RASSEGNA STAMPA

Il Sole 24 Ore
9 novembre 2002
di Adriana Cerretelli


Se l'Europa frana sulla questione turca
Una crisi d'identità pesa su un'Unione che si allarga e si fa sempre più eterogenea

Da anni una questione turca si aggira irrisolta per l'Europa. Tra il tentativo generale di ignorarla. Dopo la schiacciante vittoria del partito islamico di Recep Tayyip Erdokan rischia di diventare, se possibile, anche più spinosa. A riprova, le scintille di ieri.
Turca, in realtà, la questione è solo in apparenza. Di fatto è tutta e squisitamente europea. E non solo e non tanto perchè al prossimo vertice Ue di Copenhagen in dicembre probabilmente l'Unione dovrà decidere se e quando fissare la data di inizio dei negoziati di adesione della Turchia. Quanto perché la politica della porta aperta ad Ankara automaticamente ne può, in prospettiva, spalancare molte altre: ai paesi del Maghreb (il Marocco si è già candidato), del Medio Oriente, del Caucaso... del l'Africa nera. Per non parlare di Ucraina, Russia, Mongolia, Kazakstan, Kirghisistan...
Gli americani premono da sempre, ma dopo la caduta del Muro di Berlino la loro insistenza si è ancor più accentuata, perché l'Unione accolga in famiglia il bastione sud-orientale della Nato, il fedele alleato islamico sì ma europeizzato da Kemal Ataturk ormai quasi un secolo fa.
Gli europei hanno sempre nicchiato, cercando soluzioni di ripiego come gli accordi di associazione. Di fatto concedendo però ogni volta qualcosa di più. Avendo in mano la soluzione del problema di Cipro e della definitiva normalizzazione dei rapporti con la Grecia, oggi la Turchia ha già qualcosa da dire nell'imminente processo di allargamento a Sud-Est del l'Unione. L'ansia della Germania di Schroder di recuperare buoni rapporti con gli Stati Uniti, dopo le troppe intemperanze verbal-diplomatiche della recente campagna elettorale, potrebbe d'altra parte contemplare, tra i prezzi politici da pagare, anche quello della fissazione immediata, a Copenaghen appunto, di una data chiara per lanciare i negoziati di allargamento anche alla Turchia.
Ma può l'Europa far cadere il Muro di Istanbul senza guardarsi seriamente allo specchio per decidere chi è, fin dove vuole crescere e per fare esattamente che cosa? Può, dopo la riunificazione tedesca e quella continentale, varcare indenne la nuova frontiera del Mediterraneo per spingersi sempre più a Sud-Est ricalcando le orme di Alessandro il Grande, di Scipione, Antonio e Pompeo senza una volontà militar-imperialista ma con la sola forza delle armi della democrazia e dell'economia sociale di mercato? Davvero, in definitiva, l'Europa è un elastico che si può tendere dovunque e all'infinito senza rischiare di romperlo, senza provocare effetti boomerang?
Volenti o nolenti, aprendo la porta d'Oriente e dell'Islam, la questione turca mette l'Unione con le spalle al muro, la costringe a definire una volta per tutte la propria identità. Già nel passaggio dall'originaria Europa dei Sei a quella attuale dei Quindici, la moltiplicazione delle diversità cultural-storico-politiche ha avuto effetti paralizzanti e "destrutturanti" che sono sotto gli occhi di tutti. Il salto verso l'Europa dei Venticinque appesantirà ulteriormente, e in misura senza precedenti, l'equazione delle troppe eterogeneità da governare: anche qualora si escogitassero alla fine meccanismi e istituzioni (per ora inestistenti) all'altezza della rivoluzione annunciata.
Ma l'abbraccio con Ankara comporterà una svolta ancora più radicale, il via all'integrazione con un paese che inevitabilmente calamiterà verso l'Unione tutto il mondo che le gravita intorno. Oggi per ottenere il biglietto di ingresso nel l'Unione bisogna dimostrare di ottemperare a una serie di criteri politici ed economici come democrazia, rispetto dei diritti umani, economia di mercato. Ma domani? Basterà la discriminante dei criteri attuali o non sarebbe il caso di riflettere seriamente, oltre che sulla futura personalità giuridica dell'Unione come sta facendo l'attuale Convenzione Ue sulle riforme, anche sul problema dell'identità e dei confini europei?
Certo non è facile selezionare i precisi caratteri che fanno l'Europa per le complesse stratificazione di storia, geografia, cultura, religioni, tradizioni e valori su cui è nata, si è sviluppata ed è creciuta. Nè è facile individuare discriminanti certe. Di sicuro però non si può continuare a rimandare il problema. O peggio continuare a ignorarlo. Perchè se davvero si crede all'Europa e al suo futuro, si deve anche avere il coraggio di decidere quale Europa consegnare alle generazioni future. La distinzione tra Oriente e Occidente, tra mondo cristiano e islamico, deve saltare nell'era globale? Benissimo, basta deciderlo, comunicarlo e sapere dove si vuole andare. L'unica cosa che non si può fare è continuare a far finta che siamo tutti europei. Anche perchè molti altri che aspireranno all'ingresso, europei non si sentono e quasi certamente non vogliono nemmeno diventarlo.

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24 novembre 2002
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