14 gennaio 2016
Analisi nella sede regionale del Partito Democratico
Incomprensibile lo scenario del sistema sociosanitario veneto
Le contraddizioni del leghista Zaia nella nomina dei direttori generali delle Ulss
Cosa fare adesso che le Ulss del Veneto non sono di fatto più 21 (come prevede la legge che c'è), ma non sono neppure 7, una per provincia (come prevedeva sei mesi fa il presidente Luca Zaia)? Come fare, visto che a cambiare i numeri è stato proprio il presidente leghista che a fine anno ha nominato 9 direttori generali di Ulss per cinque anni, ai quali ha anche affidato le altre 12 Ulss in veste di commissari per un anno?
Aleggia spesso nelle considerazioni de Partito Democratico la "promessa elettorale" delle sette Ulss provinciali fatta dal PD, come preoccupazione ad essere coerenti. Mi sembra una preoccupazione inconsistente: il programma del Partito Democratico è stato sonoramente bocciato dai veneti, magari non proprio su questo punto; in ogni caso non esiste più. Ora per il Partito Democratico è chiaro che il percorso è tracciato e che dovrà portare avanti è un'organizzazione basata su due Ulss per ogni provincia. A Venezia e a Vicenza, che hanno già due Ulss, indietro non si torna, quindi si va avanti per tutto il Veneto.
Preliminare però è un'attività di trasferimento nelle proposte politiche dell'insieme di conoscenze sul sistema sanitario veneto in merito a flussi di pazienti, caratteristiche orografiche, esigenze sociali, attività di prevenzione, sviluppo dei servizi territoriali. Sono conoscenze già disponibili, che il leghista Zaia non ha utilizzato nelle nomine, ma che il Partito Democratico può mettere alla base di una sua proposta: una struttura di governo della sanità funzionale alle esigenze dei cittadini e non astrattamente geografica (le 7 Ulss provinciali) o tristemente partitica (le nove Ulss di Zaia).

 
10 febbraio 2016
Indifferenza pubblica sul declino demografico dell'Italia
La privatizzazione della famiglia
rende tutti più poveri (anche di vita)

Riconoscere le nuove situazioni e codificarne i diritti non passa necessariamente attraverso l'equiparazione delle varie forme di convivenza
Sono dedicati alla famiglia i primi tre articoli del Titolo II della Carta costituzionale, intitolato "Rapporti etico-sociali", come dire che nella Repubblica italiana i rapporti sociali cominciano per l'appunto in famiglia. Certo sono passati giusti settant'anni da quando nel 1946 si è cominciata a scrivere la nostra Costituzione. Riconoscere le nuove situazioni e codificarne i diritti però non passa necessariamente attraverso l'equiparazione delle varie forme di convivenza.
Non sono però artifici legislativi che rendono una norma coerente con l'impianto della Costituzione e adeguata alle esigenze di sviluppo della società.
La "società naturale" di cui parla la Costituzione è la famiglia naturalmente duale, uomo e donna. Lo sviluppo della società, anzi dell'umanità, ha come presupposto la vita e la riproduzione del genere umano, che l'unione di un uomo e di una donna assicurano. Senza questo presupposto diventerà sempre più rigido l'inverno demografico nel quale siamo immersi.

 
11 febbraio 2016
Persone che si fanno carico di altre persone fino a includerle nella loro vita
Malattia e Misericordia: dal Buon Samaritano al "118"
Il valore comunitario del Servizio sanitario nazionale e del Volontariato sanitario
Il logo del Giubileo ha le parole "Misericordes sicut Pater" (Misericordiosi come il Padre). "Siate dunque misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso", così la proposta di Gesù è riferita dall'evangelista Luca, che è un medico. Solo Luca riporta le parabole del Figlio prodigo, della Dracma perduta e del Buon Samaritano: l'uomo mezzo morto sul ciglio della strada (Lc 10,25-37), è una delle immagini più intense dell'insegnamento a farsi prossimo. Il medico evangelista Luca ricorre alla scena di un incidente. Scena nella quale oggi - al posto del Buon Samaritano - compare… immediatamente il "118". Anche in questa decisiva risposta di salute è una comunità che decide di sostenere e di affiancare i suoi componenti più deboli, che mette al centro appunto la "debolezza" e se ne assume l'onere. Come fa il Buon Samaritano che paga anche le spese alberghiere.

