TINO BEDIN

La via nazionale è destinata comunque a non risolvere i problemi
L'Italia rinuncia
a costruire una politica europea
dell'immigrazione

Potrebbe collaborare con la Presidenza spagnola che ha posto la materia fra le sue sei priorità, invece si allontana anche da posizioni finora condivise

Il disegno di legge governativo sull'immigrazione è stato oggetto di discussione e di votazione anche alla Giunta per gli Affari europei del Senato. Ovviamente la valutazione doveva riguardare la compatibilità comunitaria delle proposte di Fini e Bossi. A nome del gruppo della Margherita ha svolto la dichiarazione di voto il senatore Tino Bedin nella seduta del 23 gennaio. Pubblichiamo l'intervento di Tino Bedin, annotando che la maggioranza ha poi ovviamente votato a favore.

dichiarazione di voto di Tino Bedin
segretario della Giunta per gli affari europei

Le ragioni di un voto contrario al disegno di legge del governo sull'immigrazione sono molteplici. Tuttavia l'ambito della competenza specifica della Giunta per gli affari europei porta a limitare le ragioni agli aspetti comunitari.
Il relatore non ha ovviamente potuto non riconoscere l'esistenza di un quadro di riferimento europeo nella materia. Dopo averlo riconosciuto ha sottolineato che, non essendo compiuto, gli Stati membri sono esentati dal farvi riferimento nella loro legislazione.
Io credo che l'impostazione vada rovesciata, cioè che la valutazione debba essere data sul rispetto da parte dell'Italia degli impegni presi a livello europeo. Impegni che non sono solo la "norma" già scritta, ma anche tutte le decisioni politiche alle quali il nostro Paese non solo ha dato il suo assenso, ma per le quali ha spesso collaborato alla definizione, magari - come è nella materia dell'immigrazione - spingendo più avanti di altri Stati membri.
E allora partiamo da un dato di fatto giuridico. Il trattato di Amsterdam ha stabilito la competenza della Comunità in materia di asilo e di immigrazione. Il periodo transitorio, previsto dal Trattato ed in cui attualmente l'Europa si trova, serve a rendere operativa questa norma, non a procrastinare la situazione preesistente o addirittura a precostituire nuove condizioni prima del passaggio di competenza.
L'Italia è stata tra gli Stati dell'Unione che più hanno sostenuto la svolta comunitaria in materia migratoria (in seno alla Conferenza intergovernativa che portò al trattato di Amsterdam, il nostro Paese si schierò ufficialmente per un periodo transitorio di soli tre anni, invece di cinque, per il processo di comunitarizzazione). E non è una posizione solo dell'Ulivo. Tuttora, la posizione italiana è spiccatamente europeista, tanto che ancora recentemente, a livello diplomatico, è stato ribadito il nostro favore verso il passaggio al voto a maggioranza qualificata in questo settore; è avvenuto al Consiglio Affari Interni del 16 novembre dello scorso anno, al quale l'Italia ha ribadito che il vero salto di qualità per realizzare gli impegni politici presi al Consiglio di Tampere (tra cui appunto quelli relativi all'immigrazione) è passare, come per il mercato unico, al voto a maggioranza qualificata.
Evidentemente questo atteggiamento dell'Italia non deriva da scelte di carattere ideale, ma si spiega con motivi di ordine pragmatico: ol l'Italia infatti, in quanto paese di frontiera e di transito, è tra gli Stati dell'Unione che hanno maggiore interesse a che si sviluppi rapidamente una politica migratoria comune coerente ed efficace. Nel documento conclusivo del Consiglio europeo straordinario di Tampere, in Finlandia, i capi di Stato e di Governo europei si erano espressamente dati un nuovo appuntamento nel dicembre 2001, al fine di svolgere un "dibattito approfondito per valutare lo stato di avanzamento" del processo di edificazione di uno "spazio di libertà, sicurezza e giustizia" in Europa, all'interno del quale si colloca il percorso di comunitarizzazione delle politiche migratorie. . In occasione del Consiglio europeo di Tampere, gli Stati membri avevano anche individuato quattro aspetti della politica comune in materia d'asilo ed immigrazione:
· il partenariato con i paesi d'origine;
· un regime europeo comune in materia di asilo;
· l'equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi;
· una gestione più efficace dei flussi migratori.
Tenendo conto di questo impegno, nel corso del 2000 e del 2001 sono stati proposti o adottati diversi strumenti giuridici miranti ad instaurare, entro fine 2004, una politica comune in materia di asilo e di immigrazione. La Commissione ha proposto una direttiva relativa al ricongiungimento familiare e un'altra relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano residenti di lungo periodo . Inoltre, il Consiglio ha adottato direttive relative al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi, e all'armonizzazione delle ammende comminate ai vettori che trasportano nel territorio dell'Unione cittadini di paesi terzi sprovvisti di documenti di viaggio o di visto.
