VENETO

ANTOLOGIA

Corriere del Veneto
31 gennaio 2016
Enrico Bellinelli

Luogo simbolo di Venezia, pareva destinato a nuova vita col Mose
Arsenale, addio agli ultimi 27 operai:
dopo 900 anni non sarà più cantiere

Il futuro tra sindaco e Forum

VENEZIA - L'odore della pece bollente nell'"arzanà de' Viniziani" penetra nel naso di Dante e finisce in rime nel XXI Canto dell'Inferno. L'esplosione dei depositi di polvere da sparo del 13 settembre 1569, e l'incendio che ne seguì, che fa da sfondo a "Altai" di Wu Ming. La suggestione letteraria è potente, ma un'era sta per finire. Dal primo febbraio andranno in cassa integrazione per cessazione di attività gli ultimi 27 dipendenti di Costruzioni Arsenale Venezia. Così finisce una tradizione lunga nove secoli di cantieristica nella Città storica.
L'Arsenale come "fabbrica", processo industriale. Scafo, remi, vele e sartie, armi: tutto assemblato in serie, in reparti, con maestranze specializzate per costruire le galee della Serenissima. Tanto importante e vitale era quel che accadeva nella fabbrica, che i capi delle corporazioni degli "arsenalotti" non potevano uscire dai confini della Serenissima se non col permesso del governo. Nell'arsenale di Venezia nascevano navi da guerra e lo spionaggio industriale era a portata d'orecchio. Poi i tre bacini in pietra d'Istria, lascito del Regno d'Italia a fine Ottocento ancora per l'industria bellica.
La storia recente è un'altra. L'Arsenale rimane punto di riferimento sino ai primi anni Cinquanta del secolo scorso, con quasi cinquemila addetti, poi iniziano crisi e licenziamenti. Negli anni Sessanta entra in gioco Italcantieri, antesignana di Fincantieri. Si fanno carenature e si allungano scafi. Nella memoria di chi ci ha lavorato, l'Arsenale torna a occupare oltre seicento addetti.
A metà anni Novanta, la dismissione del "refitting". Entrano in gioco gli armatori De Poli, Zacchello, Fracasso e Pianura. Il fiuto imprenditoriale dice che chi ha in mano l'Arsenale avrà le manutenzioni del Mose. Ma i tempi di realizzazione delle paratoie mobili si allungano e uno alla volta questi nomi storici della cantieristica veneziana si sfilano dalla società "Arsenale di Venezia". Infine entra in scena del Consorzio Venezia Nuova con una serie di società controllate. Nel 1999 nasce Carmet, poi è la volta di Palomar, poi Mose Srl, ora in liquidazione, e infine Cav giunta al capolinea. I tre soci, Fincosit, Condotte e Mantovani, hanno deciso di chiudere le attività.
Serve a completare il Mose? No. Dopo il varo del Jack Up nell'ottobre del 2014, il pontone prototipo costato oltre 50 milioni per staccare e posare le paratoie del Mose, stop alla cantieristica navale. Il Jack-Up chiamato "Mose" è stato il canto del cigno per la Cav.
In quest'area industriale prima dell'era industriale, ci restano la Marina Militare col prestigioso Istituto di Studi Militari Marittimi e la Biennale; il Comune detiene 27 dei 48 ettari complessivi e ha steso un Piano Direttore per l'Arsenale da 124 pagine; soprattutto ci devono arrivare le paratoie in manutenzione. Ecco il business infinito: staccare e attaccare le 78 paratoie alle tre bocche di porto della laguna. Una al mese, forse ogni 20 giorni. Il governo Renzi cha ha smantellato il Magistrato alle Acque e non ha ancora deciso se ci sarà una gara europea o un'agenzia governativa che prenderà in carico l'appalto del secolo.
Dal 2014, gli arsenalotti si sono visti sgretolare il passato e il futuro. Presidi ai cancelli, vertici con l'azienda, lettere al Prefetto, richieste di incontri con i commissari del Consorzio, col sindaco Luigi Brugnaro che sta studiando il Piano per l'Arsenale e intanto ci destina in aprile parte del nuovo Salone Nautico di Venezia. Oltre a Stefano Boato dello Iuav, altri professori, ambientalisti, associazioni cittadine e Italia Nostra si sono uniti nel Forum Futuro Arsenale per far tornare nelle Tese e negli specchi acquei "mestieri antichi e futuri in un equilibrio che guarda ai musei di Boston o Marsiglia" dice Roberto Falcone, portavoce del Forum. "Siamo gli ultimi arsenalotti, è la fine di un'era" dice sconsolato, Stefano Zanini, tuta blu della Uil. Una vita in Arsenale.

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1 febbraio 2016
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Tino Bedin