RASSEGNA STAMPA

Corriere della Sera
28 marzo 2006
di Renato Ruggiero


Berlusconi e Prodi, non dimenticate i poveri

La grande forza di attrazione che l'Europa ha esercitato negli ultimi decenni verso molti altri Paesi risiede anche nel fatto che insieme ai principi di pace, giustizia e libertà, l'Unione ha sempre indicato la solidarietà con le aree più deboli del mondo come uno dei valori fondanti della sua collettività. L'Italia, per molti anni, è stato uno dei Paesi maggiormente impegnati su questo fronte. E proprio per questo si segnala ora con una certa preoccupazione la recente inversione di tendenza che vede il nostro Paese sempre più inadempiente verso gli obblighi di contribuzione obbligatoria alle agenzie delle Nazioni Unite che hanno tra i loro obiettivi proprio lo sviluppo del Sud del mondo. Ma quello che preoccupa è soprattutto l'assenza di un dibattito pubblico sui nostri impegni per l'aiuto allo sviluppo, che non corrisponde alla diffusa sensibilità degli italiani a favore dei temi della solidarietà e dell'aiuto allo sviluppo. In un mondo sempre più diviso, ma anche sempre più interdipendente, il rispetto degli impegni internazionali assunti nel 2000 da 189 capi di Stato e di governo nel quadro degli otto obiettivi di sviluppo del millennio appare un elemento fondamentale anche per giudicare la credibilità dei governi sul piano internazionale.
Tutti noi viviamo in un mondo di cambiamenti epocali. Secondo Jim Wolfensohn, ex Banca Mondiale, nel 2040 vi saranno sul nostro pianeta altri 2 miliardi di abitanti. L'80% sarà nato nei Paesi in via di sviluppo o emergenti. La classifica mondiale delle potenze economiche registrerà colossali cambiamenti: già nel 2025-30 la Cina potrebbe occupare il primo posto nella gerarchia delle potenze economiche e India, Brasile e Russia potrebbero figurare tra i primi posti sottolineando il ridimensionamento degli Stati Uniti e quello ancor più profondo del Giappone e degli altri Paesi europei.
Nello stesso tempo viviamo in un mondo in cui le priorità e le disuguaglianze appaiono sempre più inaccettabili. Nel 2004 le spese a livello mondiale per armamenti ha raggiunto la cifra di 975 miliardi di dollari, equivalenti a 2,6% del Pil mondiale, ossia 162 dollari per ciascun abitante della terra. Le più recenti cifre dell'Ocse stimano a 350 miliardi di dollari la cifra per sostenere l'agricoltura, in particolare nei Paesi industrializzati. Nello stesso tempo l'aiuto globale per lo sviluppo, nel 2004, è stato di circa 80 miliardi di dollari, ossia 14 volte in meno delle spese per armamenti e 4 volte in meno delle spese per l'agricoltura. Secondo la Banca Mondiale due miliardi e settecento milioni di persone vivono con meno di 2 dollari al giorno, ma ogni mucca europea riceve più di 2 dollari al giorno, e un miliardo e 400 milioni di persone non hanno accesso all'acqua potabile. Ottocento milioni di persone soffrono per malnutrizione grave. Ma, nello stesso tempo, il mondo non ha mai posseduto tanta ricchezza. Per la prima volta nella storia abbiamo le risorse finanziarie e scientifiche per porre fine alle insostenibili situazioni di povertà. Per questo l'inaccettabilità di un simile mondo sta per raggiungere livelli di pericolo: le attuali correnti di emigrazione ne sono un segno tangibile.
In questo quadro che non riguarda soltanto la necessaria solidarietà umana, ma anche le prospettive di pace e di sicurezza, spicca in modo negativo il caso dell'Italia. Come membro del G7, il gruppo dei 7 Paesi più industrializzati al mondo, l'Italia si è impegnata a dare entro il 2015 lo 0,70% del proprio Pil come partecipazione alla realizzazione degli otto obiettivi del millennio. Si tratta di dimezzare entro il 2015 la povertà estrema e la fame, raggiungere l'istruzione primaria universale, diminuire la mortalità infantile, combattere l'Aids e le altre malattie, assicurare la sostenibilità ambientale. L'Italia lo ha promesso a New York nel 2000, lo ha ribadito a Barcellona nel 2002 al Consiglio dei ministri dell'Unione Europea, dove si è impegnata a raggiungere lo 0,33% entro il 2006, lo ha ripetuto nel 2005 al Consiglio Europeo a Bruxelles dove si è impegnata a raggiungere lo 0,51% entro il 2010 e lo 0,70% entro 2015. Ma oggi siamo, tra tutti i Paesi donatori, all'ultimo posto con la cifra dello 0,13% nonostante qualche timido tentativo di correggere la tendenza.
Questa situazione desta profonda preoccupazione negli ambienti internazionali e alle Nazioni Unite. Kofi Annan si è fatto interprete del forte disagio accennando all'importanza di rispettare gli impegni per un Paese come l'Italia che si batte per ottenere il posto di membro permanente del Consiglio di Sicurezza. Un ripensamento è possibile: ad esempio sarebbe estremamente importante se nel prossimo dibattito televisivo del 3 aprile si potesse ottenere dai due leader, Berlusconi e Prodi, un impegno concreto e cifrato a capovolgere la situazione e ridefinire con chiarezza il percorso per riportare l'Italia al raggiungimento dello 0,70% del Pil per l'aiuto allo sviluppo entro il 2015. Non è questa l'unica esigenza per ritornare protagonisti di una delle politiche più importanti per l'azione esterna dell'Italia. Bisognerà anche prendere impegni per migliorare la qualità dell'aiuto. In questo quadro la nomina all'interno del governo di una forte personalità politica con l'esclusivo mandato per la cooperazione allo sviluppo sarebbe essenziale.
In una recente indagine internazionale risulta che il 92% degli intervistati in Italia considera necessario il rispetto degli impegni presi in campo internazionale, destinando ulteriori risorse per la lotta alla povertà. Alla domanda su quale scelta tra dare 1 euro per ridurre la povertà nel mondo oppure per la sanità in Italia, il 70% degli intervistati italiani ha scelto la povertà nel mondo. Gli italiani sono chiaramente a favore di questa politica di solidarietà e affermano che il loro voto sarà influenzato anche dagli impegni che le coalizioni metteranno nella lotta alla povertà. La nostra giustificazione abituale sui limiti imposti dalle discipline di bilancio dell'Unione Europea non è valida. Danimarca, Lussemburgo, Olanda, Norvegia, Svezia, hanno già raggiunto e superato quest'anno lo 0,70%. Belgio, Francia, Finlandia, Irlanda, Spagna, Regno Unito, si sono impegnate a raggiungere lo 0,70% prima del 2015 e si stanno muovendo con determinazione in questa direzione. E questi Paesi hanno lo stesso limite di bilancio dell'Italia. Un preciso impegno da parte dei leader delle due coalizioni sarebbe quindi urgente e necessario come testimonianza di un contributo per la giustizia, la pace e la sicurezza.

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2 aprile 2006
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