L'ultimo consiglio europeo di Laeken ha dato una spinta notevole al superamento delle difficoltà che certo incontra un questo processo di riforma, che sulla carta ha portata rivoluzionaria, ma nella pratica presenta un andamento incerto, poiché rimane ancorato al consenso unanime dei Quindici su ogni singolo passaggio.
La presidenza belga ha organizzato la Conferenza sulle Migrazioni svoltasi a Bruxelles il 16 ottobre scorso.
La stessa Presidenza belga ha proposto un rapporto sullo stato avanzamento del programma di Tampere, che individuava una sorta di moratoria delle legislazioni nazionali, per consentire avanzamenti più rapidi e significativi a livello europeo. La proposta, che di fatto avrebbe accelerato l'esclusiva la competenza comunitaria in questa materia, non è stata accolta formalmente dagli Stati membri, ma politicamente si sta andando in questa direzione.
Al primo punto dedicato al rafforzamento dello Spazio di libertà , sicurezza e giustizia, le Conclusioni del Consiglio europeo di Laeken mettono infatti i temi riguardanti "Una vera politica comune di asilo e di immigrazione".
Vi si prende atto che "i progressi si sono rivelati meno rapidi e meno sostanziali di quanto previsto", ma non si segue la strada… scelta dalla maggioranza e cioè che, viste le difficoltà, si rinuncia ad andare aventi; si sceglie la strada esattamente inversa: appunto quella contenuta nel Trattato di Amsterdam e nelle conclusioni del Consiglio di Tampere, che vengono richiamate.
Questo il testo della parte che ci interessa del capitolo quarto "Rafforzamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia".
37. Il Consiglio europeo riafferma il suo impegno riguardo agli orientamenti politici e agli obiettivi definiti a Tampere e rileva che, benché siano stati registrati alcuni avanzamenti, sono necessari nuovi impulsi e orientamenti al fine di recuperare il ritardo accumulato in taluni settori. L'organizzazione di sessioni del Consiglio "Giustizia e Affari interni" ad intervalli più ravvicinati contribuirà ad accelerare i lavori. È inoltre importante, da un lato, che le decisioni prese dall'Unione siano recepite rapidamente nel diritto nazionale e, dall'altro, che le convenzioni concluse dopo l'entrata in vigore del trattato di Maastricht vengano ratificate senza ritardo.
Una vera politica comune di asilo e di immigrazione
38. Malgrado alcune realizzazioni, quali il Fondo europeo per i rifugiati, il regolamento Eurodac e la direttiva sulla protezione temporanea, i progressi si sono rivelati meno rapidi e meno sostanziali di quanto previsto. È pertanto necessario sviluppare un nuovo approccio.
39. Il Consiglio europeo si impegna ad adottare, sulla base delle conclusioni di Tampere e senza indugio, una politica comune in materia di asilo e di immigrazione che rispetti il necessario equilibrio tra la protezione dei rifugiati, conformemente ai principi della convenzione di Ginevra del 1951, la legittima aspirazione a una vita migliore e la capacità d'accoglienza dell'Unione e dei suoi Stati membri.
40. Una vera politica comune di asilo e di immigrazione presuppone la creazione dei seguenti strumenti:

    l'integrazione della politica dei flussi migratori nella politica estera dell'Unione europea. In particolare, dovranno essere conclusi con i paesi interessati accordi europei di riammissione, in base a un nuovo elenco di priorità e a un piano d'azione chiaro. Il Consiglio europeo chiede che si sviluppi un Piano d'azione basato sulla comunicazione della Commissione sull'immigrazione clandestina e la tratta di esseri umani;
    lo sviluppo di un sistema europeo di scambio di informazioni sull'asilo, la migrazione e i paesi d'origine; l'attuazione di Eurodac nonché un regolamento per una applicazione più efficace della Convenzione di Dublino, con procedure rapide e efficaci;
    l'istituzione di norme comuni in materia di procedura d'asilo, accoglienza e ricongiungimento familiare, comprese procedure accelerate, se necessario. Queste norme devono tener conto del fatto che occorre offrire un aiuto ai richiedenti asilo;
    la creazione di programmi specifici in materia di lotta contro la discriminazione e il razzismo.
41. Il Consiglio europeo invita la Commissione a presentare, al più tardi il 30 aprile 2002, proposte modificate riguardanti le procedure d'asilo, il ricongiungimento familiare, il regolamento "Dublino II". Inoltre, il Consiglio è invitato ad accelerare i lavori sugli altri progetti riguardanti le norme di accoglienza, la definizione del termine "rifugiato" e le forme di protezione sussidiaria.

