i-s24

Una scheda dell’Ufficio studi del Senato
La parità scolastica
dalla Costituzione
alle scelte del centro-sinistra
Le date e i contenuti del dibattito parlamentare. La giurisprudenza costituzionale

Il dibattito sulla scuola non statale in Costituente
Gli articoli 33 e 34 della Costituzione hanno ad oggetto l’istruzione.
Essi furono approvati dall’Assemblea Costituente dopo un prolungato dibattito, che vertè in larga parte proprio sul tema scuola pubblica/scuola privata.
L’esposizione dei due relatori, Concetto Marchesi (PCI) e Aldo Moro (DC), evidenziava da subito la divaricazione tra orientamenti laici e cattolici su tale materia. La situazione si sbloccò solo nella seduta (dell’Assemblea plenaria) del 29 aprile 1947, con la presentazione ed approvazione di un emendamento, recante un testo assai prossimo all’attuale articolo 33 della Costituzione.
Il primo firmatario di quell’emendamento, Dossetti, così chiariva il significato attribuito alla proposta dalla sua forza politica: "Non abbiamo mai inteso con questo risolvere il problema di eventuali aiuti economici da parte dello Stato alla scuola non statale, ma garantire in modo concreto ed effettivo la libertà di questa scuola e la parità dei suoi alunni rispetto a quelli delle scuole statali". "Per potere dare però un chiarimento ulteriore, che non lasci nessun dubbio al riguardo e che significhi in modo tassativo che in questo testo noi intendiamo solo ottenere una assicurazione delle effettive libertà della scuola, noi abbiamo acceduto a che si sostituisca alla espressione "parità di trattamento", l’altra "equipollenza di trattamento scolastico", la quale intende riferirsi – precisava ancora Dossetti – specificamente alla equipollenza, cioè alla equivalenza a tutti gli effetti giuridica della carriera e dei titoli scolastici degli alunni delle scuole non statali di fronte a quelli delle scuole statali, senza che né la frase originaria né questa implicasse, nel nostro intendimento, o comunque, implichi la necessità di un obbligo finanziario a carico dello Stato".
In quella medesima seduta del 29 aprile, fu altresì approvato l'emendamento (a firma Corbino, Marchesi ed altri) recante la previsione "senza oneri per lo Stato". Il primo firmatario, intervenendo per chiarimenti sul testo, affermava:
"Perché noi non diciamo che lo Stato non potrà mai intervenire a favore degli istituti privati; diciamo solo che nessun istituto privato potrà sorgere con il diritto di avere aiuti da parte dello Stato. E' una cosa diversa: si tratta della facoltà di dare o di non dare".

Il dibattito parlamentare per una legge sulla parità scolastica
Nelle prime legislature repubblicane, iniziative legislative in materia di "parità" scolastica vi sono state in numero limitato e senza alcun esame parlamentare. Solo negli anni Ottanta si è avuto un avvio di discussione, esauritosi sempre dopo poche battute.
E’ dalla XII legislatura che si assiste a una più vivace iniziativa in questa materia, con la presentazione di diversi disegni di legge, peraltro non discussi presso il Senato così come presso la Camera dei deputati.

Una forte attenzione sul tema della parità caratterizza l’attuale XIII legislatura.
La 7a Commissione del Senato ha avviato l’esame in sede referente di undici disegni di legge (di cui uno, l’A.S. n. 2741, d’iniziativa del ministro Berlinguer), cui si sono aggiunti in corso d’opera altri due disegni di legge. In tutto sono dunque tredici disegni di legge (più alcune petizioni e voti regionali ad essi attinenti).
La 7a Commissione ha dedicato all’esame di tali proposte dieci sedute (la prima delle quali in data 11 marzo 1998). Ha inoltre deliberato la costituzione di un comitato ristretto.
Il comitato ristretto si è riunito ventisette volte. Di queste, quindici incontri sono stati dedicati all’audizione di trentasei soggetti, tra associazioni ed autorevoli rappresentanti del mondo della scuola.
I lavori del comitato ristretto si sono conclusi senza l’approvazione di un testo e senza la presentazione di un testo completo da parte del relatore. Questi ha peraltro presentato (nella seduta del comitato ristretto dell’8 aprile 1999) una proposta di articolato, comprensiva di una serie di disposizioni.
Di un dibattito così complesso e articolato, possono sinteticamente indicarsi quali principali profili trattati:
- requisiti delle scuole "paritarie";
- procedimento per il conseguimento della parità;
- effetti della parità;
- reclutamento del personale delle scuole "paritarie";
- libertà d’insegnamento;
- trattamento giuridico ed economico del personale;
- modalità di finanziamento.
Non mancano beninteso altri aspetti, quali le connessioni tra istruzione scolastica e formazione professionale.
Da più parti rimarcate come fondamentali per la impostazione di un disegno di legge sono state, prima ancora, la correlazione tra la disciplina della parità e il diritto allo studio, e l’esigenza di definire gli standard di qualità e di valutazione delle istituzioni scolastiche.

