TINO BEDIN

Lettera dal Senato. 86 / 15 giugno 2004
L'Unione Europea non è solo uno spazio economico

I cittadini sono i protagonisti
della prima Costituzione europea
Il governo deve portare nella trattativa per la imminente approvazione il peso della scelta europeista degli elettori italiani

di Tino Bedin

Cari amici, forse qualcuno tra voi non se n'è accorto (non gli hanno consentito che se ne accorgesse), ma le elezioni per il Parlamento europeo non sono servite solo a vedere chi ha più voti in Italia o solo per eleggere i nostri dedutati a Strasburgo. Con il nostro voto abbiamo contribuito anche alla vita dell'Unione, che continua questa settimana con un appuntamento importante: la probabile approvazione della prima Costituzione europea.
Una Costituzione è meglio di un Trattato. Il trattato evidenzia i governi, la costituzione rende protagonisti i cittadini. Agli europei, che nel voto della settimana scorsa per il Parlamento dell'Unione, hanno generalmente punito i loro governi e rivendicato la loro titolarità nelle scelte dell'Unione Europea, bisogna mettere a disposizione una Costituzione. L'Italia deve lavorare perché al Consiglio europeo del 17 e 18 giugno si arrivi alla approvazione della Costituzione dell'Unione.
Questa è ormai una esigenza politica. Era una esigenza anche a dicembre, quando essa non solo non fu soddisfatta, ma rischiò di essere accantonata perché la Presidenza italiana mostrò di non avere una alternativa al mancato accordo e di non aver predisposto un percorso successivo per i negoziati.

La Carta dei diritti base della prima Costituzione. L'attività prudente della Presidenza irlandese ha comunque evitato che, con la scusa della pausa di riflessione o delle scadenze elettorali in questo o quel paese, fosse sepolto il lavoro svolto dalla Convenzione. Ora l'approvazione del Trattato costituzionale è diventata una priorità per il Consiglio di metà giugno.
Quale Costituzione? I criteri (e quindi la risposta) sono nelle ragioni per le quali il Consiglio europeo di Laeken decise di dare vita alla Convenzione sul futuro dell'Europa: la distanza crescente fra cittadini e istituzioni europee, la necessità di ripensare il progetto europeo e le sue istituzioni nel contesto dell'Europa Unita, il bisogno di riflettere sul ruolo dell'Europa in un mondo sempre più globalizzato.
I cittadini europei sono dunque al centro del progetto che il Consiglio europeo ha immaginato a Laeken e che a Bruxelles deve ora trasformare in decisione, in un'altra tappa nel cammino continentale. I cittadini sono la misura dei risultati della Cig.
Per questo la Convenzione ha scelto la via costituzionale. La scelta di integrare pienamente la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione nella Costituzione è il segno di voler mettere al centro del processo costituzionale europeo il cittadino.
Questo è un punto essenziale, irrinunciabile. Ci sono tentativi di ridurre il peso di quella Carta. Ma questo punto non può essere oggetto di trattativa.
È la Carta dei diritti fondamentali che fa di un trattato, ancora negoziato dai governi, l'inizio di una Costituzione. È quella Carta approvata a Nizza che codifica lo spirito largamente maggioritario in Europa e che trasferisce concretamente nelle istituzioni e nella cittadinanza i valori del cristianesimo. È anche su quella Carta che i popoli dei dieci nuovi Stati membri hanno votato nei referendum per l'adesione dei loro rispettivi paesi all'Unione.