Come si può vedere vi si fissano anche delle date; non solo l'impegnativo "senza indugio", ma anche "al più tardi il 30 aprile 2002" per quanto riguarda l'attività della Commissione.
Gli stati membri hanno evidentemente considerato la necessità che si acceleri sul piano europeo, anche in considerazione delle difficoltà che alcuni cantieri nazionali aperti in materia (non c'è solo l'Italia) incontrano. Mi riferisco in particolare alla Francia e alla Germania, dove il 2002 è un anno elettorale e quindi il meno adatto ad assumere decisioni: decisioni che però non possono essere rinviate.
E che la scelta fatta a Leaken in tema di immigrazione ed asilo sia una scelta condivisa e soprattutto ormai necessaria, lo si ritrova nel programma di attività della presidenza spagnola.
Anzi la Presidenza spagnola è arrivata formalmente a cambiare la priorità della materia, come si può vedere da due edizioni del progetto "Più Europa. Priorità della Presidenza spagnola dell'Unione Europea". Nella prima versione del Documento già pubblica, il tema della "Realizzazione degli obiettivi di Tampere" era inserito nella terza parte del programma, quella dedicata all'Impulso alle politiche comunitarie: anche in questa versione comunque il tema dell'immigrazione e dell'asilo era al primo punto della lista.
Evidentemente dopo il dibattito svoltosi a Laeken, il documento è stato perfezionato e meglio calibrato in funzione delle conclusioni del mandato che la Presidenza ha ricevuto dal Consiglio. Ora la "Realizzazione degli obiettivi di Tampere" è compresa all'interno della prima delle sei priorità che la Presidenza spagnola ha individuato come obiettivo di questi sei mesi per sé e come necessità per l'Unione: la Lotta al terrorismo in uno spazio di libertà sicurezza e giustizia.
Riporto il testo che ci interessa, all'interno per punto 1 delle sei priorità della Presidenza spagnola.
1.5 Realizzazione degli obiettivi di Tampere Il Consiglio europeo di Laeken ha ribadito il proprio impegno per quanto attiene alla creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Benché le attuali eccezionali circostanze esigano che si dia priorità alla sicurezza, la Presidenza spagnola si propone di compiere progressi in tutti i settori connessi con la realizzazione del mandato di Tampere. Così, per quanto riguarda lo spazio di libertà la Presidenza spagnola presterà particolare attenzione a che si progredisca nelle questioni per le quali l'avanzamento è stato di minore entità ai fini della definizione di una politica comune in materia di asilo e immigrazione. In particolare le proposte di direttive sulle disposizioni relative all'accoglienza, sulla definizione di "rifugiato" e sulle forme di protezione accessoria, nonché la proposta di regolamento relativa a una più efficace applicazione della convenzione di Dublino saranno compiti prioritari nel contesto della tematica riguardante l'asilo. In materia di immigrazione la Presidenza si sforzerà affinché sia adottata la proposta di direttiva sul ricongiungimento familiare e promuoverà un piano d'azione basato sulla comunicazione della Commissione sull'immigrazione clandestina.
Anche la Commissione europea è pronta a dare riscontro al mandato ricevuto. Anzi lo ha in qualche nodo anticipato e preparato, come è suo compito con la Comunicazione all Consiglio e al Parlamento europeo su una politica comune in materia di immigrazione illegale, che è stata approvata esattamente un mese prima di Laeken, il 15 novembre dello scorso anno. In precedenza in materia di immigrazione regolare, la Commissione ha proposto un'impostazione articolata su due livelli sul piano normativo, l'approccio suggerito è quello di una parziale armonizzazione delle regole nazionali relative alle "condizioni d'ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi ai fini dello svolgimento di un'occupazione retribuita e di attività di lavoro autonomo" [proposta di direttiva COM(2001) 386 dell'11 luglio 2001); su un piano più strettamente politico, invece, lo strumento proposto è un "metodo aperto di coordinamento" [comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, COM(2001) 387, 11 luglio 2001) che, oltre a garantire la trasparenza reciproca dei processi legislativi dei Quindici in materia di immigrazione, dovrebbe promuovere una più profonda coerenza tra politiche nazionali, attraverso l'approvazione da parte del Consiglio di Linee-guida pluriennali a cui gli Stati membri dovrebbero rispondere con Piani d'azione nazionali.
