31 dicembre 2004
Un'opportunità che il Parlamento non sta utilizzando
L'anno delle due Costituzioni
Ratifica del Trattato costituzionale europeo e revisione della Carta nazionale vedranno il traguardo nel 2005, ma per la Destra è solo una coincidenza

L'Unione Europea, diversamente da molti suoi Stati membri, funziona secondo una programmazione finanziaria di lunga durata: ecco perché, una volta ultimata l'attuale programmazione 2000-2006, nota col nome di Agenda 2000, si passerà alla fase successiva, di un anno più lunga, dal 2007 al 2013. Si tratta di un'occasione unica per ridefinire come (e soprattutto quanto) la Ue sarà finanziata e cosa dovrà fare con le proprie risorse, indicando chiaramente le sue priorità d'azione. Infatti la programmazione della quasi totalità delle politiche comunitarie scade con la fine di Agenda 2000. In alcuni casi per loro scadenza naturale, in vari altri mediante apposite proroghe, quasi tutte le politiche, da quella di coesione regionale al programma-quadro di ricerca, da molti settori della politica agricola fino alle politiche culturali ed esterne, vanno riformate.
 
7 novembre 2004
Le prospettive finanziarie tra il 2007 e il 2013
L'Europa conta gli euro necessari al suo futuro
e al suo ruolo nel mondo

Un'opportunità che non va sciupata in nome di visioni apparentemente nazionali

L'Unione Europea, diversamente da molti suoi Stati membri, funziona secondo una programmazione finanziaria di lunga durata: ecco perché, una volta ultimata l'attuale programmazione 2000-2006, nota col nome di Agenda 2000, si passerà alla fase successiva, di un anno più lunga, dal 2007 al 2013. Si tratta di un'occasione unica per ridefinire come (e soprattutto quanto) la Ue sarà finanziata e cosa dovrà fare con le proprie risorse, indicando chiaramente le sue priorità d'azione. Infatti la programmazione della quasi totalità delle politiche comunitarie scade con la fine di Agenda 2000. In alcuni casi per loro scadenza naturale, in vari altri mediante apposite proroghe, quasi tutte le politiche, da quella di coesione regionale al programma-quadro di ricerca, da molti settori della politica agricola fino alle politiche culturali ed esterne, vanno riformate.
 
19 ottobre 2004
I contenuti della manovra di Siniscalco e gli enti locali
Il sindaco non farà l'esattore per conto terzi
Se aumenti le tasse e alzi le tariffe, puoi spendere di più, gli sussurra Berlusconi attraverso la Finanziaria

Se metti più tasse ed alzi le tariffe, allora puoi spendere di più, sussurra Berlusconi al sindaco attraverso la legge Finanziaria per il 2005. Più che un consiglio è una trappola. Il sindaco farà brutta figura con i suoi cittadini, mentre Berlusconi potrà dire che ha abbassato le tasse. La tragedia è che quei cittadini che non arrivano a fine mese e che lo vanno a raccontare al sindaco, continueranno ad avere questo problema, con in più un'altra incertezza: non sapranno con chi prendersela. E questo non farà assolutamente bene alla democrazia, alla partecipazione civile, al futuro.
Poiché ogni sindaco vorrà essere non un esattore per conto terzi, ma un amministratore consapevole delle risorse comuni, è probabile che farà di tutto per non far cadere i propri concittadini nella trappola. In particolare nella trappola più insidiosa: l'aumento delle tariffe delle prestazioni di servizi per le famiglie, le persone e le imprese.
 
