RASSEGNA STAMPA

Famiglia Cristiana
28 giugno 2009
Antonio Sciortino

La reazione dei lettori su comportamenti discutibili
Per una valutazione meno "disincantata"
Chi ha l’onore e l’onere di servire il Paese, per di più con una così larga maggioranza, ha il dovere di dedicare tutto il suo tempo al "bene comune" dei cittadini. Senza tante "distrazioni"

«Il presidente del Consiglio non deve illudersi che la Chiesa taccia. La Chiesa non rinfaccia nulla a nessuno, per carità cristiana, ma è evidente che i vescovi hanno una precisa morale da difendere». Così comincia l’intervista a monsignor Ghidelli, vescovo di Lanciano e Ortona, noto biblista, apparsa domenica 21 giugno sul Corriere della Sera, a proposito delle vicende che hanno investito una delle più alte cariche istituzionali del Paese.
Il suo disagio e quello di altri vescovi hanno fatto eco all’editoriale di Avvenire, in cui si chiedeva al presidente del Consiglio «un chiarimento sufficiente a sgomberare il terreno dagli interrogativi più pressanti, che non vengono solo dagli avversari politici ma anche da una parte di opinione pubblica non pregiudizialmente avversa al premier».
Il vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Mogavero, ha aggiunto: «Tra il livello pubblico, di governo, e quello privato e inviolabile, di coscienza, c’è un terzo piano: quello dell’immagine. I comportamenti di chi governa possono determinare maggiore credibilità oppure una delegittimazione, parziale o totale. Certi comportamenti possono incrinare la fiducia fino a una delegittimazione di fatto».
Chi ha l’onore e l’onere di servire il Paese (senza servirsene), per di più con una larga maggioranza, quale mai si era vista nella storia della Repubblica, è doveroso che si dedichi a questo importante compito senza "distrazioni", che un capo di Governo non può permettersi. L’alta responsabilità comporta restrizioni di movimenti e comportamenti adeguati alla carica, per servire a tempo pieno il Paese e dedicarsi totalmente al "bene comune" dei cittadini.
A maggior ragione oggi, che il Paese è alle prese con una delle più gravi crisi economiche (ma anche morali) che abbia mai affrontato, con moltissime famiglie sulla soglia della povertà, lavoratori senza più occupazione e giovani precari a vita, senza futuro e speranza. Che esempio si dà alle giovani generazioni con comportamenti "gaudenti e libertini", o se inculchiamo loro i valori del successo, dei soldi, del potere: traguardi da raggiungere a ogni costo, anche tramite scorciatoie e strade poco limpide?
Oggi il Paese più che di polveroni e distrazioni, necessita di maggiore sobrietà, coerenza e rispetto delle regole. E, soprattutto, chiarezza. Non solo a parole, ma concretamente, con i fatti. A poco servono imbarazzanti e deboli difese d’ufficio dei vari "corifei", "caudatari" o "maschere salmodianti" (come li ha definiti qualcuno), che ci propinano a ogni ora ritornelli e moduli stantii, a difesa dell’indifendibile. Onel tentativo "autolesionista" di minimizzare tutto, spostando la mira su altri bersagli. Ancora peggio, poi, quando "la pezza è più grande dello sbrego" come si dice, e si definisce il presidente del Consiglio «l’utilizzatore finale» di un giro di prestazioni a pagamento (ammesso che sia vero), e si considerano le donne "merce", di cui «si potrebbe averne quantitativi gratis». Naturalmente.
Non basta la legittimazione del voto popolare o la pretesa del "buon governo" per giustificare qualsiasi comportamento, perché con Dio non è possibile stabilire un "lodo", tanto meno chiedergli l’"immunità morale". La morale è uguale per tutti: più alta è la responsabilità, più si ha il dovere del buon esempio. E della coerenza, che è ancora una virtù, e dà credibilità alle persone e alle loro azioni.
Sull’operato del presidente del Consiglio oggi fanno riflettere certi silenzi "pesanti", anche all’interno della stessa maggioranza. La Chiesa, però, non può abdicare alla sua missione e ignorare l’emergenza morale nella vita pubblica del Paese. Nessuno pensi di allettarla con promesse o ricattarla con minacce perché non intervenga e taccia. I cristiani (come dismostrano le lettere dei nostri lettori) sono frastornati e amareggiati da questo clima di decadimento morale dell’Italia, attendono dalla Chiesa una valutazione etica meno "disincantata". Non si può far finta che non stia succedendo nulla, o ignorare il disagio di fasce sempre più ampie della popolazione, e dei cristiani in particolare.
Il problema dell’esempio personale è inscindibile per chiunque accetta una carica pubblica. In altre nazioni, se i politici vengono meno alle regole (anche minime) o hanno comportamenti discutibili, sono costretti alle dimissioni. Perché tanta diversità in Italia? L’autorità senza esemplarità di comportamenti non ha alcuna autorevolezza e forza morale. È pura ipocrisia o convenienza di interessi privati. Chi esercita il potere, anche con un ampio consenso di popolo, non può pretendere una "zona franca" dall’etica. Né pensare di barattare la morale con promesse di leggi favorevoli alla Chiesa: è il classico "piatto di lenticchie", da respingere al mittente.
Parlando di De Gasperi, grande statista trentino, Benedetto XVI l’ha indicato come modello di moralità per i governanti: «Il ricordo della sua esperienza di governo e della sua testimonianza cristiana siano di incoraggiamento e stimolo per coloro che reggono le sorti dell’Italia, specialmente per quanti si ispirano al Vangelo». «De Gasperi», ha aggiunto il Papa, «è stato autonomo e responsabile nelle sue scelte politiche, senza servirsi della Chiesa per fini politici e senza mai scendere a compromessi con la sua retta coscienza».
In una nota pubblicata dal Sir (Servizio informazione religiosa, cioè l’agenzia di notizie dei vescovi) del 26 maggio scorso, Riccardo Moro afferma che le vicende personali del premier offrono «un contributo sgradevole al sereno sviluppo dei rapporti democratici». E al premier che assicura di "chiarire in futuro" i dubbi sollevati dalla stampa nazionale ed estera, chiede: «Ma se nulla di quanto è ignoto è riprovevole, perché rinviare? Se non vi è nulla da nascondere, alimentare i misteri rinviando spiegazioni, rivela una considerazione della stampa e dell’opinione pubblica particolarmente irriguardosa». E aggiunge: «La libera stampa indipendente è uno dei fondamenti della democrazia per il controllo sull’azione del Governo e per veicolare informazione e dialogo democratico tra i cittadini, non un disturbo nell’azione democratica».
Di fronte all’Italia che arranca, di fronte al polverone mediatico sulle vicende del premier, i problemi reali del Paese (famiglia, lavoro, immigrati, riforme...) sono passati in secondo ordine. C’è da augurarsi, quanto prima, che da una "politica da camera da letto" si passi alla vera politica delle "camere del Parlamento", restituite alla loro dignità e funzioni. Prima che la fiducia dei cittadini verso le istituzioni prenda una via senza ritorno. A tutto c’è un limite. Quel limite di decenza è stato superato. Qualcuno ne tragga le debite conseguenze.

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