioranza di Destra l'ha applaudita, ad un dittatore sanguinario. Ma finora gli Stati Uniti hanno espresso interesse solo per le armi di distruzione di massa; hanno preteso dagli ispettori interventi e relazioni sui missili, non sui diritti umani e i diritti democratici degli iracheni.
Fanno la guerra, ed il governo dice che è un bene, per allargare i confini della democrazia. Ma quale credibilità democratica può avere la compagnia di ventura, alla quale il governo ha iscritto l'Italia e nella quale - secondo una innovazione diplomatica incredibile degli Stati Uniti - sono arruolate anche nazioni "segrete"? Segrete, perché non possono dirlo alle loro popolazioni? Segrete, perché non sono sufficientemente democratiche da giustificare l'attacco ad un regime illiberale e dittatoriale come quello di Saddam?
Fanno la guerra e la chiamano "libertà in Iraq" e il nostro governo è d'accordo. Ma il 14 dicembre a Londra la conferenza degli esuli iracheni aveva stabilito che il futuro dell'Iraq doveva essere portato avanti dagli iracheni: come si concilia con l'occupazione militare prevista a conclusione delle operazioni belliche e alla quale il governo italiano pretende che si affianchi l'Italia, sotto l'ombrello della ricostruzione?

 

16 marzo 2003
Il Senato approva definitivamente la delega al governo
Per i ragazzi italiani la più corta scuola di base
La legge Moratti spezza la formazione unitaria iniziata con Luigi Gui

Strascinandosela una settimana in più del previsto, con una maggioranza che solo a sprazzi aveva i numeri sufficienti in Aula, il Senato ha approvato definitivamente il 12 marzo scorso la delega al governo sulla scuola.
La cosa più grave è che voglia far passare come la prima grande riforma dopo quella di Gentile del 1923 questa legge che ripristina la scelta del futuro dei giovani a 13 anni, dando loro due strade: per i più dotati (di testa e di tasca, ma soprattutto di tasca), ben otto licei; per i figli del popolo l'avviamento professionale tipo quello che avevamo nel dopoguerra. Subito dopo la scuola di base, ridotta a otto anni (nessun paese civile ce l'ha così corta), si vuole spezzare la formazione unitaria degli alunni, ripristinando quella divisione in caste culturali ed economiche che tutti i governi di centro sinistra avevano voluto combattere.
La scuola media unica, voluta dal padovano ministro della pubblica istruzione Luigi Gui e varata sotto il governo Fanfani nel 1964, è stata - quella sì - la prima grande riforma dopo il 1923. Aveva creato una scuola uguale per tutti fino a 13 anni, e aveva introdotto via via strumenti di aiuto e sostegno, grazie al contributo delle comunità locali, per gli alunni più svantaggiati. Era una scuola che non aveva fretta di insegnare un lavoro, ma mandava i ragazzi a lavorare con sufficiente cultura per difendere se stessi.

 

8 marzo 2003
La modifica costituzionale per l'accesso delle donne alla politica
Quest'8 marzo con la Costituzione in più
Ora servono nuove norme elettorali e nuove norme sociali

La Costituzione italiana avrà fra meno di tre mesi una frase in più. Essa dà la necessaria copertura costituzionale per azioni positive tese a rimuovere gli ostacoli all'accesso delle donne alle cariche elettive. D'ora in avanti si possono, si devono, fare leggi elettorali per applicare il nuovo principio, che dalla Costituzione dovrà arrivare alla scheda elettorale. Solo così la modifica costituzionale diventerà operativa, servirà a cambiare lo stato attuale e non sarà una delle tante norme manifesto, una gentile bandiera rosa piantata nella Costituzione, una galanteria costituzionale.
Contemporaneamente alle regole elettorali, per rendere operativo il principio dell'articolo 51 occorre aggiornare anche alcune "regole" sociali. Le donne sono sottorappresentate nella politica per molte ragioni. Una di queste è la condizione naturale e culturale: naturale, perché la maternità è loro prerogativa; culturale, perché l'"abitudine" continua ad affidare loro gran parte del peso dei servizi di cura e dei servizi domestici. L'attuazione del nuovo principio costituzionale richiede di rompere questa "abitudine" e di valorizzare la condizione naturale. Bisogna evitare che la donna e la famiglia siano contrapposte, che la politica e la famiglia siano in concorrenza.
Anche così la famiglia cambia la politica.

