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Nella linea di Sturzo, De Gasperi e Adenauer
I Popolari italiani rispondono
alla sfida della riorganizzazione
della destra in Europa
L’originale progetto del Ppe non è certo un blocco
di centro-destra. Il valore dell’Ulivo
è mettere insieme le differenze senza cancellarle

di Sergio Mattarella

Il Partito Popolare - come prima la Dc - non è un "partito dei cattolici", come pensa Panebianco. Il Ppi di Sturzo, la Dc di De Gasperi e Moro (e anche di Dossetti), il Ppi di oggi non sono mai stati il partito dei cattolici ma il partito che esprime una posizione culturale tradizionalmente presente in Italia: quella comunemente definita dei cattolici democratici.
Nessuno ha mai pensato di detenere il monopolio della rappresentanza dei cattolici né che esista un’unica forma della loro partecipazione alla politica.
Non si tratta quindi di mantenere in vita un partito dei cattolici ma di mantenere, nella politica del nostro Paese, il contributo specifico di una posizione culturale presente e importante nella sua storia.
L’originale progetto del Ppe, nato dall’azione di Adenauer, De Gasperi e Schuman, è ben diverso dal tentativo in atto svolto da Aznar per farne un soggetto di centro-destra, o addirittura di destra. Non a caso si è costituito il gruppo di Atene che intende mantenere ai Popolari europei la fisionomia e il carattere originale.
L’alleanza in questa stagione politica, in questa fase storica, tra centro e sinistra (e, in questo ambito, tra i Popolari e la sinistra riformista italiana) è dovuta a ben altro, di ben maggiore rilievo. In Italia - e, come sta emergendo, in altri Paesi d’Europa - la destra ha ripreso ad esprimersi con forti soggetti politici, con ampio seguito elettorale, dopo decenni di emarginazione e di ininfluenza elettorale. Si è trattato del contraccolpo del fallimento del comunismo e della scomparsa dell’utopia della sinistra radicale. Questo fenomeno, d’altronde evidente, ha spinto il centro ad orientarsi per contrastare un fronte avversario diverso da quello dei decenni passati: il fronte della destra contro cui, sempre, i partiti di Sturzo e di De Gasperi avevano mantenuto rigide chiusure. Se a Sturzo è stata impossibile, per il massimalismo dei socialisti di allora, un’alleanza che avrebbe impedito il fascismo, se De Gasperi ha dovuto, nella situazione in cui operava, contrapporsi alla sinistra della guerra fredda, oggi le condizioni nuove hanno richiesto l’alleanza del centro e della sinistra: l’alleanza, non la fusione, né tanto meno l’assorbimento.
Questa condizione, difatti, non ha cancellato, e non cancella, la distinzione, il carattere proprio, per quanto riguarda i Popolari, di un partito di centro. Rispetto alla sinistra vi sono visioni diverse su tante questioni: sulle cose concrete, sui problemi da affrontare, che non possono essere rimossi in omaggio a schemi astratti disegnati a tavolino: il paramento delle posizioni politiche è costituito dai problemi non da schemi semplificatori che, in questo senso, ignorano la realtà.
E’ vero, naturalmente, che il comune progetto e la comune esperienza di governo fanno progressivamente crescere la sintonia programmatica nel centro-sinistra. Questo è il valore dell’intuizione dell’Ulivo: il mettere insieme ispirazioni, storie, sensibilità ed energie diverse, cercando ciò che unisce, ma sapendo che le differenze non vengono cancellate, e che, se la loro gestione rappresenta una difficile scommessa, esse rappresentano un’ampia potenzialità di rappresentanza della coalizione in un Paese complesso quale il nostro.


31/12/1998
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