POPOLARI
Il Partito Popolare di fronte al risultato elettorale
La Margherita è un evento
creato dagli elettori

La capacità di dare risposte a questa situazione nuova e impegnativa

sintesi della relazione di Pierluigi Castagnetti
seegretario nazionale del Ppi

Si è svolta lunedì 28 maggio a Roma la riunione della direzione nazionale del Partito Popolare con la partecipazione dei parlamentari eletti il 13 maggio. Il lungo ed appassionato dibattito, che è durato dalle 15 alle 23, è stato aperto da una relazione di Pierluigi Castagnetti.
Il testo integrale della relazione di Castagnetti è disponibili nel sito del Ppi. Qui proponiamo una sintesi per punti sul tema centrale che vede attualmente impegnati i popolari: quello della Margherita. Tutto il contenuto di questa sintesi è costruito con parole di Pierluigi Castagnetti; l'ordine delle frasi e la loro collocazione nelle singole schede è invece un'operazione della redazione di Euganeo.

Nulla più assomiglia alle origini dei Popolari
Dobbiamo riflettere seriamente sulle tante cose cambiate rispetto a mezzo secolo fa, quando abbiamo adottato l'attuale modello di partito:
a) sono finite le ideologie;
b) si è destrutturato e in parte esaurito il mondo cattolico organizzato;
c) è definitivamente scomparsa l'unità politica dei cattolici (basta leggere l'ultimo editoriale di "Civiltà Cattolica" per avere la conferma che la Chiesa si rivolge oggi ai singoli uomini politici di fede cattolica, ovunque siano dislocati);
d) la rivoluzione del sistema dell'informazione e la secolarizzazione hanno cambiato i costumi e trasformato le società civili in opinioni pubbliche;
e) la democrazia non riesce più, di conseguenza, a organizzare la partecipazione attiva dei cittadini nelle forme tradizionalmente veicolate dai partiti i quali, per lo più, quando esistono, si vanno trasformando in associazioni di ceti dirigenti;
f) d'altra parte la democrazia, le istituzioni democratiche, organizzano un potere che tende a sfuggire (come novello Proteo), perché va cambiando il significato di sovranità: Ralph Dahrendorf proprio in questi giorni in Italia ci ha ricordato che la globalizzazione crea degli enormi spazi vuoti in cui la politica non riesce ad essere presente.

Una cultura capace di permeare la società
Pretendere, in questa nuova situazione, di esorcizzare ogni forma nuova di presenza politica, lamentando giustamente i limiti di una eccessiva personalizzazione, preoccupandosi comprensibilmente della progressiva evaporazione di richiami valoriali forti senza peraltro riuscire a supportare la fatica e la generosità intellettuale e per certi aspetti anche generazionale di inventare, di fare spazio a forme nuove, modalità nuove, di presenza politica, francamente mi sembrerebbe non giusto.

Il problema non è sciogliersi o meno perché non si scioglie una storia, non si scioglie una cultura.
La nostra cultura politica, quella del popolarismo e del cattolicesimo democratico, ha già travalicato i confini della nostra esperienza politica.
Se penso che uno dei principi fondanti questa tradizione, la sussidiarietà, è entrato nei Trattati europei e da lì sta penetrando le costituzioni formali e materiali di molti paesi, per la determinazione non già di un cattolico democristiano ma di un cattolico socialista come Jacque Delors.
Se penso che i costituzionalisti contemporanei stanno introducendo un nuovo significato al diritto di cittadinanza che definiscono "cittadinanza vicina" cioè cittadinanza garantita sempre più e sempre solo dalle istituzioni più periferiche dello Stato che vengono così ad assumere la dimensione organizzativa di un modello di democrazia comunitaria (che Sturzo definisce delle autonomie e noi oggi federalismo).
Se penso che la famiglia, intesa sempre più come nucleo umano, attorno ai bambini, è oggi normalmente riconosciuta da tutti, anche da coloro che sino a ieri la osteggiavano, come lo strumento più adeguato a ricostruire i legamenti in un tessuto sociale che è andato disgregandosi a volte in modo drammatico.
Se penso a tutto questo sono fiducioso, ottimista, e fiero della grandezza della nostra tradizione culturale e della sua capacità di penetrare lentamente negli spazi liberati dalle antiche ideologie, anche al di là di ciò che con la nostra modesta percentuale e le nostre incongruenze abbiamo saputo fare.

La Margherita: una situazione creata dagli elettori
Nel centro sinistra il dato più significativo è sicuramente quello realizzato dalla Margherita, il voto percentuale (14,5%) supererebbe il 15% se, come nel 1996, aggiungessimo il quoziente registrato dalla SVP:

La Margherita è la prima formazione del centro sinistra in 12 circoscrizioni su 26; è la seconda formazione dopo FI a Torino e Milano; registra un incremento spesso consistente (rispetto ai risultati dei quattro partiti componenti nelle precedenti elezioni regionali) in tutte le regioni a nord del Lazio (Lazio compreso), mentre registra un dato in diminuzione in tutte le regioni del Mezzogiorno.
La Margherita è un evento, una situazione di fatto creata dall'elettorato mentre noi stavamo ricercando un modello di partito moderno seppur non privo di memoria, da cui non possiamo prescindere se non siamo animati da un atteggiamento a dir poco impolitico: (se infatti al politico compete l'intelligenza storica per intuire gli eventi, a maggior ragione, quando essi si manifestano sarebbe imperdonabile l'incapacità di leggerli).