Alcuni profili maggiormente dibattuti
Elemento centrale del dibattito intervenuto è stato il seguente: deve, una legge sulla parità, far propria la concezione di un "servizio pubblico integrato" dell’istruzione?
Sul punto, si sono pronunciati a favore gli esponenti del mondo cattolico, contrari i rappresentanti dei gruppi laici e di esperienze religiose non cattoliche.
Una volta definiti gli standard qualitativi che gli istituti privati debbono assumere, numerose proposte individuano gli strumenti di ordine finanziario.
Gli strumenti astrattamente utilizzabili sono:
- buono scuola;
- agevolazioni fiscali;
- convenzione o contratto tra Stato ed istituto scolastico;
- retribuzione a carico dello Stato del personale.
Il buono scuola si configura come un titolo di credito personale e non cedibile, di ammontare pari (o percentuale) alla spesa per studente che annualmente è stata sostenuta.
Le agevolazioni fiscali possono assumere la forma del credito d’imposta, della deducibilità ai fini della determinazione del reddito e della detraibilità dell’imposta.
Ai sensi della legislazione vigente, attualmente sono detraibili dall’imposta per un importo pari al 19 per cento le "spese per la frequenza di corsi di istruzione secondaria e universitaria, in misura non superiore a quella stabilita per le tasse e i contributi degli istituti statali".

Quante sono le scuole non statali
Secondo le stime Istat più recenti - per altro riferite all’anno scolastico 1996-97 - la situazione della scuola non statale è la seguente:
- materna: 12.339 scuole; 672.141 alunni;
- elementare: 1.877 scuole; 203.016 alunni;
- media: 807 scuole; 68.551 alunni;
- superiore: 1.806 scuole; 159.277 alunni.

I finanziamenti destinati alle scuole non statali
Il bilancio dello Stato (stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione) reca taluni stanziamenti a favore della scuola non statale.
Per quanto riguarda la scuola materna (centro di responsabilità n. 10, secondo i nuovi criteri di stesura del bilancio), i fondi per gli interventi a favore delle scuole non statali (unità previsionale di base 10.1.2.1) sono passati dai 126 miliardi del 1997 (a consuntivo) ai 186 miliardi del 1998 (previsioni assestate) ai 406 miliardi per il 1999.
Per quanto riguarda la scuola elementare (centro di responsabilità n. 3), i fondi per gli interventi a favore delle scuole non statali (unità previsionale 3.1.2.1.) sono passati dai 108 miliardi del 1997 ai 148,9 miliardi del 1998. Il bilancio per il 1999 ribadisce lo stanziamento di 148,9 miliardi.
Per quanto riguarda la scuola media inferiore, nello stato di previsione del Ministero è previsto uno specifico centro di responsabilità dedicato all’istruzione media non statale (n. 8). In tale centro di responsabilità, oltre ai fondi per il funzionamento delle scuole (spese per il personale e per beni e servizi), sono presenti fondi specifici per gli interventi a favore delle scuole non statali, il cui ammontare è passato da 1 miliardo del 1997 a 10 miliardi nel 1998.
La legge di bilancio ne ha definito un aumento a 15,7 miliardi per il 1999.
La finanziaria ’99 (legge n. 449 del 1998) reca in Tabella A (fondo speciale di parte corrente) per il Ministero della pubblica istruzione i seguenti finanziamenti: 1.147,5 miliardi per il 1999; 1.823,2 miliardi per il 2000; 1.968,2 miliardi per il 2001.
Tali finanziamenti – precisava la relazione al disegno di legge finanziaria - sono finalizzati altresì alla parità scolastica (insieme con altri provvedimenti: elevamento dell’obbligo scolastico; interventi in materia di personale; soppressione dell’Ente Scuole Materne della Sardegna; riforma delle accademie e dei conservatori; riordino degli studi musicali; tutela delle minoranze linguistiche; compensi dei membri delle commissioni d’esame; integrazione scolastica dei non vedenti; compensi incentivanti e riqualificazione del personale; insegnamento di una seconda lingua comunitaria nella scuola media).

