De Palacio: se la Francia non ci sta, l'Ue non può farci nulla Quinto corridoio, è come un vicolo cieco L'Unione aumenterà al 30% i contributi per le infrastrutture ma taglia l'elenco
Il quinto corridoio europeo? La progettazione non è matura, rimane a uno stadio troppo arretrato. Non esiste un solido accordo fra Italia e Francia, e men che meno fra Italia e Slovenia. Conseguenza: il corridoio destinato a collegare Lione, Torino, Trieste, Lubiana e poi l'Ucraina non rientrerà nel lotto delle massime priorità. Fra i dieci progetti che l'Unione europea a dicembre porrà all'immediata esecuzione non figurerà l'asse transpadano. Loyola De Palacio, commissario europeo ai trasporti, non ha usato espressioni tanto secche. Ma tale è l'orizzonte che ha indicato. A margine del summit dei ministri ai trasporti dei paesi membri dell'Ue, ieri riuniti a Verona, Loyola De Palacio ha a lungo discusso in conferenza stampa dei destini dell'asse Lione-Kiev. De Palacio ha ricordato che il quinto corridoio rientra nella lista delle 29 infrastrutture ritenute prioritarie dai rappresentanti dei 27 paesi europei chiamati a disegnare la trama infrastrutturale del Vecchio Continente da qui al 2020. "Ma non è possibile iniziare i lavori per tutti i 29 interventi in questione - ha avvertito De Palacio - occorrerà valutare quali siano i progetti più maturi e avanzati. Riguardo all'asse Lione-Torino, dipenderà anche dalla volontà di Francia e Italia. Se la Francia non vuole o non può o non ha fatto i cronoprogrammi per iniziare subito i lavori, noi come Unione europea non possiamo farci nulla. Se non ci sono i paesi che spingono, noi non possiamo farci nulla. Dobbiamo prenderne atto". L'espressione ipotetica usata da De Palacio va contestualizzata. Al commissario europeo, mentre il ministro alle Infrastrutture italiano Pietro Lunardi discuteva assieme ai colleghi europei nel salone accanto, è stato chiesto se non vedesse un indizio di distonia fra la previsione italiana di completare l'asse Lione-Torino al 2015 e quella francese di terminare i cantieri al 2020. De Palacio ha assentito, in qualche modo è parsa prendere atto che il versante francese non pone particolare enfasi sulla realizzazione del quinto corridoio europeo. Tanto più tale aspetto appare dirimente quando si tenga conto di un ulteriore aspetto. A De Palacio è stato chiesto anche se a suo avviso la Francia non stia in effetti puntando sul corridoio Strasburgo-Stoccarda-Vienna e se tale progetto non sia più "maturo" rispetto a quello del quinto corridoio. Il commissario europeo s'è limitata a un generico "non so", fra diplomazia e imbarazzo. Se la situazione mantiene un margine di incertezza sul versante Ovest, sul lato orientale il deserto progettuale e delle intese inter-governative è noto. Non esiste alcun progetto sull'ammodernamento della tratta Trieste-Lubiana, che mantiene strutture ottocentesche. L'intesa italo-slovena firmata da livello governativo 5 anni fa per promuovere lo studio di questo asse è rimasta lettera morta. A parte gli aspetti diplomatici, il commissario europeo ha sottolineato ieri che "la volontà dei singoli paesi è essenziale pure sotto l'aspetto finanziario". De Palacio intende dire che, accanto al contributo dell'Ue, accanto all'intervento finanziario della Bei o di capitali privati, rimane comunque indispensabile una cospicua iniezione di risorse statali. L'Unione europea sta valutando se innalzare dal 10% al 30% la quota del proprio contributo ai progetti prioritari, la Bei può assicurare mutui con arco trentennale. La Bei sta inoltre sviluppando un fondo di garanzia per i capitali privati investiti in opere pubbliche. Un fondo di garanzia a copertura di rischi non commerciali. Quali sarebbero i rischi non commerciali? De Palacio senza remore parla di "rischi politici", ossia dell'alea connessa a lungaggini, cambi di rotta e trabocchetti vari possibili a Palazzo. Un punto chiave consiste comunque nei denari a disposizione. "Se non ci sarà un fondo europeo ricco - dice De Palacio - sarà molto difficile convincere i singoli paesi a fare la loro parte. Ma è pure vero che sarà possibile passare dalla carta dei progetti alla realtà solo se ci saranno capitali privati e fondi statali". E qui viene in causa il tema della prospettiva di medio periodo. Immaginando che l'Unione europea innalzi la soglia del proprio contributo, ne deriva che i progetti di non immediata attuazione non troveranno più fondi nelle casse di Bruxelles quando sarà tempo per loro di andare in cantiere? In questo senso De Palacio ha speso parole di conforto, segnalando di avere chiesto agli organi comunitari di aumentare i fondi per le infrastrutture dagli attuali 600 miliardi a 4.500 miliardi di euro. Passerà la richiesta?
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