RASSEGNA STAMPA

Il Sole 24 Ore
3 ottobre 2003
di Adriana Cerretelli

L'Unione del futuro - Si apre domani a Roma la Conferenza intergovernativa che dovrà varare il testo finale della Costituzione Ue
I "piccoli" all'assalto della Carta europea
Spagna e Polonia chiedono più peso nei confronti dei "grandi" - Berlusconi: "Mi auguro di trovare la formula giusta per l'unanimità"

"Non posso che augurarmi di trovare la formula giusta per arrivare all'unanimità necessaria per l'approvazione del Trattato costituzionale": alla vigilia della Conferenza intergovernativa (Cig) sulle riforme europee Silvio Berlusconi, presidente di turno dell'Unione, contrariamente alle sue abitudini, si è rifugiato nel burocratese per dire e non dire sull'incerto esito di un appuntamento storico dal quale dipende il futuro della nuova Europa dei 25 e oltre.
Quando, dopo 16 mesi di intense discussioni, la Convenzione presieduta da Giscard d'Estaing aveva infine presentato a metà giugno la sua bozza di Trattato all'insegna di un larghissimo consenso, molti si erano illusi che i giochi fossero in pratica già fatti, che la Cig sarebbe stata breve perché i Governi si sarebbero, salvo qualche piccolo correttivo, limitati a prenderne atto apponendovi sopra il loro unanime imprimatur.
I primi ad illudersi erano stati i grandi Paesi, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia e presidenza di turno relativa, appoggiati dal Benelux. E dall'Europarlamento. Da allora tutti infatti non hanno mai smesso di lanciare messe in guardia sui rischi di riaprire la bozza Giscard rompendone i delicatissimi equilibri. Definendola in sostanza un compromesso senza credibili alternative.
Nella vecchia Unione il verdetto compatto e senza appello dei Grandi e dell'asse franco-tedesco, sarebbe bastato a chiudere la partita e la bocca degli scontenti. Ma l'Unione non è più la stessa. L'allargamento a Est ne sta profondamente cambiando i connotati e gli equilibri interni. E la Cig che comincia domani a Roma ne è la più plateale dimostrazione. Formalmente i 10 nuovi Paesi dell'Est e del Sud aderiranno all'Unione soltanto il 1^ maggio prossimo. Di fatto, dopo essere stati cooptati nei lavori della Convenzione, parteciperanno alla conferenza sulle riforme con gli stessi diritti (di voto) di tutti gli altri. E visto che il nuovo Trattato andrà approvato all'unanimità, il loro accordo è essenziale: per concludere la Cig in tempo per sottoporne il risultato alle europee del giugno prossimo ma soprattutto per ottenere poi le 25 ratifiche nazionali indispensabili per farlo entrare in vigore.
"Il sistema di voto proposto dalla Convenzione è inaccettabile perché pernicioso per il futuro dell'Unione e perché in pratica elimina l'equilibrio fondamentale tra Stati che è sempre esistito in seno al Consiglio europeo": Spagna e Polonia si barricheranno a Roma dietro questa dichiarazione comune. Che in definitiva è un'autentica dichiarazione di guerra ai Grandi: "L'accettazione del nuovo sistema impoverirebbe l'Unione riducendo radicalmente il peso degli Stati meno popolosi e, di conseguenza, l'influenza della maggioranza degli Stati dell'Unione".
In parole povere il problema è il seguente: l'attuale sistema, varato tre anni fa a Nizza, riconosce 29 voti ai 4 Grandi e nientemeno che 27 a Spagna e Polonia con il risultato che i loro poteri d'interdizione, grazie all'alleanza con la costellazione dei medio-piccoli (che sono 19 contro 6) è altissimo. Con il nuovo sistema, che introduce la doppia maggioranza (la metà più uno degli Stati e il 60% della popolazione) tutto l'impianto decisionale si semplifica ma il potere ispano-polacco precipita in quanto entrambi i Paesi hanno una popolazione che è la metà di quella tedesca e due terzi di quella di Francia, Gran Bretagna e Italia. "Non accetteremo diktat" ha tagliato corto il ministro degli Esteri spagnolo Ana de Palacio. Non accetteremo direttòri di nessuno, ha rimbeccato il suo collega polacco.
Il nuovo asse ispano-polacco è la grana più grossa che la Cig si ritroverà a dover risolvere. L'altra riguarda la composizione della Commissione europea. La proposta di trasformarla in un collegio più snello ed efficiente è bocciata dalla coalizione dei piccoli Paesi capeggiata da Finlandia e Austria. "Un commissario per Paese" è la loro parola d'ordine, altrettanto perentoria e non negoziabile, in nome del sacrosanto principio dell'eguaglianza tra gli Stati dell'Unione.
Se non si troverà una risposta accettabile alle rivendicazioni di Madrid e Varsavia, che non molleranno sull'attuale mappa del potere anche perché sanno che solo così potranno davvero difendere la loro quota nella torta dei futuri aiuti regionali europei, ben difficilmente la Cig riuscirà a chiudere in tempi ragionevoli. Ma se si accontenteranno Spagna e Polonia, insieme alla coalizione dei piccoli, l'Europa si ritroverà con un sistema istituzionale inadeguato a garantirle la governabilità. É questo il grande dilemma che ipoteca il difficile avvio della Conferenza di Roma.

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3 ottobre 2003
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