POPOLARI
Etica e politica alla luce della Dottrina sociale della Chiesa
Nel solco del cattolicesimo
sociale e democratico

Reagire al processo di degenerazione in corso significa ricollegarsi ad una tradizione interrotta


di Luigi Bobba parlamentare del Partito Democratico

IL'obiettivo che oggi i cattolici devono affrontare con urgenza è soprattutto quello di civilizzare la politica. Infatti la politica non solo è diventata poco credibile, ma quasi non è più riconoscibile. Reagire al processo di degenerazione in corso significa ricollegarsi ad una tradizione interrotta e riprendere il cammino nel solco del cattolicesimo sociale e democratico. È questo il patrimonio più prezioso e irrinunciabile che è nostro compito rivitalizzare e risignificare.

1. Il punto da cui partire
Come l'esperienza ci attesta ogni giorno, il nostro Paese è attraversato da una profonda e multiforme inquietudine, che mostra come il Paese si senta schiacciato da una crisi plurima di ordine economico, politico, culturale, ambientale, ma soprattutto etico e spirituale. Affinché tale condizione di travaglio possa diventare per l'Italia non solo tempo di sofferenza ma anche tempo di ri-nascita abbiamo bisogno di vedere i primi germogli delle res novae stagliarsi all'orizzonte. È questo potrà avvenire soltanto dal basso, dai cittadini.
Dalla saggezza popolare abbiamo imparato che la fretta è una cattiva consigliera. Correre subito all'azione potrà pure placare la nostra ansia di fare qualcosa ma certamente non assicura la soluzione duratura dei problemi né indica il giusto senso di marcia. È invece da accogliere il monito dei Vescovi italiani quando ci richiamano ad un "autentico ripensamento culturale collettivo (…) Ad una crisi epocale si deve rispondere con un cambiamento altrettanto epocale, innanzitutto di mentalità" (Comunicato finale dell'Assemblea CEI, giugno 2012). È dunque necessario un nuovo pensiero, una nuova prospettiva, come a suo tempo seppe fare don Luigi Sturzo NEL 1919con il Partito Popolare, o il Codice di Camaldoli negli anni '40 o Aldo Moro negli anni '70.

2. Che cosa fare oggi da cattolici per il bene comune del paese
Oggi come ieri i cattolici sono dunque chiamati a dare il loro contributo per affrontare la situazione drammatica in cui versano sia l'economia che la democrazia nel nostro Paese.
Non dobbiamo iniziare da zero, ma ripartire da una storia di cui tanti movimenti e associazioni culturali sono parte: il cattolicesimo sociale e democratico. Da questa ricca tradizione possiamo ancora trarre idee feconde e trainanti che si chiamano: partecipazione democratica, sensibilità popolare, riforme istituzionali, federalismo, valori costituzionali, giustizia sociale, diritti di cittadinanza, lavoro decente e dignitoso, welfare equo e universale, cultura della pace, orizzonte europeo, comunità territoriale ecc...
All'interno di questa storia incontriamo figure belle e mirabili di laica santità come: Sturzo e Toniolo, De Gasperi e Dossetti; Moro e Bachelet, La Pira e Lazzati, ma anche tanti altri.
Tuttavia dobbiamo essere consapevoli che l'espressione cattolicesimo sociale e democratico è diventatA da alcuni decenni una formula logora e stanca che soltanto se risignificata e riempita di nuovi contenuti potrà ancora rianimare la politica.

