L'UMANITÀ

Nello stile di Papa Francesco
Incontrare i poveri
va oltre la (indispensabile) solidarietà

"Ti voglio tra la gente, il prolungamento della mia mano per portare una carezza ai poveri, ai diseredati, agli ultimi", ha detto al suo Elemosiniere

di Tino Bedin

C'è una Fiat Qubo bianca che alla sera gira per Roma in cerca dei poveri. Ha la targa della Santa Sede (solo per passare anche nelle zone a traffico limitato) e la guida un cardinale. Niente di strano che nel posto del passeggero qualche volta ci possa essere un vescovo; e il pensiero va spontaneamente al Vescovo di Roma, a Papa Francesco. Lo faceva a Buenos Aires, il cardinale José Bergoglio: girava le favelas in clergyman, i poveri lo chiamavano "padre" e non immaginano certo di parlare con l'arcivescovo della capitale. Dopo che i cardinali sono "andati a prenderlo" da lì per farlo vescovo di Roma, quel prete di strada ha ammesso: "Quante volte ho avuto voglia di andare per le strade di Roma, ma capisco che non è possibile…".
Il dubbio però rimane ed è alimentato dalla insistenza con cui Papa Francesco richiama alla equivalenza "poveri-carne di Cristo": "I poveri, gli abbandonati, gli infermi, gli emarginati sono la carne di Cristo" (12 maggio 2013, omelia per le canonizzazioni).
Una sintesi della dottrina di Papa Francesco la troviamo nell'omelia di qualche giorno dopo per la Veglia di Pentecoste del 18 maggio: "Questo è il problema: la carne di Cristo, toccare la carne di Cristo, prendere su di noi questo dolore per i poveri. La povertà, per noi cristiani, non è una categoria sociologica o filosofica o culturale: no, è una categoria teologale. Direi, forse la prima categoria, perché quel Dio, il Figlio di Dio, si è abbassato, si è fatto povero per camminare con noi sulla strada. E questa è la nostra povertà: la povertà della carne di Cristo, la povertà che ci ha portato il Figlio di Dio con la sua Incarnazione. Una Chiesa povera per i poveri incomincia con l'andare verso la carne di Cristo. Se noi andiamo verso la carne di Cristo, incominciamo a capire qualcosa, a capire che cosa sia questa povertà, la povertà del Signore".
Qui c'è tutto Papa Francesco: la Chiesa povera per i poveri, il ruolo magisteriale dei poveri, l'incontro che va oltre la solidarietà (pur indispensabile).

Accendere la luce ai poveri. Il Papa mostra anche come si fa. Il cardinale che per le strade di Roma guida la Fiat Qubo bianca in cerca dei poveri è mons. Konrad Krajewski; molto probabilmente non avrà mai avuto come compagno di viaggio Papa Francesco, ma ogni sera esce con il mandato che il Pontefice gli ha assegnato quando lo ha nominato Elemosiniere apostolico: "Ti voglio tra la gente, il prolungamento della mia mano per portare una carezza ai poveri, ai diseredati, agli ultimi"; e sa che deve farlo, perché Francesco se n'è raccomandato anche con il genitori del cardinale: "Queste sono le mie braccia, sono limitate, ma se le prolunghiamo con quelle di Corrado possiamo toccare i poveri di tutta Italia. Io non posso uscire, ma lui è libero".
Anche se non può… uscire il Papa non lascia solo il cardinale polacco Krajewski. Ne ha dato conto Avvenire nel maggio scorso: "Le attività dell'Elemosineria, come le ha 'ridisegnate' Francesco, sono note a tutti. I bagni e le docce per i senza fissa dimora sotto al Colonnato di San Pietro. Il servizio di barberia gratuita il lunedì, il dormitorio aperto nel 2015, la lavanderia per i clochard, i pasti distribuiti ogni martedì e giovedì alle stazioni Termini e Tiburtina, le coperte per l'inverno, le auto lasciate aperte intorno a Via della Conciliazione per consentire ai 'barboni' di dormirvi dentro nelle notti più rigide, le visite mediche nell'ambulatorio nato dalla collaborazione con il Servizio sanitario vaticano e l'Associazione di Medicina Solidale".
Ci sono però situazioni in cui le braccia del Papa proprio non arrivano, come nel tombino dei contatori di un palazzo occupato di Roma, cui era stata staccata la corrente. Don Corrado ci si è calato e ha riattaccato la luce per 400 persone. "Sono intervenuto personalmente - ha detto l'Elemosiniere apostolico all'agenzia di stampa Ansa - per riattaccare i contatori. È stato un gesto disperato. C'erano oltre 400 persone senza corrente, con famiglie, bambini, senza neanche la possibilità di far funzionare i frigoriferi". L'Elemosiniere apostolico non ha rivendicato né il gesto né la sua posizione; si è preso tutta la responsabilità del suo ministero: "Dovesse arrivare, pagherò anche la multa".