Consentire all'Unione europea di decidere. Il secondo punto è che l'Unione deve essere in grado di prendere decisioni. La discussione deve riguardare gli strumenti migliori per decidere. Finora invece essa ha riguardato la soglia della minoranza di blocco. Ma non si può impostare un dibattito di natura istituzionale pensando agli strumenti che gli Stati membri hanno per bloccare le decisioni.
Questo allontana i cittadini dall'Unione Europea, che è presentata da alcuni governi - e purtroppo anche dal governo italiano troppo frequentemente - come una istituzione dalla quale bisogna difendersi e non come una risorsa da valorizzare.
In questi mesi i cittadini europei sono inquieti, preoccupati, sia che si tratti di lavoro che di economia, di ambiente che di sicurezza.
In questa inquietudine non bisogna aggiungere anche la preoccupazione per l'Europa. Bisogna che l'Europa cammini lungo una strada che non porta fuori dai singoli paesi, ma li innerva. Con la creazione dell'euro, noi abbiamo costruito in materia monetaria, una sovranità più utile della somma delle sovranità monetarie nazionali. La stessa cosa si può fare per il contrasto all'immigrazione clandestina o per la lotta alla droga. Sono molti i settori nei quali abbiano delle ragioni per stare insieme.
Questo è l'obiettivo della Costituzione. Sarebbe inspiegabile per i cittadini che non si arrivasse ad un accordo a causa della ponderazione dei voti, in presenza delle inquietudini che ho citate.
Sarebbe inspiegabile che si facessero passi indietro in materia di Giustizia e affari interni, cioè nella materia che riguarda la lotta alla criminalità e al terrorismo. Dopo l'11 settembre e New York e a Washington e dopo l'11 marzo a Madrid, questo non solo sarebbe incomprensibile alle opinioni pubbliche, ma sarebbe inaccettabile.

Il diritto di indirizzo dei paesi fondatori. Il Regno Unito sta utilizzando anche il fantasma del referendum popolare sul Trattato costituzionale europeo per richiedere soluzioni al ribasso rispetto all'equilibrio raggiunto dalla Convenzione.
Può essere una tecnica negoziale. Il governo italiano ha il dovere di contrastarla, anche per difendere la procedura della Convenzione: altrimenti quest'ultima diventa solo uno dei momenti di una contrattazione che si intende poi riaprire. Il contrasto alle posizioni inglesi ha funzionato quando Italia, Francia, Germania e Benelux si sono imposte, minacciando a loro volta di andare avanti anche senza gli inglesi. È successo con l'euro. È successo con la politica sociale nel 1992.
Questo è un altro dei momenti nei quali un paese tradizionalmente e politicamente federatore, oltre che paese fondatore, quale è l'Italia deve svolgere il suo diritto di indirizzo assieme agli altri paesi che ho citati.
So che l'assenza dell'Italia a molti dei tavoli in cui si immaginano a e volte si costruiscono percorsi europei rende oggi questo ruolo più difficile. L'assumerlo potrebbe essere il segno di una svolta.
L'Europa non può più essere vissuta, come è successo nel Regno Unito o in Svezia o in alcuni paesi dell'Est, come una zona di libero scambio: una istituzione commerciale priva di identità politica e costituzionale.
Se così viene presentata l'Unione Europea, come possiamo pretendere che ci sia passione politica e quindi partecipazione al voto? Quale cittadino può ritenere che il suo voto conti se la scelta riguarda le merci e non le persone?
Alla scarsa affluenza alle urne per il Parlamento europeo si risponde non riducendo l'Europa alle dimensioni dei votanti, ma rilancio le motivazioni di cui hanno bisogno i cittadini per sentirsi protagonisti.

Invece di una casa in ordine i nuovi arrivati trovano un cantiere. Questo rilancio va fatto in particolare nei confronti delle opinioni pubbliche dei nuovi Stati membri.
Volevamo mettere in ordine la Casa comune in modo che fosse adeguata ai nuovi abitanti, che questi ultimi non dovessero faticare a sentirsi a casa propria e che non fossero costretti a metter mano subito ai... restauri non appena entrati. L'approfondimento e l'allargamento dell'Unione dovevano essere due processi che si sviluppavano insieme, dando però la precedenza temporale alla conclusione dell'approfondimento.
La scadenza delle riforme prima dell'allargamento non è stata rispettata. L'Europa Unita è nata ed è andata ad abitare in un cantiere di ristrutturazione. Ci si può adattare per poco tempo, ma non rassegnare, specie per chi non si sente ancora del tutto a casa propria. Ai nostri nuovi concittadini dell'Unione siamo tenuti ad assicurare al più presto una Casa in ordine e funzionante.
Anche per questo dunque il Consiglio europeo di questa settimana è decisivo. Noi chiediamo al governo italiano di rappresentare la fiducia nell'Europa che i cittadini italiani hanno manifestata con una partecipazione al voto per le elezioni europee del tutto maggioritaria. Chiediamo che stia dalla parte dei cittadini.

Tino Bedin

Roma, 15 giugno 2004


17 giugno 2004
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