TINO BEDIN

Lettera dal Senato. 104 / 22 gennaio 2006
Il nuovo sistema elettorale per il Parlamento

Le elezioni senza candidati
Quando si accorgeranno di non decidere quasi nulla, molti cittadini non vorranno passare da sovrani a sudditi

di Tino Bedin

Cari amici, ha un bel saltabeccare da una tv all'altra in cerca di voti. Ha un bel precettare i suoi parlamentari ad alzare la mano per due settimane in più a distribuire gli ultimi favori. Non gli servirà. Quando a marzo finalmente i cittadini si prepareranno ad essere elettori e si accorgeranno di non poter decidere quasi nulla, perché si ritroveranno senza una coalizione cui fare riferimento e senza candidati in carne e ossa da mandare a Roma. Sarà quello il momento dell'ultima corale arrabbiatura degli italiani contro Berlusconi o magari contro la politica nel suo insieme. Molti infatti si sentiranno espropriati della "sovranità" che pure la Costituzione assegna al popolo. E non volendo passare da sovrani a sudditi decideranno di non andare a votare.
La nuova legge elettorale, votata così in fretta che quasi i cittadini non se ne sono accorti, si rivolterà contro i suoi ideatori facendo crescere l'astensionismo; e questa volta l'astensionismo farà perdere la Destra.

Non bastava sapere di politica. Gli elettori si sono trovati subito a loro agio nel dare un nome e un volto alla politica; hanno sentito che era importante affidare il proprio voto a persone note, riconoscibili, avvicinabili. L'elezione diretta dei sindaci ha aperto la strada; sono poi seguite le altre elezioni, compresa quella per il Parlamento. Dal 1994 sono stati i collegi uninominali per la Camera e per il Senato i riferimenti tra cittadini e Parlamento.
Su un territorio abbastanza piccolo per i deputati, un po' più esteso per i senatori, per tre elezioni si sono confrontate delle persone, cui non bastava sapere di politica. I candidati sono andati a chiedere il voto per la loro forza politica, ma anche a nome del territorio. Perfino i candidati paracadutati da lontano hanno dovuto imparare in fretta i nomi dei Comuni, ma anche quello dei corsi d'acqua; hanno imparato la geografia sociale del territorio. E poi gli elettori si sono ricordati di queste "promesse": a chi è stato eletto hanno chiesto ragione, hanno presentato problemi, hanno preteso vicinanza. Magari non lo avevano neppure votato, ma che era diventato il senatore e il deputato di quel territorio doveva rappresentare tutti.
A questo si erano abituati i cittadini e non avevano motivo di cambiare e moltissimi in questo momento pensano che non sia cambiato niente. Anche perché, dopo la prova generale della prima volta, quella del 1994, poi il sistema aveva dimostrato di funzionare per la stabilità. Sia la legislatura dell'Ulivo sia la legislatura della Destra sono infatti durate tutti i cinque anni previsti. Non succedeva da molto tempo.

Nessuno verrà a domandarvi il voto. Invece il 9 e 10 aprile per il rinnovo del Parlamento i cittadini italiani non avranno nessun nome da votare; nessuno da scegliere in base a requisiti che non siano solo le etichette di partito. Letteralmente "spariscono" i candidati. Sulla scheda non ci sarà scritto nessun nome. Non c'è lo spazio per scrivere un nome. Non c'è neppure la lista dei candidati. Gli elettori non potranno nemmeno verificare chi comunque finiranno per eleggere. In Spagna e in Germania, dove pure non ci sono preferenze, la lista dei candidati è sulla scheda, fa cioè parte integrante del voto. Con la legge elettorale voluta dalla Destra italiana è come se i partiti dicessero ai cittadini: tu dammi il voto, al resto penso io. Le liste sono fatte dai partiti e sono liste bloccate. Per diventare senatore o deputato non occorre andare dai cittadini a chiedere un voto. Chi sta in cima alla lista è eletto, chi sta in fondo non ha nessuna possibilità.
Qui non c'entra il sistema proporzionale o il sistema maggioritario. Qui viene tolta via la "sovranità che appartiene al popolo". Viene tolta via non solo al momento del voto, ma anche per tutti gli anni successivi. L'elettore non avrà nessun "diritto" sul senatore e sul deputato, perché non sarà lui che ne ha determinato l'elezione, ma il partito che l'ha messo nella parte "buona" della lista.

Cresce il battaglione dei parlamentari paracadutisti. Senatore o deputato che sia non dovrà neppure "rispondere" ad un territorio, se non in una dimensione molto vasta. La nuova legge elettorale ha infatti cancellato anche i collegi elettorali sia della Camera che del Senato. In Veneto ci sono solo due circoscrizioni interprovinciali per la Camera: Padova, Rovigo, Verona e Vicenza da una parte, Belluno, Treviso e Venezia dall'altra. Per il Senato tutto il Veneto fa un solo collegio elettorale.
Figlio di una maggioranza che si autoincensa con il federalismo, questo sistema elettorale non sommerà rappresentanze territoriali riconoscibili e riconosciute. Esigenze e opinioni dei territori difficilmente si rifletteranno nelle Aule parlamentari. Il "centralismo" regionale, che caratterizza la deformazione costituzionale votata dalla destra, si esprime anche nella legge elettorale.
E non basta. Il sistema della lista bloccata e "anonima" moltiplicherà dei "candidati paracadutisti", cioè di figure pur apprezzabili che saranno paracadutate da Roma in regioni con cui non hanno nessun legame e con cui prevedibilmente non avranno neppure da eletti alcun legame. Il fenomeno c'era anche in passato, ma la competizione per collegi uninominali, lo aveva limitato, in quanto con il sistema maggioritario il rischio di perdere un seggio per pochi voti era elevato.
Infine la stessa legge elettorale consente candidature multiple: cioè ci saranno gli stessi candidati alla testa di molte liste in diverse regioni. Diranno che questo serve per attirare voti sui personaggi nazionali. Di fatto questo è un altro sistema di rafforzamento dell'oligarchia dei partiti: scegliendo, dopo il voto, dove essere eletti, i capipartito decideranno chi resterà dentro fuori nelle varie regioni.

Non si sa nemmeno chi governerà. Questa autentica rivoluzione delle abitudini elettorali è stata operata dalla Destra nel giro di tre mesi. Al sistema maggioritario ci si era arrivati con un dibattito di anni; c'erano stati addirittura due referendum nel 1991 e nel 1993 con cui si era superato il sistema proporzionale.
La Destra s'è cucita addosso questa legge elettorale con il chiaro scopo di limitare i danni alle elezioni di aprile e magari di creare difficoltà al centrosinistra se dovesse vincere, come il susseguirsi di successi elettorali dal 2002 in avanti lascia prevedere. Ma la Destra non ha fatto i conti con i cittadini. Credo che non abbia fatto i conti soprattutto con i suoi elettori tradizionali, quelli che nonostante tutto non se la sentono di votare per Romano Prodi. Quando si accorgeranno dell'esproprio di sovranità, continueranno a non votare Prodi, ma non voteranno neppure per Berlusconi, per Casini o per Fini.
A proposito, questo è un altro risultato della legge elettorale: si rifrantuma la politica italiana; il faticoso cammino verso la semplificazione viene interrotto appunto con ben tre candidati presidente del Consiglio nello schieramento di Destra. Un po' troppi per gli elettori italiani, che sentono come un loro diritto scegliere chi li dovrà amministratore o governare.

Tino Bedin

Padova, 22 gennaio 2006


19 febbraio 2006
tb-113
home page
scrivi al senatore
Tino Bedin