L'UMANITÀ

LA PAROLA DEL PAPA
12-18 giugno 2016

Nell'epoca in cui la cura del corpo è divenuta mito di massa
Il senso della vita
comporta l'accettazione del limite

Tante le persone emarginate a causa di uno svantaggio fisico
Tutti prima o poi siamo chiamati a confrontarci, talvolta a scontrarci, con le fragilità e le malattie nostre e altrui. E quanti volti diversi assumono queste esperienze così tipicamente e drammaticamente umane! In ogni caso, esse pongono in maniera più acuta e pressante l'interrogativo sul senso dell'esistenza. (..)
Conosciamo l'obiezione che, soprattutto in questi tempi, viene mossa davanti a un'esistenza segnata da forti limitazioni fisiche. Si ritiene che una persona malata o disabile non possa essere felice, perché incapace di realizzare lo stile di vita imposto dalla cultura del piacere e del divertimento. Nell'epoca in cui una certa cura del corpo è divenuta mito di massa e dunque affare economico, ciò che è imperfetto deve essere oscurato, perché attenta alla felicità e alla serenità dei privilegiati e mette in crisi il modello dominante. Meglio tenere queste persone separate, in qualche "recinto" - magari dorato - o nelle "riserve" del pietismo e dell'assistenzialismo, perché non intralcino il ritmo del falso benessere. In alcuni casi, addirittura, si sostiene che è meglio sbarazzarsene quanto prima, perché diventano un peso economico insostenibile in un tempo di crisi.
Ma, in realtà, quale illusione vive l'uomo di oggi quando chiude gli occhi davanti alla malattia e alla disabilità! Egli non comprende il vero senso della vita, che comporta anche l'accettazione della sofferenza e del limite. Il mondo non diventa migliore perché composto soltanto da persone apparentemente "perfette", per non dire "truccate", ma quando crescono la solidarietà tra gli esseri umani, l'accettazione reciproca e il rispetto.
Giubileo degli ammalati
Piazza San Pietro, Domenica 12 giugno 2016

La folla passa e lui è solo. Un giorno Gesù, avvicinandosi alla città di Gerico, compì il miracolo di ridare la vista a un cieco che mendicava lungo la strada (cfr Lc 18,35-43). Oggi vogliamo cogliere il significato di questo segno perché tocca anche noi direttamente. L'evangelista Luca dice che quel cieco era seduto sul bordo della strada a mendicare (cfr v. 35). Un cieco a quei tempi - ma anche fino a non molto tempo fa - non poteva che vivere di elemosina. La figura di questo cieco rappresenta tante persone che, anche oggi, si trovano emarginate a causa di uno svantaggio fisico o di altro genere. E' separato dalla folla, sta lì seduto mentre la gente passa indaffarata, assorta nei propri pensieri e in tante cose...E la strada, che può essere un luogo di incontro, per lui invece è il luogo della solitudine. Tanta folla che passa... E lui è solo. (..)
Mentre il cieco grida invocando Gesù, la gente lo rimprovera per farlo tacere, come se non avesse diritto di parlare. Non hanno compassione di lui, anzi, provano fastidio per le sue grida. (..)
È una tentazione che tutti noi abbiamo. Tutti, anch'io! È per questo che la Parola di Dio ci ammonisce ricordandoci che l'indifferenza e l'ostilità rendono ciechi e sordi, impediscono di vedere i fratelli e non permettono di riconoscere in essi il Signore. Indifferenza e ostilità. E a volte questa indifferenza e ostilità diventano anche aggressione e insulto: "ma cacciateli via tutti questi!", "metteteli in un'altra parte!". Quest'aggressione è quello che faceva la gente quando il cieco gridava: "ma tu vai via, dai, non parlare, non gridare".

Udienza generale
Piazza San Pietro, Mercoledì 15 giugno 2016

La fame minaccia la pace. Tutto è poco al fine di sconfiggere un fenomeno così terribile come la fame.
La fame è una delle più grandi minacce alla pace e alla serena convivenza umana. Una minaccia che non possiamo limitarci solamente a denunciare o studiare. Bisogna affrontarla con determinazione e risolverla con urgenza. Ognuno di noi, con la propria responsabilità, deve agire nella misura delle sue possibilità per raggiungere una soluzione definitiva a questa miseria umana, che degrada e consuma l'esistenza di un gran numero di nostri fratelli e sorelle. E, al momento di aiutare coloro che la patiscono crudelmente, nessuno è di troppo e può limitarsi a presentare una scusa, pensando che è un problema che lo oltrepassa o non lo riguarda
. Lo sviluppo umano, sociale, tecnico ed economico è la via obbligata per garantire che ogni persona, famiglia, comunità o popolo possa affrontare le proprie necessità. E questo ci dice che dobbiamo lavorare non per un'idea astratta, non per una difesa teorica della dignità, ma per tutelare la vita concreta di ogni essere umano. Nelle zone più povere e depresse, ciò significa disporre di cibo in caso di emergenze, ma anche fornire l'accesso a mezzi e strumenti tecnici, a posti di lavoro, al microcredito, e così fare in modo che la popolazione locale rafforzi la propria capacità di risposta alle crisi che si presentano all'improvviso.

Visita alla sede del Programma Alimentare Mondiale
Roma, Lunedì 13 giugno 2016

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um-017
20 giugno 2016
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Tino Bedin