Se ci sono i poveri, c'è anche chi li crea. E la multa potrebbe arrivare perché le regole sono le regole, finché non cambiano: ad un amico che si è candidato a fare il sindaco ho augurato di imparare subito ad "accendere la luce ai poveri", come ha fatto il cardinale mandato dal Papa. Perché "quando la Chiesa si fa voce dei poveri, si indirizza anche a coloro che svolgono funzioni politiche: i governi, le istituzioni economiche e finanziarie", chiarisce mons. Rino Fisichella, non mancando di notare che "se ci sono i poveri, c'è anche chi li crea. La povertà non nasce dal nulla, ma da politiche sbagliate che la generano. Il richiamo di Papa Francesco è anche per loro".
Intanto però le regole sono le regole: "Conto che l'elemosiniere del Papa, intervenuto per riattaccare la corrente in un palazzo occupato di Roma, paghi anche i 300 mila euro di bollette arretrate", si era premurato di chiedere il leader della Lega Matteo Salvini. Se non ti bastano le regole, alle volte fai meglio: nell'articolo di Avvenire che ho già citato la Santa Sede lo ha spiegato con il "resoconto" delle donazioni del Pontefice ai più poveri. Papa Francesco nel 2018 ha donato tre milioni e mezzo di euro per pagare bollette arretrate, affitti e farmaci a migliaia di persone in difficoltà economiche, sia italiane che straniere, utilizzando denaro delle donazioni e non fondi pubblici. In parte sono le piccole offerte (da 5 a 15 euro) che i fedeli versano quando desiderano avere una pergamena con la benedizione apostolica per matrimoni, battesimi, compleanni speciali.
Cifre rese note non per misurare la solidarietà, ma per ribadire che non è con lo scarto e la paura che si risolve il rapporto tra comunità e poveri. Nello stile di Papa Francesco, che da buon profeta racconta le meraviglie che Dio riesce a fare per i suoi poveri. "Davanti ai poveri non si tratta di giocare per avere il primato di intervento, ma possiamo riconoscere umilmente che è lo Spirito a suscitare gesti che siano segno della risposta e della vicinanza di Dio. Quando troviamo il modo per avvicinarci ai poveri, sappiamo che il primato spetta a Lui, che ha aperto i nostri occhi e il nostro cuore alla conversione. Non è di protagonismo che i poveri hanno bisogno, ma di amore che sa nascondersi e dimenticare il bene fatto. I veri protagonisti sono il Signore e i poveri". E del resto: "La collaborazione con altre realtà, che sono mosse non dalla fede ma dalla solidarietà umana, riesce a portare un aiuto che da soli non potremmo realizzare. Riconoscere che, nell'immenso mondo della povertà, anche il nostro intervento è limitato, debole e insufficiente conduce a tendere le mani verso altri, perché la collaborazione reciproca possa raggiungere l'obiettivo in maniera più efficace" (Giornata mondiale dei Poveri 2018).

22 settembre 2019


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