 

5 marzo 2003
Un emendamento che mette confini al ruolo delle religioni
Citare le fedi o viverne i valori nell'Europa Unita?
L'inadeguato apporto del governo italiano alla nuova Costituzione

Alla esigenza di un riferimento alla spiritualità religiosa tra le radici dell'Europa Unita nella prossima Costituzione dell'Unione il governo italiano ha risposto con una formula che limita il valore della religione stessa, mettendole dei confini, quelli della tradizione giudaico-cristiana. Importante è piuttosto che l'insieme della Costituzione europea faccia vivere la fede dei credenti e le speranze dei non credenti nei valori che l'Europa pronuncia e codifica, in primo luogo l'inviolabilità della dignità umana, con cui non a caso si apre la Carta dei diritti approvata a Nizza.
Nella fede giudaico cristiana c'è uno dei comandamenti che impone di non nominare il nome di Dio invano. Nello stesso emendamento all'articolo 2, proposto dal governo italiano, pace, giustizia, tolleranza e solidarietà vengono cancellati dai valori su cui fondare l'Europa; diventano all'articolo 3 obiettivi da raggiungere. L'emendamento del governo ha declassato proprio i valori fondanti della fede giudaico-cristiana. Il governo italiano ha così pronunciato il nome di Dio invano.

 

26 febbraio 2003
Il dibattito sulla riforma entra nel vivo al Senato
Insegnanti di religione: la parità giuridica
non è solo una conquista sindacale

Da approfondire la stabilità dell'incarico e il titolo di studio

Con la presentazione degli emendamenti, a mezzogiorno di mercoledì 26 febbraio, si è avviata alla commissione Istruzione del Senato l'ultima tappa del disegno di legge sugli insegnanti di religione. Mi pare che ci sia consenso su un punto rilevante: le finalità della nuova legge non devono essere limitate all'esigenza di definire lo stato giuridico degli insegnanti. Il provvedimento assume infatti un rilievo che va ben oltre il naturale sviluppo dell'inquadramento di precedenti forme di precariato. In un periodo storico di alterazione dei credi religiosi e di una loro frequente strumentalizzazione per forme di violenza, il parlamento e la scuola italiani sono chiamati a rafforzare la dignità culturale di un insegnamento che ha carattere nazionale e non confessionale, di una materia che la gran parte degli studenti e delle famiglie sceglie volontariamente con quello che giustamente si può definire un referendum annuale, che riguarda certo la materia ma anche coloro che la insegnano, che sono per l'ottanta per cento laici.



 

12 febbraio 2003
Giusto chiedere ragione delle decisioni dei parlamentari
Voterò "no alla guerra" perché l'Onu e l'Unione Europea sono state fatte per la pace
Dichiarazione al settimanale "Famiglia Cristiana"

Voterò "no alla guerra in Irak". Voterò "no" perché sono un parlamentare e non ho il diritto di parlare solo a titolo personale; le persone che rappresento sono in gran parte contrarie ad una guerra e dunque hanno diritto di avere voce in una decisione del Parlamento.
Voterò "no" alla guerra perché penso che all'Onu dobbiamo affidare la costruzione della pace e non la benedizione di conflitti già decisi.
Voterò "no" alla guerra perché sono un europeo: l'Unione Europea sta dimostrando che la pace è il motore della crescita personale e comunitaria.
Voterò "no" alla guerra a nome dei popoli che non hanno neppure voce: la guerra lì impoverirà ancora di più, perché il suo costo non ricadrà solo sull'Occidente.