12 ottobre 2004
Per governare il futuro, non solo per contrastare il declino
Nell'Italia che "i cinesi" riportano al centro del mondo
La proposta-sfida della Grande Alleanza democratica è di metterci alla testa della globalizzazione

Nei molti cittadini che tra il venerdì e il lunedì, settimana dopo settimana, incontro nei paesi del Padovano e del Veneto c'è un senso di scoramento, d'impotenza. Hanno la sensazione che nonostante inventiva e lavoro, preparazione e parsimonia, non riescano più a competere. Hanno paura dei "cinesi". È soprattutto per questo, per vincere la sfida dei "cinesi" che occorre cambiare governo. Romano Prodi ha dedicato un passaggio non breve della presentazione della Grande Alleanza democratica a questo impegno di governo, di un governo che crede all'Italia che proprio grazie ai "cinesi" torna nel crocevia del mondo, nel crocevia dov'era prima della scoperta dell'America. Ora che, proprio per il peso crescente dell'economia dell'Estremo oriente, il pianeta non più sbilanciato ad Occidente il Mediterraneo diventa cruciale e l'Italia è al centro del Mediterraneo. Come nel 1995-96 la proposta-sfida dell'Ulivo agli italiani fu di non farci mettere in coda all'Europa, così ora la proposta-sfida è di metterci alla testa della globalizzazione.
 
19 settembre 2004
Tra le ultime regioni ad aprire le scuole
Il Veneto parifica ore di lezione e ore di spiaggia
Calendario scolastico funzionale alla "società minima"

Scuola e vacanza si equivalgono in Veneto. L'una e l'altra contribuiscono allo sviluppo della regione allo stesso modo. Quindi è indifferente tenere chiuse le scuole per tenere aperti gli alberghi. In Veneto le scuole cominciano ufficialmente lunedì 20 settembre. La Lombardia ha aperto le lezioni l'8 settembre. Insieme con il Veneto riaprono Calabria, Basilicata e Puglia, dove clima e tradizioni sono molto diversi. Tutto secondo la legge dice la giunta regionale, che così ha deciso. Ma non secondo logica e secondo bisogno, hanno valutato molti dirigenti scolastici che, in una forma o nell'altra, sono comunque riusciti a cominciare una qualche attività già prima del 20 settembre. Forse anche per questa buona volontà di insegnanti e dirigenti l'opinione pubblica non ha avvertito il paradosso di una scelta non didattica ma economica fatta dalla giunta Galan con il calendario scolastico, che parifica il Veneto al Sud, le ore di lezione alle ore di spiaggia.
 
12 settembre 2004
Il governo lascia soli insegnanti e genitori
Hai pochi soldi? Rinuncia ai testi scolastici
Un ritorno indietro nelle classi degli anni Cinquanta

Non tutti gli studenti inizieranno l'anno scolastico con i libri di testo. Quello dei testi scolastici è uno dei pochi prezzi amministrati da parte dello Stato e il governo non molti mesi fa aveva solennemente promesso in tv di fare la voce grossa sui costi che le famiglie devono sopportare. Nessuno ha sentito questa voce a proposito della scuola. Invece di assumersi le sue responsabilità, il governo Berlusconi le ha scaricate sugli insegnanti: per ogni tipo di classe ha fissato un tetto massimo di costo dei libri, senza preoccuparsi di quanti libri si potessero comprare con quei soldi.
Alcuni consigli di istituto hanno dovuto concentrare tutta la somma sui libri obbligatori per le materie principali. Hanno poi fatto una lista di libri consigliati. Ecco perché in una classe ci saranno studenti con tutti i libri e studenti con i soli libri obbligatori.
 
29 agosto 2004
Nonostante i proclami, le ore normali di lezione diminuiscono
Non ci sarà un Inglese uguale per tutti gli studenti
La lingua internazionale da opportunità collettiva a strumento di distinzione nella "scuola minima" voluta dalla Destra

