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La riflessione sul Ppi in vista dell'assemblea di Rimini
Il Ppi I contenuti e gli strumenti
di un partito contemporaneo
Regionale, fedele alla parola data, capace di ragionare
collettivamente e di lavorare per obiettivi, umanista e libertario,
con una buona qualità della classe dirigente

di Pierluigi Castagnetti

Ha ragione Leopoldo Elia a chiedere di utilizzare questa lunga vigilia congressuale per definire un modello di partito nuovo e possibilmente linee precise di fronte a questioni politiche centrali per il futuro del paese e il ruolo dei popolari quali le riforme istituzionali e la riforma del welfare. Non credo che sia compito esclusivo dei "candidati di fatto" (quanti sono?) ma di tutto il partito se è ancora tale, poiché chiunque sarà il nuovo segretario a lui competerà gestire ma non competerà definire in solitudine scelte così importanti per il nostro futuro. Dico di più: il nuovo segretario dovrà cercare di ricreare condizioni e luoghi di dialogo davvero sinergico fra le tante intelligenze e personalità del partito da troppo tempo abituate a ragionare in solitudine, prigioniere qualche volta di incompatibilità caratteriali che sono state causa non secondaria della nostra "afasia collettiva".
In questo spirito proverò a dire alcune idee sulla prima delle questioni poste, quella del partito.
A me pare che dobbiamo fare un partito contemporaneo, cioè rispondente alle esigenze di un paese in cui s’è fortemente logorato il rapporto fra cittadini e politica e, in particolare, fra cittadini e partiti.
Partendo proprio da questo dato, io penso a un partito regionale. Non il partito del nord o del sud, non un partito solo statutariamente regionale, ma un partito che rinasce nelle regioni, del nord del centro e del sud, che si fa espressione delle realtà regionali, che in una qualche misura si lascia generare dalla realtà regionali. Non c’è dubbio che il successo della raccolta delle firme per i referendum, il successo alle ultime elezioni dei cosiddetti movimenti, il successo di sindaci come Albertini (Milano), Ubaldi (Parma), Guazzaloca (Bologna), Destro (Padova) e altri ancora, descrivono un nuovo atteggiamento dei cittadini, oggi meno disponibili a concedere "deleghe lunghe" e "deleghe larghe" a coloro che vengono eletti nelle istituzioni. L’idea allora di partire da un vero ancoraggio regionale, sia nei programmi che nelle formazioni politiche oltrechè nelle leadership, può rappresentare una strada appropriata per riavvicinare i partiti e la politica ai cittadini sempre più convinti - a torto o a ragione - di aver subito una sorta di tradimento da parte dei "chierici" delle vecchie chiese politiche.
Ma la politica vive nondimeno una dimensione nazionale ed europea e, perciò, occorre trovare un legamento fra queste espressioni regionali, occorre trovare il modo di assemblarle in un partito nazionale e in un partito europeo che, proprio grazie a questa legittimazione locale, anch’essi "rinascono" e, dunque, si rimodellano. Come si vede non si tratta di spezzare l’unità nazionale del partito, ma di ricostruirla. In questo senso il nostro richiamo alla lezione di Sturzo esce dalla genericità e dalla strumentalità.
Ma penso anche a un partito referente della società, un partito che definisce la propria legittimazione ancorandola non solo a una tradizione ma anche alla società di oggi, contemporanea appunto. I partiti sono diventati autoreferenti perché parlano solo fra di loro, e ognuno parla in casa propria con i propri dirigenti e i propri militanti. La partecipazione politica non percorre più le strade del passato. L’art. 49 della Costituzione descrive partiti che oggi non esistono. Eppure i partiti sono l’unico strumento per far funzionare la democrazia, l’unico strumento per evitare che i parlamenti diventino "un congresso di ambasciatori di interessi diversi l’uno all’altro ostili che ciascuno deve sostenere come mandatario e patrocinatore in opposizione ad altri mandatari e patrocinatori..." (come diceva più di duecento anni fa Edmund Burke ai suoi elettori di Bristol).