 
10 giugno 2016
L'opinione pubblica europea non si pone domande sui movimenti di fuggiaschi; ne è impaurita e pretende solo protezione
Europei e migranti: chi cerca il futuro e chi no
Sono in discussione le basi stesse dell'Europa: la sovranità condivisa, il principio di solidarietà, un territorio comune, una moneta comune, un continente di pace per il pianeta sanitario
È più doloroso abitare una terra di emigrazione o una terra di immigrazione? L'Italia (quasi ogni regione d'Italia) è stata terra di emigrazione ed è oggi terra di immigrazione. Gli italiani dunque sono esperti sia dell'uno che dell'altro dolore e potrebbero dare una risposta netta: le sofferenze dell'emigrazione sono più profonde di quelle che sta provocando l'immigrazione. Lacerano famiglie, lacerano persone, lacerano chi deve ancora nascere e non nascerà più.
Il fatto è che l'opinione pubblica italiana - come le altre opinioni pubbliche europee - non ascolta e non si pone domande sui movimenti di massa di rifugiati e migranti; ne è impaurita e pretende solo protezione.
La paura degli europei ha un fondamento, che - proprio come la paura che muove i migranti - ha a che fare con il futuro: milioni di persone di culture e religioni diverse che desiderano vivere e abitare in Europa rappresentano infatti una sfida il cui esito non è possibile conoscere a priori.

 
11 settembre 2016
Non era questa la globalizzazione che ci era stata promessa
Dalla Terza Guerra Mondiale a pezzi non si esce con la guerra
Nei nostri telegiornali la guerra scoppia solo ogni tanto: per questo le opinioni pubbliche non ne avvertono la dimensione e la continuità
C'è la guerra. Ed è dovunque sul pianeta.
Se una bomba esplode nel centro dell'Africa una scheggia ribalza nelle nostre città.
Non era questa la globalizzazione che ci era stata promessa per il secondo millennio del nostro tempo. C'era un nuovo ordine mondiale che sembrava consolidarsi con la fine della Guerra fredda, con l'affermazione dell'Europa come continente di pace, con la riduzione della fame in vaste aree del pianeta, sia ad Oriente sia ad Occidente.
Era un'utopia. È stata un'illusione, che ha generato un tragico errore: rispondere agli attentati dell'11 settembre 2001 con la guerra, cioè con la presunzione che fossero, appunto, limitati e controllabili. Dopo 15 anni quella guerra non è ancora vinta, perché dalla terza guerra mondiale a pezzi non usciremo partecipando alla guerra. Potremmo provare ad uscirne attraverso una delle Porte sante della Misericordia.

 
4 novembre 2016
È già nata la terza generazione di europei
che non sa cosa voglia dire una guerra di grandi dimensioni

Per non abituarci alla pace
Altre paure aleggiano oggi sulle nostre comunità, perché ci si preoccupi
della guerra: le celebrazioni del 4 Novembre sono un richiamo alla realtà

Per gli italiani è stata la Grande Guerra, per la storia è la Prima Guerra Mondiale, perché ha convolto tutti i continenti. Sono passate quattro generazioni da allora; cento anni. E oggi noi - come altri italiani e altri europei in molti luoghi d'Europa - siamo davanti ai monumenti ai caduti.
A festeggiare la fine di una guerra ormai lontana e sopraffatta da altre guerre, una di queste ancora più terribile? A celebrare una vittoria militare e una conquista territoriale ridimensionate dalla storia nazionale ed internazionale successiva?
Noi veneti, noi italiani, noi europei siamo qui per non perdere la memoria, per non abituarci alla pace, per stare in guardia dalla guerra.
È già nata e sta ormai crescendo la terza generazione di europei che non sa cosa voglia dire una guerra di grandi dimensioni. Invece che garanzia di solidità per una condizione così straordinaria nella storia dell'umanità, questo lungo tempo di pace può essere un rischio. Ciò di cui non si ha esperienza non fa paura. Altre paure incombono o aleggiano oggi sulle nostre comunità, perché ci si preoccupi della guerra.

 
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23 marzo 2020
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