Prima della deforma Moratti gli studenti facevano 4 ore di Inglese la settimana con il tempo prolungato e 3 ore con il tempo normale; quest'anno faranno 1 ora e 38 minuti la settimana. E alla media non se la cava meglio la seconda lingua comunitaria: prima la si studiava per almeno 80 ore all'anno, ora se ne utilizzeranno 66. Ma ci sono le ore facoltative: l'orario può diventare di 30 ore o di 33 e lo si può riempire d'Inglese, se le famiglie vogliono. Sembra una giustificazione, addirittura un'occasione: è invece la conferma di una scelta politica che la Destra ha fatto e sta facendo in molti settori che coinvolgono i diritti di cittadinanza.
L'inglese è oggi un campo nel quale famiglie e ragazzi vogliono investire e misurarsi. Sanno che una fetta di presente e di futuro dipende anche da questo strumento. L'Inglese è più di una materia: è un'opportunità per le persone, può diventarlo per il mercato. Invece di assicurare con il servizio scolastico pubblico pari opportunità a tutti i cittadini, la Destra fa ritirare la scuola pubblica nella sfida dell'Inglese e lo mette sul "mercato", sia quello interno delle opzioni che quello effettivo dei corsi a pagamento.
 
8 agosto 2004
Una gara d'appalto pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale
La sentinella della caserma non porterà le stellette
È l'inizio di una nuova privatizzazione, quella della sicurezza?

La professionalizzazione delle nostre Forze Armate è decisa ma non ancora operativa e già si fanno passi verso la privatizzazione della difesa e della sicurezza anche in Italia. La legge sulla sospensione della leva obbligatoria a partire dall'1 gennaio del 2005, approvata dai due rami del Parlamento prima delle ferie, non è ancora stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Invece sulla Gazzetta Ufficiale del 2 agosto è stato pubblicato il bando di gara per l'aggiudicazione del "servizio di vigilanza e custodia d'installazioni militari dislocate sul territorio nazionale". A chiedere "Chi va là?" dalle garitte delle caserme non sarà più un militare con le stellette della Repubblica, ma un "vigilante" con le mostrine della sua compagnia privata. Sarà interessante vedere quali sono le società che partecipano alla gara e verificare se vi partecipano, direttamente o attraverso società italiane, anche le multinazionali che già operano ad esempio in Iraq. Capiremo allora se quella che la Destra avvia con questo appalto è una strada che porta a soppiantare la responsabilità primaria dello Stato nel provvedere alla sicurezza dei cittadini.

 
28 luglio 2004
Un'inchiesta del Senato sull'uranio impoverito e i casi di tumore
Accanto ai militari anche quando lottano per la loro vita
Tutti i gruppi parlamentari si sono dichiarati d'accordo

Le armi all'uranio impoverito fanno male ai militari? Sono ormai anni che in Senato si cerca il modo di dare una risposta, in particolare all'interno della Commissione Difesa. Interpretazioni regolamentari, competenze delle due Camere, incertezze del governo hanno finora tenuto lontano il Parlamento da un'azione diretta. Ora le difficoltà sembrano essere superate. Tutti i gruppi parlamentari si sono dichiarati d'accordo nell'istituire una commissione parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale militare italiano impiegato nelle missioni internazionali di pace e sulle condizioni della conservazione e dell'eventuale utilizzo di uranio impoverito nelle esercitazioni militari in Italia.
La presa in carico da parte del Senato dà ai militari colpiti e ai loro familiari la consapevolezza di non essere soli. Quel "sentimento di patria" che viene evocato sempre in Parlamento quando si parla dei militari all'estero deve essere tenuto vivo sempre, anche al di fuori delle situazioni "eroiche", anche quando la battaglia è con la malattia e non con il terrorismo.

 
28 giugno 2004
Le indicazioni dei cittadini alle forze politiche
Una campagna elettorale non basta a far cambiare voto
Lo confermano i risultati in provincia di Padova

Il voto di ballottaggio per la provincia di Padova è stato un "voto di consolazione". Si consola il centrodestra, che ha perso il comune di Padova ma conserva l'amministrazione provinciale. Si consola il centrosinistra, che non ha vinto ma ha fatto passare quindici giorni di paura agli avversari. Recuperata la stanchezza della campagna elettorale, con il suo inevitabile di più di speranza e di insicurezza, questo "voto di consolazione" rischia di accontentare tutti i contendenti, con il risultato che i cittadini non vedrebbero novità significative nelle scelte che invece hanno indicate alla politica proprio attraverso il voto. Al centrodestra è: spendi meno denaro di tutti in pubblicità e più in opere, così forse ti tieni almeno tutti i voti della tua area politica. Al centrosinistra è: lo spostamento da un'area politica all'altra è assai raro e a determinarlo non basta la stima per un amministratore locale; servono la comprensione della realtà sociale attraverso una proposta politica continuativa, esplicita, motivata. Una campagna elettorale non cambia il voto.

