IN POLITICA

ANTOLOGIA

Il Mattino di Padova
22 maggio 2015
Daniele Marini

Le persone faticano a capire quanto accade e a esporsi
Senza partito, ma in cerca di politica
Necessita un'offerta diversa, pragmatica e meno ideologica

La passione verso la politica (e i partiti) sta appassendo. Uno spettro aleggia sulle prossime elezioni regionali e su quelle a venire: l'astensionismo. Il caso dei cinque comuni trentini dove non si è raggiunto il quorum dei votanti lo testimonia plasticamente. Non è un fenomeno nuovo, è comune a molti paesi europei, ma in Italia è in crescita e preoccupa.
Dopo Tangentopoli il sistema politico non ha ancora trovato un punto di consolidamento. I partiti hanno mutato più volte nome, nuovi ne sorgono continuamente; politici (nazionali e regionali) mutano collocazioni (scissioni, fuoriuscite, espulsioni, cambi di casacca). Tutto ciò rende la scena politica instabile e incerta. E alimenta un clima di disincanto (se va bene), di protesta (se va male). Ecco perché i sondaggi sulle intenzioni di voto hanno un margine di rischio elevato: le persone faticano a capire quanto accade e a esporsi.
Allora, conviene affrontare l'analisi secondo gli orientamenti di valore.
Una recente ricerca di Community Media Research offre spunti utili a questa riflessione. Ormai il 61,6% della popolazione considera il non andare a votare un atto legittimo. La maggioranza dei nordestini manifesta un atteggiamento di disillusione nei confronti dei partiti (49,9%). Per contro, i militanti che s'identificano con una formazione politica sono una minoranza (16,4%). Fra queste due posizioni, il 16,9% individua tiepidamente un soggetto che lo rappresenti e una misura analoga ha un atteggiamento negoziale, valutando di volta in volta secondo le convenienze (16,8%).
La prima formazione politica è, paradossalmente, il "non-partito": in Veneto il 51,4% non si sente rappresentato da alcuna formazione, il 50,8% in Trentino Alto Adige e il 57,4% in Friuli Venezia Giulia. Così, il prossimo 31 maggio i veneti che pensano di recarsi alle urne si stima siano il 58,7%, gli altri sono incerti o si rifiutano. I motivi che allontanano dall'occasione elettorale sono all'insegna della disillusione: votare appare inutile, tanto poi la situazione non cambia (38,3%). Se a questo aggiungiamo che il 28,8% ritiene i politici non interessati ai problemi reali della popolazione è facile comprendere il sentimento di distacco.
Tuttavia, sarebbe sbagliato derubricare tutto nell'anti-politica. Anzi, emerge una forma di autocritica. C'è la consapevolezza che il livello scadente della politica sia responsabilità anche dei cittadini (70,3%) e che, in fondo, i politici siano lo specchio del paese (53,5%). Inoltre, affiora una domanda di politica nuova: il 67,7% ritiene che le tradizionali categorie politiche (destra/centro/sinistra) oggi abbiano perso significato. Dunque, i politici scaldano i dibattiti televisivi, ma non accendono la passione nella popolazione. Anzi, alimentano la distanza. Nel contempo, però, c'è un'assunzione di responsabilità, non solo un additare la colpa ai politici: è la domanda di politica nuova che necessita un'offerta diversa da quella vista finora. Ma quest'ultima richiede un'elaborazione culturale, una diversa vision dell'azione politica, pragmatica e meno ideologica.
E così facendo sarà possibile (ri)accendere la passione verso la politica.

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29 maggio 2015
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