Come ancorare allora i partiti ai cittadini, ai problemi e ai sentimenti dei cittadini, in un tempo in cui le trasfomazioni della vita individuale e collettiva hanno inaridito le vie della partecipazione? A mio avviso la strada è quella della creazione di "centri di ascolto" (o di "focus" come si dice), di strumenti cioè con cui i partiti si fanno prossimi ai cittadini, li fanno parlare senza "militantizzarli", li ascoltano, ne assumono problemi e suggestioni indirizzandoli in un disegno politico. Preparare i parlamentari, i consiglieri regionali, i segretari provinciali a condurre focus, con gruppi ristretti di cittadini non militanti politici, da convocare periodicamente, significa mettersi in condizione per ritrasferire la soggettività politica, come è giusto, dai partiti ai cittadini.
"Ma questi sono i clubs di Forza Italia?" mi ha obiettato un amico. Non è proprio vero, sono qualcosa di più, anche se non c’è nulla di scandaloso nel fare tesoro di esperienze che vanno nel senso della modernità.
Dobbiamo fare del Ppi il partito fedele alla parola data. Durante l’estate ho promosso alcuni focus di elettori potenziali e in tutti è emersa la stessa considerazione: "perché mai dovremmo continuare a votarvi (riferendosi a noi e agli altri partiti della coalizione) se del nostro voto fate ciò che vi pare". In questa considerazione emerge il senso di un tradimento subito che include tante valutazioni: il passaggio da Prodi a D’Alema, i ribaltoni, la transumanza parlamentare, la consuetudine ai "programmi politici a la carte", eccetera. Ritorno al discorso che facevo prima sulla "delega corta": gli elettori non accettano più che si dica una cosa e se ne faccia un’altra. Per questo noi dobbiamo essere, per noi e per la coalizione, la sentinella della fedeltà alla parola data.
Dobbiamo poi strutturare e abituare il partito a lavorare per obiettivi. Non più solo e prevalentemente una organizzazione centrale ruotante attorno agli uffici e ai dipartimenti, ma la creazione di luoghi di discussione collegiale per individuare obiettivi, e una conseguente capacità di gestione degli stessi. L’obiettivo è quello di una iniziativa specifica sul tema della parità scolastica? Allora un vicesegretario coordinerà l’operazione, monitorando tutti i giorni il lavoro sul tema dei gruppi parlamentari, di quelli regionali e così via, sì da rendere incisiva, attuata, percepibile l’iniziativa del partito.
Dobbiamo riflettere, confrontarci e poi decidere modalità nuove di storicizzazione del proprium della nostra tradizione culturale recuperando sulle questioni di fondo l’abitudine ad animare (cioè, a dare anima come diceva Lazzati) la vita politica. Il tema merita una trattazione specifica e appropriata in sede congressuale perché evoca l’essenza del nostro "esserci" nella vita politica del paese e, dunque, la modalità di connotarci in questo presente storico come partito umanista moderno, un partito cioè che fa i conti con la centralità dei diritti soggettivi che connota oggi di contenuti assolutamente nuovi tutta la tematica della cittadinanza e della "costituzione della vita" come la chiamava Giuseppe Capograssi ("che la vita viva e si svolga secondo le profonde leggi che fanno la sua verità").
Un partito umanista e della libertà, delle libertà, un partito capace d’essere anticonformista quando necessario, anche nel riprendere confidenza e passione nel pronunciare parole maneggiate ancora con qualche imbarazzo dalla sinistra, quali il principio di autorità, l’ordine, la sicurezza, la legalità. Parole ambigue ma ineludibili, che una democrazia, proprio per i rischi insiti in ogni ambivalenza, non può per una qualche distrazione lasciare solo nelle mani della destra. Ma anche su questo occorrerà tornare e approfondire.
Da ultimo un partito che non considera secondario il valore della qualità e dei comportamenti della classe dirigente. Un partito capace di distinguersi, proprio per la sua natura, per gli "abiti virtuosi" dei suoi esponenti, quantomeno nell’ottica laica indicata da Max Weber: dedizione alla causa, senso di responsabilità, capacità di futuro, Un partito contemporaneo, ricapitolando, a mio avviso dovrà allora essere un partito regionale, referente della società, fedele alla parola data, capace di ragionare collegialmente e operare per obiettivi, un partito umanista e libertario che si fa riconoscere anche per la qualità del suo ceto dirigente.


15 settembre 1999
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