 
15 giugno 2004
L'Unione Europea non è solo uno spazio economico
I cittadini sono i protagonisti della prima Costituzione europea
Il governo deve portare nella trattativa per la imminente approvazione il peso della scelta europeista degli elettori italiani

Una Costituzione è meglio di un Trattato. Il trattato evidenzia i governi, la costituzione rende protagonisti i cittadini. Agli europei, che nel voto della settimana scorsa per il Parlamento dell'Unione, hanno generalmente punito i loro governi e rivendicato la loro titolarità nelle scelte dell'Unione Europea, bisogna mettere a disposizione una Costituzione. L'Italia deve lavorare perché al Consiglio europeo del 17 e 18 giugno si arrivi alla approvazione della Costituzione dell'Unione.
Questa è ormai una esigenza politica. L'Europa non può più essere vissuta come una zona di libero scambio: una istituzione commerciale priva di identità politica e costituzionale. Se così viene presentata l'Unione Europea, come possiamo pretendere che ci sia passione politica e quindi partecipazione al voto? Quale cittadino può ritenere che il suo voto conti se la scelta riguarda le merci e non le persone? Alla scarsa affluenza alle urne per il Parlamento europeo si risponde non riducendo l'Europa alle dimensioni dei votanti, ma rilancio le motivazioni di cui hanno bisogno i cittadini per sentirsi protagonisti.

 
6 giugno 2004
L'annuncio agli italiani, preceduto dal discorso il Senato
La "svolta" italiana in Iraq: Berlusconi ripete Bush
Manda i militari ad esportare la democrazia e agli iracheni chiede di riconoscere la "guerra preventiva"

Berlusconi ha annunciato agli italiani che le nostre truppe resteranno in Iraq fino allo stabilimento della democrazia. Cambia molto, se non tutto per i nostri militari e per la gestione della crisi. La cornice politica sia della situazione presente che della situazione immaginata per il futuro non è più quella all'interno della quale la Destra ha inviato i nostri soldati nell'operazione Antica Babilonia.
All'inizio c'era l'operazione umanitaria: tremila militari per far da scorta agli aiuti e alla Croce Rossa. Osservammo che erano troppi, ma non fummo ascoltati e comunque così fu presentata agli italiani.
All'inizio fu la distinzione proclamata nei confronti della guerra preventiva, pur con tutte le giustificazioni per gli Stati Uniti. Così l'operazione Antica Babilonia si giustificava perché la guerra era finita e servivano pacificatori.
Oggi il contingente italiano ha invece la stessa finalità degli altri contingenti impegnati in Iraq. Oggi il governo italiano riconosce la pratica della guerra preventiva.
La democrazia tipo-esportazione è in cima ai pensieri del presidente degli Stati Uniti Bush e diventa, con il discorso di Berlusconi del 20 maggio in Senato, ufficialmente la finalità della missione militare italiana. Dismesso l'aiuto umanitario, il governo di Destra non affida più ai nostri militari il compito di portare agli iracheni salute, sicurezza e sviluppo, ma la democrazia occidentale.


 
25 aprile 2004
Il coraggio di ammettere l'errore della guerra
Senza i propri militari in Iraq l'Italia diventerà più forte nella pace
Il ritiro immediato del contigente è italiano è una necessità: non c'è più il mandato parlamentare ed è la condizione per il passaggio della guida all'Onu