La giurisprudenza costituzionale
Alcune sentenze della Corte costituzionale hanno affrontato profili connessi all’istruzione non statale.
Libertà d’insegnamento: la Corte costituzionale si pronunciava in materia con la sent. n. 195 del 1975. La libertà d’insegnamento - affermava la Corte - è pienamente garantita nelle scuole ed università statali, incontra invece nelle scuole non statali e nelle università libere (pur se riconosciute persone giuridiche di diritto pubblico) limiti necessari a realizzare le finalità perseguite da tali enti. A queste conclusioni, rilevava la Corte, conduce proprio il principio posto dall’articolo 33 della Costituzione, del pluralismo scolastico.
Pertanto, nel caso in esame (in cui un professore presso università non statale era stato privato della cattedra), "risulta di tutta evidenza che, negandosi ad una libera università ideologicamente qualificata il potere di scegliere i suoi docenti in base ad una valutazione della loro personalità e negandosi alla stessa il potere di recedere dal rapporto ove gli indirizzi religiosi o ideologici del docente siano divenuti contrastanti con quelli che caratterizzano la scuola, si mortificherebbe e si rinnegherebbe la libertà di questa, inconcepibile senza la titolarità di quei poteri. I quali, giova aggiungere, costituiscono certo una indiretta limitazione della libertà del docente, ma non ne costituiscono violazione, perché libero è il docente di aderire, con il consenso alla chiamata, alle particolari finalità della scuola; libero è egli di recedere, a sua scelta, dal rapporto con essa quando tali finalità più non condivida".
Assistenza scolastica (ch’è materia su cui si esercita la competenza legislativa delle regioni, ai sensi dell’articolo 117 Cost.): con la sent. n. 36 del 1982 e l’ord. n. 668 del 1988, la Corte riconosceva la legittimità costituzionale di talune disposizioni legislative regionali, cui conseguivano la omessa estensione del trasporto gratuito agli alunni di scuole elementari non statali diverse da quelle autorizzate ovvero della fornitura gratuita di libri di testo agli alunni di scuole medie non statali la cui frequenza non fosse gratuita.
Materia tributaria: la Corte si pronunciava con l’ord. n. 556 del 1987, riconoscendo la legittimità della norma che comprendeva tra gli oneri deducibili dal reddito complessivo tassabile con l’IRPEF, le spese per frequenza di corsi di istruzione in misura non superiore a quella stabilita per le tasse e i contributi degli istituti statali (ndr: detta disposizione, secondo la normativa attuale, vige in riferimento alla detraibilità - non più deducibilità - di tali oneri).
Scuola non statale: talune indicazioni di massima reca la sent. n. 180 del 1988, con cui la Corte si pronunciava su norma avente ad oggetto il reclutamento di docenti di educazione fisica incaricati, sprovvisti di abilitazione.
Da ultimo, la sent. n. 454 del 1994 ha riconosciuto illegittimo, per contrasto con il principio di eguaglianza, un articolo di legge poi trasfuso nel testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione, "nella parte in cui esclude dalla fornitura gratuita dei libri di testo gli alunni delle scuole elementari che adempiono all’obbligo scolastico in modo diverso dalla frequenza presso scuole statali abilitate a rilasciare titoli di studio aventi valore legale".
"Posto che l’obbligo scolastico può essere adempiuto in modi diversi dalla frequenza delle scuole pubbliche o di quelle private abilitate a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, è ingiustificatamente discriminatoria l'esclusione di chi l'assolva in uno dei modi diversi da tale tipo di frequenza da una provvidenza destinata non alle scuole bensì direttamente agli alunni e quindi in connessione con l’obbligo scolastico, il cui adempimento non è necessariamente legato alla frequenza solo delle scuole pubbliche o di quelle autorizzate a rilasciare titoli di studio aventi valore legale".

a cura di Luca Borsi

Articolo 33 della Costituzione
L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sulla istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
E' prescritto un esame di Stato per la ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

Articolo 34 della Costituzione
La scuola è aperta a tutti.
L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

 


13/08/1999
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