RASSEGNA STAMPA

Corriere della Sera
31 marzo 2006
di Pietro Scoppola


Quei principi non negoziabili fra lo Stato e la Chiesa

Che vi siano in politica principi non negoziabili, che vi sia cioè qualcosa, anche nella politica, che non è soggetto alla legge dello scambio, al "negozio" appunto, per il quale si dà una cosa in cambio di un´altra, è affermazione di grande rilievo culturale e morale e, a mio avviso, assai consolante.
Di fronte allo spettacolo miserando di una politica in cui tutto è oggetto di scambio mi sembra preliminarmente importante raccogliere il significato universale di questa affermazione di Benedetto XVI che dovrebbe vedere unite tutte le coscienze sensibili ai valori morali: sarebbe ben triste una società in cui affermazioni del genere non risuonassero più!
Che il Papa, ricevendo i parlamentari del Partito popolare europeo, abbia indicato fra i principi non negoziabili il valore della vita umana, la famiglia e il diritto dei genitori alla educazione dei figli mi sembra d´altra parte assolutamente normale, per non dire scontato.
Purtroppo scontate sono anche le prime reazioni nelle quali da destra, come, in senso opposto, da parte di esponenti radicali, su quei principi si impianta un "negozio" elettorale: così per far solo un esempio gli esponenti di quella stessa Lega che a suo tempo promosse un rito paganeggiante sulle acque del Po ora inneggiano alle affermazioni del Papa e le usano polemicamente contro l´Unione nel cui programma, arrivano a vedere una "beffa delle radici cristiane dell´Europa". Dal lato opposto, se la Bonino, con maggiore sensibilità, prende atto "con qualche soddisfazione" delle parole del Papa, non manca chi, per una esasperata affermazione di identità e con rara insensibilità al clima preelettorale, denuncia l´incompatibilità fra ipotetici privilegi riconosciuti alla Chiesa dal Concordato del 1984 e i suoi interventi nella politica italiana.
E si eludono così tutti i problemi di fondo che le affermazioni del Papa implicano.
Si lascia in ombra il limpido richiamo, nel suo discorso, alla realtà integrata e "polifonica" del continente europeo che può essere arricchita dalla tradizione cristiana. L´Europa è una realtà polifonica proprio perché segnata da una tradizione di cultura laica polemicamente intrecciata con la tradizione cristiana. Questo intreccio rappresenta a sua volta un dato non negoziabile, nel senso che è una realtà con la quale non si può fare a meno di misurarsi.
Anche la storia, a suo modo, non è negoziabile.Questo significa che quei principi non negoziabili devono vivere ed esprimere tutta la loro potenzialità in un contesto democratico, misurandosi con diverse culture e con diverse visioni del mondo. Il che è possibile solo nel quadro di un corretto rapporto fra lo Stato e la Chiesa. Penso che per definire questo rapporto non basti il richiamo formale e alla fine nominalistico al principio di laicità e al fondamentale primo comma dell´articolo 7 della nostra Costituzione: "lo Stato e la Chiesa sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani".
Quella norma ha molte implicazioni: implica anzitutto il riconoscimento del rilievo del fatto religioso a livello istituzionale ed esclude perciò un suo riconoscimento come mero fatto di coscienza; esclude di conseguenza una concezione della laicità "alla francese"; evoca piuttosto il modello americano in cui la religione è fattore essenziale per la costruzione del tessuto etico che fonda la democrazia. Per altro verso quell´articolo non dice nulla – e non poteva farlo senza contraddirsi – per quanto riguarda la competenza sulle competenze, e cioè su chi, in caso di contrasto, deve decidere sulle rispettive sfere di competenza, e lascia dunque alle parti stesse il compito di definire i rispettivi ambiti, il che esige un clima di collaborazione se si vuole evitare che i conflitti mettano in crisi il principio stesso che ispira quella norma costituzionale. Di fatto è a un principio di collaborazione che il concordato del 1984 si richiama, rendendo così esplicita una esigenza implicita nel sistema.
La questione si è fatta più complessa negli ultimi anni di fronte a problemi che coinvolgono appunto valori ritenuti "non disponibili" dall´una o dall´altra parte, come accade ad esempio quando, in tema di aborto, si trovano a fronte il richiamo al valore della vita da un lato e alla libertà di scelta della donna dall´altro.
Se vale il principio, cui sopra facevo cenno, di un sistema di rapporti fra lo Stato e la Chiesa che esige un clima di collaborazione per la definizione dei rispettivi ambiti, si dovrebbe prima di tutto tenere ben distinti i valori dagli interessi. In concreto non si possono mettere sullo stesso piano ad esempio l´esenzione dall´Ici e la intransigente difesa del valore della vita umana.
Quando gli interessi vengano proposti in termini non coerenti con i principi di uguaglianza e di laicità dello Stato la difesa di questi principi potrà essere tanto più ferma quanto più ci si sia mostrati attenti, sensibili e dialoganti di fronte a quanto la Chiesa propone come valore. La indiscutibile competenza dello Stato in campo legislativo, in nome della quale si contestano talvolta gli interventi della Chiesa, non cancella il nesso che sempre esiste fra profilo etico e profilo legislativo: certo il punto di vista del giudizio etico è diverso da quello del politico, il peccato è altra cosa dalla violazione della legge, ma questa distinzione fondamentale per lo Stato moderno non rende irrilevante l´etica nella vita pubblica. La distinzione non è reciproca irrilevanza. Di qui la necessità del dialogo e del confronto tutte le volte che si affrontano temi che, sia pure da punti di vista diversi, investono la competenza dei due poteri.
Il carattere non negoziabile di certi valori rimane integro per il cattolico impegnato in politica, ma rimane integra per lui anche la realtà storica. La sfida allora, alla quale i costituenti cattolici seppero rispondere egregiamente nel 1946, è quella di esprimere quei valori non negoziabili in termini culturalmente aderenti al dato non negoziabile della storia.
Mi pare che il discorso di Benedetto XVI implichi una profonda riflessione sulle condizioni attuali della presenza cattolica in Europa e nel nostro paese ben al di là delle utilizzazioni strumentali che negano in radici la bella immagine di ciò che non è negoziabile.

sommario

2 aprile 2006
rs-06-020
scrivi al senatore
Tino Bedin