Il ritiro del contingente italiano dall'Iraq va deciso subito ed attuato secondo le procedure di sicurezza dei nostri militari. È l'unica scelta che l'Italia ha per contribuire a portare la stabilità in quel paese. È l'unica scelta che le nostre Forze armate hanno diritto di chiedere al loro governo per continuare ad esercitare nel mondo il ruolo per cui sono addestrate: essere strumento di pacificazione, di equilibrio, di sicurezza. Questo significa riconoscere gli errori della guerra. Anzi riconoscere che la guerra è un errore. Il coraggio del governare passa anche attraverso questi gesti, specialmente quando riconoscere l'errore significa riconciliarsi con i propri cittadini. Significa riconciliare l'Italia con i cittadini che nel mondo hanno bisogno di pace e di sicurezza. L'Italia, grande potenza umanitaria, non potenza militare, ha un suo specifico compito da svolgere, con i nostri militari, con i nostri volontari, con la nostra diplomazia. Ritirare il contingente militare è la condizione per fare questa grande Italia.


 
8 aprile 2004
Nonostante la decisione presa dal Senato
I piccoli Comuni non possono scegliere a chi affidare il loro futuro
Deputati in ferie senza dire una parola sul terzo mandato dei sindaci

Senza nessun rispetto: per i sindaci, per chi lavora politicamente nelle piccole comunità, per i cittadini di queste piccole comunità. La Camera dei deputati ha chiuso per Pasqua senza dire una parola sulla possibilità che nei Comuni fino a tremila abitanti i sindaci in carica già da due mandati possano ricandidarsi alle elezioni municipali del 12 e 13 giugno. Il disegno di legge, già approvato dal Senato il 31 marzo, è stato incardinato il 6 aprile, ma non ha fatto un passo. Se ne riparla, forse, il 20 aprile: allora mancheranno 20 giorni per la presentazione delle liste (il termine è il 10 maggio) per i consigli comunali e per i sindaci. Tra commissione e aula della Camera almeno quella settimana passerà e di giorni per scegliere a livello locale ne resteranno ancora meno. Intanto in 2.623 Comuni non si può discutere del futuro e delle persone cui affidarlo.


 
1 aprile 2004
Passa in Senato il superamento del limite di due mandati
Tre volte sindaco al massimo di tremila cittadini
Poche righe di modifica su cui ora deve votare la Camera

Ai sindaci nei comuni al di sotto dei tremila abitanti potrebbe essere consentito il terzo mandato consecutivo. L'aula del Senato ha approvato mercoledì 31 marzo - a favore centrosinistra, Fi, An, Udc; contraria la Lega (ma anche diversi senatori di An) - la modifica al testo unico sull'ordinamento degli enti locali. Grazie al buon senso del centrosinistra e ad alcuni senatori della maggioranza che hanno fatto prevalere l'interesse generale su quello particolare siamo riusciti ad approvare un disegno di legge che premia le buone amministrazioni. L'iniziativa è stata presa dal centrosinistra che con un voto a sorpresa (nel quale la maggioranza è stata battuta) ha chiesto ed ottenuto che del terzo mandato dei sindaci si discutesse e votasse questa settimana, evitando che altri provvedimenti e la pausa pasquale travolgessero definitivamente la legge. Il disegno di legge ora passa all'esame della Camera. I sindaci dei piccoli comuni, nei quali l'amministrazione è davvero un servizio sociale piuttosto che l'esercizio di un potere, si aspettano l'approvazione di questa legge. La maggioranza si assumerà le proprie responsabilità, dopo aver comunque creato disagi con la sua prolungata incertezza?

 
14 marzo 2004
I trasferimenti erariali ai comuni padovani per il 2004
Lo Stato si tiene i soldi destinati alla vita delle persone
Drammatici tagli ai bilanci comunali proprio mentre le comunità locali preparano le elezioni municipali

