SCUOLA

Le Linee guida proposte dal governo alla discussione di base
La scuola fabbrica l'Italia
per i ragazzi che la frequentano

La prima verifica già con la imminente legge Finanziaria

di Tino Bedin

L'Italia torna a scuola. Non perché è settembre e riaprono gli istituti scolastici, ma perché la Scuola torna al centro del progetto comunitario. La vera novità delle "Linee guida di riforma" che il governo ha presentato in settimana - prima che nei contenuti della proposta - è nell'aver messo la riforma della scuola al centro dell'iniziativa politica. Una centralità che non è senza conseguenze anche nei contenuti e nel loro impianto. Il prevalente orientamento della scuola all'impresa - sostenuto dalla Destra italiana - viene rovesciato: è la scuola in se stessa che diventa fabbrica, fabbrica di futuro. È la scuola che produce lavoro, in quanto fabbrica l'Italia per i ragazzi che la frequentano.
Questa impostazione si coglie in molti punti delle Linee guida presentate dal Governo.

Insegnanti in primo piano. Cito solo la formazione degli insegnanti, fatta di competenze sulle materie e di competenze sulla funzione docente. Per questo il percorso universitario dei futuri docenti è previsto nella formula 3+2: tre anni di formazione universitaria disciplinare (Italiano, Matematica, Latino, Fisica e via imparando) e due anni di specializzazione per imparare ad insegnare le materie su cui ci si è preparati. Dopo la laurea, la formazione si completa con un tirocinio di sei mesi a scuola. L'intero percorso sarà abilitante e al concorso per giovani insegnanti si parteciperà con questo tipo di formazione.
In generale le Linee guida prestano un'attenzione specifica e diversificata per gli insegnanti: giusto, perché se la scuola è la fabbrica, bisogna che i "produttori" siano sufficienti, preparati, aggiornati, motivati, specializzati. A proposito di quest'ultima qualità, c'è nella proposta del governo la previsione di rivedere il ruolo e la funzione dell'insegnante di sostegno: novità positiva anche questa, dopo anni di politiche di centrodestra che nei fatti - se non nelle parole - ne hanno ridotto di molto la presenza.

Governo alla prova del bilancio. Ora il governo ha avviato una fase di ascolto di tutti coloro che hanno interesse alla scuola o vi lavorano. Durerà un paio di mesi e poi verranno presentate le proposte legislative vere e proprie. Bene anche questa procedura, non solo perché "per fare una buona scuola non basta solo il governo. Ci vuole un Paese intero", secondo la conclusione proprio delle Linee guida, ma anche perché già questi due mesi diranno se il governo intende ed è in grado di essere conseguente alle sue proposte. Questi sono infatti i mesi in cui si prepara il bilancio della Stato per il prossimo anno e quindi è il momento per dire quanto si vuole investire nella "fabbrica del futuro".
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi sta chiedendo a tutti i ministeri una riduzione della spesa del 3 per cento. Se lo chiederà anche al Ministero dell'Istruzione, già metterà di fatto in discussione le sue proposte: con il 95 per cento del bilancio dell'Istruzione vincolato al pagamento degli stipendi, si taglierà proprio quello che le Linee guida dicono che è necessario potenziare: le scuole aperte, la lotta alla dispersione scolastica, l'alternanza scuola-lavoro.

La prima scelta è la destinazione dei soldi. Il tema delle risorse finanziarie non è svolto nelle Linee guida e finché non ci sarà chiarezza su queste non sarà possibile discutere sul serio. Anche l'ascolto degli interessati organizzato dal governo rischia di essere un sondaggio sui desideri invece che la costruzione comunitaria di un progetto. Ad esempio, le Linee guida dicono che il governo vuole dare soddisfazione agli insegnanti: bene, ma non sarà facile, visto che sono i meno pagati d'Europa, hanno il contratto bloccato fino al 31 dicembre 2018, si propone di togliere gli scatti di anzianità ricavando da questo taglio le risorse per il merito, non prima comunque del 2019.
Un altro esempio, che riguarda ancora la legge finanziaria. Per legge l'organico funzionale della scuola non varia sulla base del numero di alunni ma sulla base delle risorse finanziarie disponibili: la norma è stata introdotta nella manovra finanziaria della primavera del 2012 nonostante la motivata opposizione del Partito Democratico. È una disposizione in chiaro contrasto con i diritti dei cittadini, prima ancora che con le nuove Linee guida del governo di oggi: si riuscirà a cancellarla nella Finanziaria prossima?
Il tema delle risorse finanziarie è dunque preliminare. Non perché si disegni la scuola sulla base dei soldi disponibili, ma perché la destinazione delle risorse finanziarie è il primo atto della programmazione politica.

Un sistema scolastico pluralistico. Altrettanto preliminare, ed egualmente quasi assente nelle Linee guida, è il tema del "sistema scolastico".
La proposta del governo riguarda esclusivamente la scuola di Stato. L'approccio è del tutto insufficiente e soprattutto non è da "fabbrica del futuro".
Il tema non è solo - e non tanto - quello della libertà educativa delle famiglie, che pure è rilevante e che una qualche risposta merita. È piuttosto quello della formazione come compito della comunità, di cui lo Stato è espressione decisiva ma non esclusiva. Ad un governo a guida del Partito Democratico si può chiedere di ripartire almeno da dove l'Ulivo era arrivato nell'ormai lontano 2001, quando finalmente il Parlamento aveva disegnato un sistema scolastico pubblico unitario, cui contribuivano le scuole statali e quelle paritarie, con obiettivi condivisi e proprie originalità. È ancor oggi un buon punto di partenza verso il futuro.

7 settembre 2014


sc-041
4 ottobre 2014
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Tino Bedin