RASSEGNA STAMPA

Il Sole 24 Ore
5 dicembre 2003
di Transatlanticus

Conti che non tornano
Copertura fantasma per l'allargamento Ue
L'Esecutivo scioglie i dubbi sollevati in commissione Bilancio a Montecitorio, ma il nodo dei costi aggiuntivi resta

Un brivido di paura ha percorso le schiene della commissione Bilancio della Camera. Era il dì 12 novembre 2003 ed era addivenuto all'esame della commissione il disegno di legge 4292 di iniziativa del Governo, che ratifica il trattato di adesione all'Ue dei dieci Paesi che il 1^ maggio 2004 verranno a far parte dell'Unione.
"Oggi è un grande giorno per l'Europa", si legge nella dichiarazione firmata dai plenipotenziari ad Atene il 16 aprile di quest'anno, quando fu siglato il trattato. Ma gli arcigni membri della commissione Bilancio non si commuovono, giustamente. Loro devono controllare i conti ed essere sicuri che fra le pieghe delle leggi - anche di quelle che descrivono "un grande giorno per l'Europa" - non si annidino nuove e maggiori spese. Con il che desta sensazione il presidente del comitato pareri Gaspare Giudice quando osserva che gli stanziamenti di impegno supplementari connessi all'allargamento, nel bilancio comunitario, sono pari a ben 40 miliardi e 854 milioni di euro. E aggiunge che la relazione illustrativa precisa come l'onere a carico dell'Italia sia quantificabile in 5 miliardi e 720 milioni, dato che l'Italia contribuisce al bilancio Ue per il 14 per cento.
Quasi 6 miliardi sono tanti. Chi paga? La relazione illustrativa del Governo dice che si provvederà con gli stanziamenti assegnati dalla legge finanziaria (e fa un errore perché gli stanziamenti sono assegnati nella legge di bilancio). Ora, lo stanziamento del 2004, in crescita di un modesto 6,5% (900 milioni) sul 2003, certo non può accomodare il miliardo e mezzo in più (il 14% di quegli 11,1 miliardi aggiuntivi che costituiscono la quota 2004 dei 40,854 miliardi del triennio). Insomma, il trattato internazionale non si può ratificare perché manca la copertura finanziaria. "In merito a tali profili", conclude Giudice dignitosamente "appaiono pertanto necessari chiarimenti da parte del Governo".
Il sottosegretario Manlio Contento farfuglia qualcosa sugli "obblighi di carattere internazionale", mentre Gustavo Selva, in qualità di presidente della commissione Esteri, sottolinea l'urgenza di approvare in tempi rapidi il provvedimento, "anche per evitare che le istanze europeiste, che tutti dichiarano di condividere, possano rimanere a livello di mero proclama". Ma Giudice, tenace mastino dei conti, osserva che "le esigenze di carattere politico debbono coincidere necessariamente con la sussistenza dei presupposti di carattere tecnico". Si rinvia all'indomani. E l'indomani arriva la relatrice Daniela Garnero Santanchè, la quale riferisce di non esser in possesso di nuovi elementi e chiede al rappresentante del Governo se sia in grado di fornire alla commissione i chiarimenti richiesti. Il sottosegretario all'Economia Maria Teresa Armosino fa presente che il Governo è orientato a richiedere un rinvio dell'esame del provvedimento.
Insomma, il Governo allarga le braccia. Fortunatamente il 25 novembre il sottosegretario Giuseppe Vegas rassicura tutti dicendo che le spese di allargamento erano già incluse nella legislazione vigente. L'equivoco che ha seminato panico e incertezza nasce dalla pedestre e inesatta osservazione della relazione illustrativa che, sotto il titolo di "implicazioni finanziarie per l'Italia", aveva riportato la famosa frase secondo cui ci sono 5 miliardi e rotti a nostro carico. Ma la relazione ha dimenticato di dire che l'allargamento porta anche a nuove entrate, dato che i dieci contribuiranno anch'essi al bilancio comunitario. Tutto questo, però, non tranquillizza più di tanto: primo, i nuovi Paesi contribuiranno dalla data di accessione (1^ maggio) ma avranno diritto agli esborsi comunitari a partire dal 1^ gennaio; secondo, anche se loro dovessero contribuire quanto gli altri Paesi, cioè con il tetto massimo dell'1,25% del Pil, il loro contributo sarebbe circa la metà delle maggiori spese comunitarie. Insomma, c'è un problema sostanziale di copertura, a livello italiano ed europeo, che è stato spazzato sotto il tappeto dell'approvazione di bilanci comunitari che non sono sottoposti ai rigori delle commissioni parlamentari di bilancio nazionali.
Tutto questo non vuol dire che l'allargamento sia una cattiva cosa; al contrario, è una grande e corretta decisione storica. Ma vuol dire che quando si fanno i conti bisogna dire pane al pane e vino al vino...

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18 dicembre 2003
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