Il municipio torna al centro della vita pubblica. Non è più il federalismo rivendicativo degli anni Novanta. Non c'è tanto un'autonomia da conquistare, quanto una cittadinanza da difendere. È un municipalismo preoccupato della vita dei cittadini prima che dei poteri che deve esercitare e che incentra la sua proposta sulle persone prima che sulle opere pubbliche.
Mentre così si lavora e si spera nei comuni, la dissipazione del patrimonio repubblicano (quello sociale e quello economico) da parte del centrodestra rischia però di annullare anche l'impegno a livello locale. Il rischio si può ricavare dalla lettura delle tabelle dei trasferimenti erariali dallo Stato ai Comuni della provincia di Padova per il 2004. Complessivamente sono oltre 24 milioni di euro in meno che i comuni padovani avranno a disposizione quest'anno. Rispetto alle tasse che ha pagato, ogni cittadino avrà indietro dal suo sindaco in beni e servizi 37 euro in meno. La drammaticità delle cifre non è infatti sono nella loro riduzione, ma nel rischio che contengono di azzerare la capacità degli enti locali di organizzare quella "speranza" civile di cui i cittadini avvertono l'esigenza.

 
8 marzo 2004
Non solo disagi e danni dall'interruzione dell'energia elettrica
Cittadini lasciati senza corrente e senza informazioni
Inaccettabile blackout istituzionale

Decine di migliaia di abitanti della Bassa padovana hanno subito intollerabili disagi e gravissimi danni per l'interruzione dell'erogazione dell'energia elettrica, durata in molte famiglie ed aziende per quasi una settimana.
Accanto a danni e disagi i cittadini hanno subito un inaccettabile blackout istituzionale, che è arrivato ad isolare anche i sindaci, che fin dalle prime ore ha cercato risposte per conto dei cittadini, ed anche noi parlamentari: inutilmente per giorni abbiamo chiesto ragione di ritardi prima e di cause dopo.
Su questo punto, in particolare, dovrà essere esercitata l'azione di responsabilità sia tecnica che politica che le amministrazioni locali in primo luogo hanno titolo di promuovere nei confronti dell'Enel, ma anche dei livelli amministrativi e istituzionali che hanno evidenziato clamorosi "buchi" strutturali, organizzativi ed operativi.
In questa azione non mancherà il mio apporto di parlamentare locale.
Così come non mancherà l'apporto all'azione dei singoli danneggiati che hanno titolo per richiedere un adeguato risarcimento sia delle perdite economiche subite, che del disagio sopportato non per una calamità naturale, ma per un evento atmosferico tra i più normali.

 
8 febbraio 2004
Mentre la maggioranza non ha voglia di parlare dei nostri soldati
Il coraggio di scegliere la pace per l'Iraq
Il "no" al decreto che proroga l'intervento italiano è una spinta a ricominciare: con gli iracheni, con le Nazioni Unite, a fianco dell'America che vota contro la guerra

Per i senatori della maggioranza è tutto perfetto in Iraq, tutto uguale a sei mesi fa, nessun dubbio. La strage di Nassiriya è come non ci fosse stata. Il sacrificio dei militari italiani caduti e delle loro famiglie è citato per tuonare che non si può indietreggiare; viene anche utilizzato per zittire chi, come me, propone di cambiare la natura della nostra missione, per evitare che i militari italiani finiscano per essere confusi con gli occupanti e patiscano da questo giudizio altre conseguenze.
La maggioranza non ha voglia di parlare dei nostri militari, perché accettare la discussione significherebbe fare quello che persino gli Stati Uniti e il Regno Unito stanno facendo: promuovere un'inchiesta sulle informazioni fasulle, ora che tutti ammettono che l'Iraq non aveva armi di distruzione di massa. Significherebbe andarsi a rileggere le sicurezze esposte in Parlamento da Berlusconi, da Frattini, da Martino a proposito di Saddam Hussein e chiedere loro chi li ha imbeccati.
Per i senatori della maggioranza meglio stare zitti e votare contro ogni cambiamento, contro ogni aggiornamento della missione; e votare il più presto possibile, di notte, come è avvenuto in commissione, oppure contingentando i tempi a disposizione dei gruppi parlamentari in Aula. Personalmente avrò appena sei minuti per discutere in Senato sui compiti dei nostri militari e sul loro ritiro; un'altra decina di minuti ci è assegnata per illustrare gli emendamenti: neanche mezzo minuto ad emendamento.