3. I cattolici devono tornare a contare
Questi obiettivi vogliamo raggiungerli con lo stile di azione sociale che è proprio dei cattolici, cioè con un metodo aperto e plurale, come quello che nella nostra Chiesa si sperimenta oggi con il "Cortile dei Gentili", nella consapevolezza che su ogni bene dell'umanità, dal bene più alto ai beni comuni, l'atteggiamento più idoneo è quello di mettersi al servizio e non di esercitare un monopolio. Riteniamo sia questa la via corretta per civilizzare anche la politica che appare oggi quasi non più degna di essere sostenuta dai cittadini onesti e democratici.
Stiamo vedendo come la società odierna sia attraversata da fenomeni contraddittori come è dimostrato da una parte dalla disaffezione e dall'astensionismo al 50% e dall'altra dalla partecipazione diffusa e il nuovo civismo (pensiamo al movimento 5 Stelle). Ciò di cui la politica avrebbe più bisogno è una capacità di visione, dove l'interesse generale prevalga sugli interessi personali e di gruppo e la politica sia in grado di difendere le fasce più deboli contro i poteri forti.
Occorre un Ethos civile condiviso, un progetto di etica pubblica, un nuovo modello di convivenza civile a misura dell'umano, come già indicava 50 anni fa il Concilio Vaticano II. Ciò rende per noi imprescindibile un nuovo cammino per civilizzare la politica.
I cattolici sono consapevoli di non poter restare ai margini della lotta per la giustizia, ma di impegnarsi per la ricerca di nuove forme di partecipazione civile e di assetto democratico. Non è più concepibile una politica senza la partecipazione dei cittadini e dei corpi intermedi. Il populismo, il leaderismo, la mediocrazia non appartengono alla tradizione dei cattolici in politica. Non è sufficiente una democrazia soltanto rappresentativa, ma occorre una democrazia deliberativa e partecipativa, proprio nel senso che attribuisce ad essa Giovanni Paolo II nella Centesimus Annus quando scrive: "La Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilità sia di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ciò risulti opportuno" (n. 46).

4. Fare politica da cattolici dopo il berlusconismo
Vorrei qui richiamare due espressioni molto forti, usate dai nostri Vescovi, che ritengo indicative sul che fare da cattolici in questa stagione storica: la prima è la situazione di "disastro antropologico" in cui siamo precipitati nel nostro Paese; la seconda è la necessità di "purificare l'aria" dopo il clima avvelenato e degradante che abbiamo respirato negli ultimi anni.
Oggi appare abbastanza evidente che la fine del berlusconismo abbia provocato un "cedimento strutturale" del sistema politico italiano, ma i cattolici sembrano non rendersi conto di questo e nono percepire la priorità che dovrebbe avere la tenuta del sistema democratico, delle sue regole e del principio di legalità.
Non solo i valori della vita, della famiglia e dell'educazione devono essere considerati "valori non negoziabili", ma anche i principi di giustizia, di pace e di uguaglianza. Fare diversamente significherebbe cadere in uno strano relativismo dei valori, dove i cattolici - rispetto ai valori - finirebbero per comportarsi come in un Supermercato, dove ciascuno mette sul carrello quello che vuole e tralascia il resto. Oggi, insomma, i cattolici in politica devono saper coniugare tra loro questione sociale e questione antropologica, evitando sia la separazione e il dualismo, sia la neutralità di un presunto governo dei tecnici.
È questa in conclusione, la ragione per cui oggi i cattolici nell'attuale crisi di sistema, sono chiamati responsabilmente a "osare" per la rigenerazione del Paese anche attraverso riforme istituzionali di cui l'Italia (da troppo tempo) ha estremo bisogno. Solo alcuni esempi mi limiterei a fare: la riforma federalista dello Stato; la riforma della legge sulla cittadinanza; la riforma della legge elettorale; gli Stati Uniti d'Europa, stop al bicameralismo perfetto, riduzione dei parlamentari, limite ai mandati parlamentare (massimo due legislature), vincolo territoriale tra eletti e seggi elettorali, ecc..
Mi sembra infine meritevole di attenzione ciò che osserva Beppe del Colle, un noto giornalista di Famiglia cristiana, quando afferma che oggi i cattolici dovrebbero liberarsi finalmente da sudditanze carismatiche e da timidezze indegne del loro nobile passato, come appunto la tradizione del cattolicesimo sociale e democratico che abbiamo prima richiamato.

9 giugno 2012


21 giugno 2012
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Tino Bedin