Potrebbe bastare questo quadro per dire che l'orientamento assunto anche dall'Italia in tema di immigrazione e asilo è quello di cercare di dare una rispota a livello europeo. Il disegno di legge Fini-Bossi quindi non rispetta le posizioni politiche che il nostro stesso governo ha sostenuto in Europa e quindi non può avere il parere favorevole della nostra Giunta per gli affari europei.
Qui non si tratta di anticipare la posizione europea per precostituire una materia di contenzioso. Semmai si tratta di collaborare direttamente con la Presidenza spagnola per arrivare a una normativa che corrisponda alla esperienza italiana.
Ad esempio l'Italia potrebbe perfezionare l'attuale sistema di ammissione per scopi economici che, con la sua marcata originalità, è per molti versi all'avanguardia in Europa. Ancora si potrebbe dotare finalmente il paese di un sistema di asilo equo ed efficiente.
Invece gli obiettivi strategici che si leggono nel disegno di legge sono esattamente nella direzione opposta: come dire che l'ambizione di fare da "motore" per rilanciare la comunitarizzazione, confermata a parole nel novembre scorso, è solo un esercizio diplomatico o - forse - un altro capitolo delle divergenze che hanno portato al licenziamento del ministro Ruggiero.
Infatti il disegno di legge si discosta in alcuni punti qualificanti dalle proposte presentate sinora dalla Commissione europea: limita, per esempio, a due anni la durata massima del permesso di soggiorno per lavoro, contro una durata massima di tre anni contemplata dalla Commissione; eleva a sei anni il periodo di soggiorno regolare che dà titolo al rilascio della carta di soggiorno, in contrasto con la soglia quinquennale fissata dalla proposta di direttiva sullo status dei cittadini di paesi terzi residenti di lungo periodo [COM(2001) 127 del 13 marzo 2001]; ma, soprattutto, il testo all'esame del Senato regola in maniera sbrigativa e particolarmente restrittiva il diritto d'asilo, a cui la Commissione ha invece consacrato un pacchetto di proposte assai completo e meditato.
In relazione a quest'ultimo punto, colpisce in modo particolare il rovesciamento del principio sostenuto dalla Commissione, in base al quale il ricorso contro la decisione che respinge una domanda d'asilo ha generalmente effetto sospensivo nei confronti del procedimento di espulsione. Il disegno di legge nega infatti tale effetto sospensivo al ricorso, in tutti i casi (che saranno, con ogni probabilità, la maggioranza) in cui venga applicata la procedura semplificata. E' vero che, nella relazione introduttiva, i proponenti del DDL 795 presentano le norme in questione come una soluzione provvisoria al "problema costituito dalla domande di asilo realmente strumentali " e rinviano una disciplina organica "a quando saranno definite le procedure minime, identiche per tutta l'Unione europea, attualmente in discussione a Bruxelles". Ma, data la difficoltà di legiferare in questa delicata materia e la complessità degli adeguamenti amministrativi che ogni modifica normativa impone, la strada scelta non convince. Il rischio che una normativa concepita come parziale e provvisoria diventi invece permanente - come avvenne nel 1990 con l'articolo 1 della "legge Martelli" - appare serio e concreto. Le conseguenze sarebbero gravi, non solo per l'efficienza del sistema italiano di asilo, ma anche per la credibilità del paese al tavolo della comunitarizzazione.
Un'ultima annotazione sui ricongiungimenti familiari: il diritto della persona a vivere con la propria famiglia è espressamente riconosciuto dall'articolo 8 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo.
In conclusione, riteniamo incomprensibile che di fronte alle unanimi valutazioni dei centri di ricerca e degli osservatori nazionali ed internazionali, secondo i quali è indispensabile un governo europeo delle migrazioni - idea ripresa dalla Commissione europea - sia stata scelta una "via italiana". Promuovere oggi una legge nazionale che contrasti i contenuti che sono stati anticipati dalle direttive europee fa emergere con molta chiarezza il rischio di isolamento che corre il nostro Paese.

23 gennaio 2002

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27 gennaio 2002
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