 
28 gennaio 2004
Il rifinanziamento della missione
Ancora più giustificato il "no" all'intervento militare italiano in Iraq
Appena 11 milioni per la popolazione e 209 per le operazioni armate

Il governo italiano ha voluto partecipare militarmente alla Coalizione dei volonterosi in Iraq e non avendolo potuto fare prima della caduta di Saddam Hussein, lo ha fatto dopo: illudendo che si trattasse di un dopoguerra e che la situazione effettiva sul campo avrebbe di fatto portato i militari italiani in uno scenario per loro tradizionale, quello della ricostruzione del paese e della pacificazione interna. L'illusione è stata spazzata via dal tragico boato di Nassiryia.
Noi, questa missione, non l'abbiamo ritenuta giustificata e giustificabile al momento dell'avvio. Abbiamo votato "no" sei mesi fa. Le condizioni che allora portarono a votare contro la presenza militare italiana in Iraq non siano mutate; semmai si sono aggiunte ulteriori motivazioni alla nostra contrarietà.
Il nuovo decreto di rifinanziamento dell'intervento, con la distribuzione delle risorse tra i due articoli che direttamente intervengono sulla presenza italiana in Iraq, conferma la assoluta improprietà della definizione di "missione umanitaria". Le iniziative dell'articolo 1, che riguardano l'aiuto umanitario e il sostegno alla ricostruzione, prevedono una spesa di 11 milioni e 627.450 euro. Le iniziative previste dall'articolo 2, relative alla partecipazione alle operazioni militari in Iraq, prevedono una spesa di 209 milioni 17.084 euro. Bastano queste due cifre, la proporzione fra di loro, per evidenziare l'effettivo obiettivo del governo italiano con la presenza in Iraq.
Aggiungo una nota: gli 11 milioni di euro destinati alla ricostruzione pagano anche i funzionari italiani che sono all'interno dell'Autorità americana; insomma, servono a finanziare gli Stati Uniti.

 
14 gennaio 2004
L'Argentina rimborsa solo un quarto del capitale con l'appoggio degli Usa
Ci sono i soldi per il Fondo monetario, non per i risparmiatori
Cresce intanto il ruolo delle associazioni di consumatori

La truffa in cui sono incappati i risparmiatori Parmalat ha riportato alla ribalta anche i drammi dei risparmiatori che hanno investito in obbligazioni della Repubblica argentina e della Cirio. Sono 400 mila i risparmiatori italiani che hanno sottoscritto bonds collocati dalla Repubblica Argentina in Italia, tra il 1995 ed il 2001. A guardare la situazione in questo momento, le speranze di rientrare in possesso del capitale investito, pari a 11 miliardi di euro, sembrano ormai definitivamente svanite. La proposta del governo argentino di rimborsare solo il 25 per cento del valore nominale del capitale investito non può certo considerarsi una restituzione. Lo Stato argentino non intende modificare tale percentuale di rimborso, come più volte ribadito dal sottosegretario alle Finanze dell'Argentina Guillermo Nielsen. Forse non potrebbe modificarla, neppure se lo volesse.
Il 14 gennaio la New York Federal Reserve, il Tesoro USA e la New York ClearingHouse Association hanno presentato delle mozioni al giudice Thomas Griesa della Corte Federale di New York, che ha in mano tutto il carteggio sui bonds argentini congelati dopo il fallimento del 2001, esprimendosi a favore del blocco delle richieste di risarcimento da parte dei possessori dei bonds. Le tre istituzioni americane sostengono la decisione del governo argentino di non pagare i bonds perché altrimenti non riuscirebbe ad onorare puntualmente le scadenze con il Fondo monetario internazionale (Fmi). Questo è stato ovviamente imposto dal Fmi e dalle grandi banche internazionali. Dal crac del 2001, minacciata dall'isolamento finanziario internazionale, l'Argentina ha pagato ben 12,3 miliardi di dollari di interessi e di rimborsi al Fondo monetario e assolutamente niente ai detentori di bonds.

 
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19 febbraio 2006
Redazione Euganeo.it
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