TINO BEDIN

Lettera dal Senato. 78 /30 novembre 2003
Gli enti locali e la manovra economica per il 2004

Fa un regalo al bambino e manda il conto ai genitori
Il governo toglie soldi ai Comuni e poi "finanzia" il secondo figlio: per le famiglie non è una manovra a costo zero, dovranno pagare di più i servizi all'infanzia

di Tino Bedin

Cari amici, il 2044 è "l'anno della carestia". Lo hanno annunciato Berlusconi e Tremonti; l'uno e l'altro continuano a dire che è inutile lamentarsi: non ci sono soldi. Li hanno già spesi tutti (anzi sono già alle cambiali).
La maggior parte delle famiglie ha già problemi di suo in questa materia. Ogni mese che passa ci sono sempre meno soldi in casa, perché se cala il prezzo dei computer ma cresce quello degli spaghetti non c'è scelta per le famiglie: bisogna comprare la pasta e rinviare l'acquisto del computer. Le famiglie avrebbero magari la pretesa che Berlusconi e Tremonti facessero lo stesso nella "casa degli italiani", che dedicassero i soldi che ci sono alle cose essenziali e rinviassero i sogni e le promesse a tempi migliori. E magari avrebbero la pretesa che non ci si mettesse anche il governo a rendere ancora più problematico il far bastare i soldi fino alla fine del mese.

Tagli impressionanti nei bilanci comunali. Invece questo governo vuole continuare a fare le cose sue anche in tempi di carestia. Va avanti nella sua politica, indipendentemente dalle esigenze dei cittadini. Lo si ricava anche dai dati che vi ho inviati qualche giorno fa: appena disponibili, vi ho infatti messo a disposizione le cifre sui tagli che gli enti locali padovani (assieme a quelli veneti e a quelli italiani) subiranno nel 2004 con la manovra economica che sta passando in Parlamento, con molte preoccupazioni nella società e poche modifiche in parlamento. In alcuni di questi Comuni le percentuali dei tagli operati dai triarchi Berlusconi-Bossi-Tremonti sono impressionanti. Con questi bilanci comunali falcidiati dovranno fare i conti gli abitanti dei 104 Comuni della provincia di Padova.
Ecco qualche altra cifra complessiva: i trasferimenti erariali ai Comuni saranno diminuiti di 115 milioni di euro; il mancato riconoscimento dell'inflazione costerà ai sindaci altri 180 milioni di euro, il fondo ordinario per gli investimenti è decurtato di 60 milioni di euro.
La riduzione della capacità finanziaria dei Comuni è una situazione che non avrei mai immaginato di dover commentare solo due anni e mezzo fa, quando pur con fatica è stata riformata la Costituzione in senso federalista, o ancor più recentemente quando i cittadini hanno confermato con un referendum quella impostazione. Oggi però quello che preoccupa più del federalismo violato è che con i tagli ai Comuni si riduce ulteriormente il ruolo della comunità solidale, sostituita dall'acquisto dei servizi da parte delle famiglie e dalla beneficenza da parte dello Stato. Per questo obiettivo la Destra ha bisogno di indebolire gli enti locali, patrimonio della nostra democrazia, punto essenziale del raccordo con i cittadini.

Mille euro che finiranno presto. In quelle cifre non c'è solo la negazione del federalismo; c'è la scelta ideologica della Destra per la privatizzazione dei bisogni.
La diminuzione complessiva dei trasferimenti erariali ai Comuni sarà nel 2004 di 115 milioni di euro; la decurtazione del fondo per gli investimenti sarà di 175 milioni: solo queste due voci fanno 290 milioni di euro in meno, che sono quasi il costo (300 milioni di euro) di una spesa prevista dalla manovra economica: mille euro per ogni secondo figlio. I cittadini potrebbero anche non preoccuparsi del fatto che Berlusconi vuol fare bella figura con i soldi dei sindaci, se il risultato finale per le famiglie fosse lo stesso. Il conto finale però sarà in perdita per queste, perché troveranno poi meno servizi alla famiglia e all'infanzia organizzati dal loro Comune e sostenuti anche con la fiscalità generale; essi dovranno pagarseli sempre più e mille euro finiranno presto, come già finiscono presto al supermercato.