 

1 febbraio 2003
Senato, 29 gennaio 2003 - Dibattito sulla politica estera italiana
L'Italia arruolata nella deterrenza americana contro l'Iraq
È difficile stabilire quale è il confine con una inaccettabile guerra preventiva

La politica americana è caratterizzata dalla convinzione che la nuova risposta alla globalizzazione (ai suoi rischi, ai suoi squilibri) sia nella deterrenza. La deterrenza però per funzionare ha bisogno anche di diventare a volte azione di guerra, altrimenti non convince.
Per questo non è solo una questione tecnica, non è solo una questione diplomatica quella dei sorvoli del territorio italiano o dell'uso delle basi da parte degli aerei americani. Attraverso la pronta risposta del governo gli Stati Uniti hanno preso atto della disponibilità del governo italiano ad arruolare l'Italia nella deterrenza, a prescindere dalla volontà del parlamento e del paese.
In Senato il ministro Frattini ci rassicura che se dovesse cambiare il quadro, il parlamento sarà destinatario non solo di un'informazione: al parlamento verrà richiesto un voto. Ma c'è un punto essenziale e per questo preoccupante: quale è l'atto che farà superare il confine tra i due momenti che il ministro ha indicato come discrimine tra l'informazione e il voto del Parlamento? Quando comincia la guerra?



 

17 gennaio 2003
All'esame dell'Aula l'ultima settimana di gennaio
In un giorno il Senato cambierà la legge sul commercio delle armi
Contingentati i tempi della discussione

Cinque ore di discussione (più tre per le votazioni, necessarie per le centinaia di emendamenti presentati dall'Ulivo): con questi tempi ristrettissimi la maggioranza vuole liquidare le modifiche alla legge 185 del 1990 sul commercio delle armi. Dopo l'ostruzionismo in commissione della maggioranza, che ha sistematicamente fatto mancare il numero legale fin dal momento delle prime votazioni sugli emendamenti, ora arriva in Aula la tagliola del contingentamento dei tempi, che limiterà la possibilità sia di approfondire l'insieme della tematica, sia di ricercare un testo che possa risolvere positivamente alcune delle questioni insolute: ad esempio la trasparenza nelle transazioni finanziarie ed il controllo parlamentare. Il presidente del Senato, Marcello Pera, nel corso di un incontro nel quale padre Zanotelli, don Ciotti e don Dell'Olio gli avevano consegnano decine di migliaia di firme a sostegno della legge 185, aveva riconosciuto l'opportunità che le Commissioni Esteri e Difesa riprendessero l'approfondimento. Questo non è avvenuto. Io mi auguro che il presidente Pera possa almeno in Aula garantire l'esame vero del disegno di legge governativo.


 

9 gennaio 2003
Unione Europea e Finanziaria italiana 2003
Sopravvivere per un anno non è governare
A marzo Berlusconi e Tremonti dovranno dare spiegazioni sui conti

A otto giorni dall'inizio della sua validità la legge Finanziaria per il 2003 è stata rimessa in discussione. Dalla Commissione europea è arrivato il motivato allarme che la cura dei conti italiani sia stata fatta più con cerotti che con medicine. L'allarme è stato rilanciato il 9 gennaio dai principali giornali italiani, che hanno dato come notizia più importante la raccomandazione della Commissione Europea. Eppure era una notizia vecchia. L'Ulivo ha ripetuto per ottanta giorni, cioè per tutto il tempo della discussione della legge finanziaria: il governo Berlusconi non vuole rinunciare alle proprie promesse e così rinuncia a governare la situazione, sperando che passi la bufera. La conferma viene ora non solo da Pedro Solbes, ma anche dallo stesso Giulio Tremonti: il suo commento alla raccomandazione europea è stato: il 2004 è lontano, quindi ce la faremo. L'unica ricetta è il tempo; per l'appunto, si aspetta che passi.


 

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31 dicembre 2004
Redazione Euganeo.it
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