Da dove vengono i consensi alla Margherita
L'Abacus ha ricostruito una composizione, in parte sorprendente in parte da approfondire, dell'elettorato della Margherita interrogandone gli elettori, secondo cui solo il 22% sarebbe proveniente dal bacino elettorale dei quattro partiti, il 18% da quello dei DS, il 36% da quello degli astenuti, l'8% da quello di FI, il 5% da quello di AN, il 4% da quello della Bonino, il 7% da "altri".

Mi permetto rilevare, anche in tale analisi, il ruolo maggiore, rispetto a quello attribuito, dei partiti. Se il 13% degli elettori della Margherita proviene dal centro destra e il 36% dall'area degli indecisi e degli astenuti, è evidente il ruolo positivo esercitato dalla presenza del PPI nel "certificare" la serietà e l'affidabilità politica della nuova formazione agli occhi di elettore che in precedenza si erano posizionati più a destra.
Su quel 36% di elettori provenienti dall'area delle astensioni occorrerebbe poi fare una valutazione un po' più approfondita, utilizzando ad esempio uno studio di uno dei più qualificati ricercatori proprio di Abacus (Carlo Natale, "Gli indecisi e il voto: una incertezza solo apparente?", apparsa in Comunicazione Politica, vol. I, autunno 2000) secondo cui <si vedono sempre più elettori praticare l'astensione in modo provvisorio. La scelta del non voto non appare quindi, come un carattere radicato in una parte dell'elettorato, ma sembra essere un comportamento legato all'inefficienza del voto alla scarsa differenziazione delle alternative proposte…. Ma anche se non ne sono consapevoli le scelte di fondo le hanno già fatte>.

Le ragioni della scelta degli elettori
La Margherita è stata vissuta da parte di un elettorato post-ideologico ma non qualunquista, forse più laico ma non eticamente indifferente come in genere l'elettorato che segue il centro sinistra, come una proposta fresca, più adeguata, non democristiana in senso tradizionale ma ancor meno socialdemocratica: insomma un modo nuovo di declinare i principi del rigore, dell'etica pubblica, del senso dello Stato, della centralità della persona umana.
Innanzitutto è stata apprezzata dagli elettori l'aggregazione fra i quattro partiti ("finalmente questa volta non butto via il voto, lo metto in un paniere più ampio che potrà contare, pesare, incidere").

E poi il valore aggiunto rappresentato dalla leadership di Francesco Rutelli. Gli elettori hanno premiato la sua campagna elettorale, la sua fiducia nel buon risultato, la sua intelligenza politica moderna, la sua capacità di comunicare, la sua pacatezza. Di più, hanno voluto offrire una solida "base partitica" alla sua leadership di coalizione. Hanno accolto il suo invito a costruire una architettura equilibrata e bilanciata dell'Ulivo.
Hanno visto nella Margherita la possibilità concreta di smentire il leit motiv elettorale del centro destra che da sempre identifica l'Ulivo con la sinistra, la sola sinistra.
Lo stesso dato dei voti provenienti dell'elettorato DS o Bonino o altri (a parte le compensazioni dei flussi verso queste aree su cui varrebbe la pena soffermarsi), in parte riguarda un voto cattolico molto mobile che ha apprezzato in questa occasione il rigore morale (non moralistico) con cui da parte nostra, in particolare, si sono affrontati il tema del conflitto di interessi, la difesa dello stato sociale, l'allarme per la deriva ideologica e dunque totalizzante del "mercato".
In ogni caso dobbiamo sottolineare il ruolo decisivo di Francesco Rutelli e l'appeal della Margherita, recepita da molti come simbolo né leggero né qualunquista ma sicuramente post-ideologico e, perciò, fresco, moderno, utile e adeguato a una nuova stagione politica.

Le risposte della politica al voto dei cittadini
Questo risultato ci induce a pensare come procedere da oggi in poi. Sbaglieremmo se lo considerassimo un dato stabile, strutturato, come una scelta solida e definitiva dell'elettorato, ma sbaglieremmo pure a pensare esattamente il contrario, e a guardare la nuova situazione con gli occhi del passato.

Ora cosa dobbiamo fare? Dar vita, dopo il voto, a un nuovo soggetto politico?
La scelta dei gruppi parlamentari unici della Margherita va già in questa direzione. E' oggettivamente una scelta unitaria. A questo punto è importante dare, per quanto possibile, stabilità alla nuova architettura del centro sinistra: due colonne, di pari dimensione, collegate da un arco su cui appoggiano molti elettori che per lo più, ma non tutti, si riconoscono nei due pilastri.

28 maggio 2001

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3 giugno 2001
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