SALUTE
Tramite la spending review c'è chi mira ad orientare la domanda verso il settore privato
Per la salute serve un'idea dell'Italia,
non un'ideologia di cassa

Mantenere e potenziare l'assistenza sanitaria è un antidoto potente alla crisi

Pubblichiamo un estratto dell'articolo "W la Spending review! W il Servizio Sanitario Nazionale!" pubblicato mercoledì 11 luglio 2012 da Marco Geddes in Saluteinternazionale.info dove è disponibile il testo integrale dell'articolo. La titolazione di questo estratto è della redazione di Euganeo.it
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di Marco Geddes

Nella intenzione di una parte del governo e delle forze politiche, tramite la spending review, si mira ad una ridefinizione dell'intervento pubblico con la finalità di orientare la domanda verso il settore privato dell'economia. Si riaffaccia l'idea, ma meglio definirla l'ideologia, che la soluzione dei problemi e dei costi della sanità sia da ricercare ampliando lo spazio del privato e non tanto in termini di erogatori, ma di gestori - finanziatori del sistema. Non importa se i dati dicono il contrario, se le regioni in cui la presenza del privato è maggiore - come il Lazio - sono quelle in cui la spesa è più elevata e sono soggette a manovre di rientro, se la spesa pro-capite in Italia è inferiore del 40% rispetto a Francia e Germania (uno spread al contrario); se il libero mercato nella sanità non ottimizza il funzionamento per una asimmetria dell'informazione, come riconoscono i maggiori economisti e anche dirigenti di grandi gruppi industriali e farmaceutici.
L'ideologia è - appunto - senza necessità di riferimento ai dati di fatto!

I tagli generici, decisi centralmente, e i nuovi ticket, già disposti dalle ultime manovre finanziarie, compromettono il diritto costituzionale alla salute e all'assistenza. I ticket peraltro non hanno più una funzione di contenimento della domanda, ma si pongono unicamente come una imposta al consumo, che, data l'entità che assumono per varie prestazioni in relazione anche al reddito, esortano i soggetti a orientarsi verso l'offerta privata, che appare spesso più vantaggiosa.
La riduzione del 5% delle spese in servizi di supporto, imposta dal Decreto "spending review", che comprendono ad esempio i trasporti, le pulizie e la sanificazione, la gestione impiantistica delle strutture sanitarie, gli interventi ordinari, perpetua un antico vizio italico contro il quale si è - inutilmente battuto - un economista quale Andreatta che era solito esclamare "Lo vuol capire o no che i problemi dell'economia sono essenzialmente problemi di manutenzione" e nella manutenzione mancata di grandi e piccole cose di ogni giorno c'è la metafora etica di un Paese.
Un intervento che parte dalla riduzione del finanziamento della sanità, comporta una riduzione solo temporanea della spesa (pubblica), tagliando dove vi sono meno resistenze, dove i poteri di interdizione sono più deboli e non introduce risparmi strutturali.
Il quadro si completa - negativamente - con la ormai pressoché totale assenza di politiche sociali, che alle problematiche sanitarie sono strettamente connesse. Pochi dati sono sufficienti ad illuminare il "disastro" in cui versa tale settore dell'intervento pubblico: per la famiglia le risorse in percentuale rispetto al PIL ammontano all' 1.4% (UE 2,3%); per disoccupazione 0.8% (UE 1.8%); per le politiche abitative 0.0% (UE 0.6%); per la esclusione sociale 0.1% (UE 0.4%) !

Cosa dovrebbe quindi proporre una spending review finalizzata a rinforzare il servizio sanitario nazionale e renderlo compatibile con i problemi economici della nazione nei prossimi anni?
In primo luogo assumere come finalità tale obiettivo, con la consapevolezza che in un periodo di crisi economica, di difficoltà per larga parte della popolazione italiana, di riduzione dei consumi (con conseguente "avvitamento" della crisi, della produzione interna, della occupazione), un antidoto potente è quello di mantenere e potenziare la assistenza sanitaria. Il sistema sanitario nazionale inglese fu concepito proprio negli anni successivi alla grande crisi, come risposta in difesa dei bisogni fondamentali della popolazione e di garanzia in momenti di difficoltà assistenziale ed economica, proprio per facilitare la ripresa dei consumi, la coesione sociale, la fiducia collettiva. Analoghi propositi hanno guidato il presidente Obama negli Usa: proteggere i bilanci familiari, evitare bancarotte familiari per motivi sanitari, mantenere la potenzialità di spesa delle famiglie, tutelate rispetto a una problematica assistenziale sotto il profilo economico.

Il tema che abbiamo di fronte è: come usciamo da questa crisi?
Con la consapevolezza che l'universalismo si basa sul rigore; che lo si mantiene se vi è la capacità di combattere diritti acquisiti e privilegi consolidati; che dobbiamo intraprendere una operazione di revisione della spesa che richiede il bisturi e non l'accetta e in particolare che necessita di una idea del Paese, e non una ideologia di cassa.

11 luglio 2012


15 luglio 2012
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