Far "chiudere" i piccoli Comuni. La "carestia" del bilancio statale è utilizzata dal governo anche per un'altra scelta ideologica.
Provate a leggere le cifre dei bilanci comunali che vi ho inviate, mettendo in ordine i Comuni dal più piccolo al più grande: vi accorgerete che i tali maggiori (in percentuale ovviamente) li subiscono i più piccoli. Succede in tutta Italia.
Una famiglia ragiona diversamente: se deve tagliare i costi, cerca di salvaguardare le spese per i bambini e quelle per i componenti più deboli; mamma e papà faranno a meno di un cambio di scarpe, ma non i figli.
Così è per i Comuni: in un grosso centro ci sono vari soggetti che cooperano e alcune difficoltà si superano più agevolmente; nei piccoli centri le risorse umane ed economiche sono così scarse che ogni riduzione è inevitabilmente una riduzione di prestazioni.
Se il criterio scelto da Berlusconi-Tremonti fosse stato quello del "risparmio", avrebbero "ricavato" di più alzando la percentuale di taglio per i grossi centri. Il criterio è dunque stato un altro, non di bilancio ma ideologico.
Berlusconi e Tremonti, con il sostegno di Bossi e di Follini, vogliono eliminare i piccoli Comuni. Oltre al taglio generale, i Comuni sotto i tremila abitanti subiscono nel 2004 anche l'abolizione integrale del fondo di 112 milioni di euro che ha funzionato finora proprio in considerazione del fatto che alcuni servizi minimi il sindaco deve assicurarli indipendentemente dal numero di abitanti. Il disegno è completato dal taglio di 30 milioni di euro destinati alle unioni di Comuni, cioè a quelle forme di collaborazione che conservano l'identità municipale mettendo però insieme servizi e uffici.
L'obiettivo della Destra è quindi di costringere alla morte per asfissia finanziaria centinaia di piccoli Comuni, pronta evidentemente con la prossima manovra a costringere per legge alla fusione in Comuni più grandi quelle comunità locali che saranno al di sotto di alcuni parametri finanziari.

I sindaci esattori del condono edilizio. Lo scopo che anche attraverso la manovra per il 2004 la Destra vuole raggiungere è quello di trasformare progressivamente i Comuni in centri di spesa e di incasso del governo nazionale o di quello regionale invece di valorizzarli come espressioni di autogoverno delle comunità locali, secondo la Costituzione repubblicana.
La gestione del condono edilizio previsto dalla manovra ne è una conferma: lo Stato incassa, i Comuni fanno gli ufficiali esattori e i controllori; le spese di controllo e di esazione sono a carico dei Comuni. Non a caso tre sindaci su quattro sono contrari al condono edilizio, mentre se si trattasse di uno strumento - pur discutibile politicamente e moralmente - per mettere ordine nel territorio, probabilmente la valutazione "da sindaco" sarebbe diversa. Anzi è proprio la futura gestione del territorio ad aggiungere preoccupazione: è stato infatti calcolato che circa il 70 per cento degli abusi edilizi tende ad essere compiuto in zone a bassa densità abitativa. Questo aumenterà gli oneri per i Comuni quando dovranno provvedere all'urbanizzazione delle aree occupate da edifici condonati. Anche in questo caso avremo prevedibilmente un altro maggiore aggravio proprio per i Comuni minori, dove generalmente la densità abitativa è più bassa.
Così impostato, il condono edilizio non è solo uno schiaffo a chi ha rispettato le regole e ai sindaci che hanno richiesto ai loro concittadini di rispettarle, è anche un costo ulteriore per le famiglie che Berlusconi e Tremonti fanno riscuotere ai Comuni.

Tino Bedin

Roma, 30 novembre 2003


30 novembre 2003
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