|
Diario / VENERDÌ 31 DICEMBRE 2021 |
Sergio Mattarella affida il futuro dell'Italia a tutta la comunità |
Il patriota della Repubblica non è mai solo
Indispensabile passare il testimone ai giovani
|
|
È il messaggio di commiato dagli italiani. Per Sergio Mattarella il ruolo di Presidente della Repubblica non finisce il 31 dicembre, ma ci saluta stasera nell'appuntamento di San Silvestro, uno dei riti civili della nostra Repubblica.
Mi chiedo a chi affiderà l'Italia; non il Quirinale (a questo penserà il Parlamento), ma proprio l'Italia, noi insieme. Mattarella risponde che proprio noi insieme dovremmo continuare a prenderci cura della nostra comunità nazionale, come abbiamo dimostrato di saper fare. E così facendo siamo stati e saremo dei patrioti.
Sono stati sette anni impegnativi, complessi, densi di emozioni: mi tornano in mente i momenti più felici ma anche i giorni drammatici, quelli in cui sembravano prevalere le difficoltà e le sofferenze.
Anche nei momenti più bui, non mi sono mai sentito solo e ho cercato di trasmettere un sentimento di fiducia e di gratitudine a chi era in prima linea. Ai sindaci e alle loro comunità. Ai presidenti di Regione, a quanti hanno incessantemente lavorato nei territori, accanto alle persone. Il volto reale di una Repubblica unita e solidale.
È il patriottismo concretamente espresso nella vita della Repubblica.
La leader della Destra Giorgia Meloni va invocando in queste settimane che al Quirinale deve esserci un "Presidente patriota". Sergio Mattarella, con la fermezza delle parole e la moderazione dei toni, ci spiega che si è patrioti costruendo una comunità unita e solidale, che nella Repubblica il patriottismo è un'idea corale e non individuale di un Capo di Stato; racconta che di questo patriottismo egli è stato ed è partecipe.
La Costituzione affida al Capo dello Stato il compito di rappresentare l'unità nazionale.
Questo compito - che ho cercato di assolvere con impegno - è stato facilitato dalla coscienza del legame, essenziale in democrazia, che esiste tra istituzioni e società; e che la nostra Costituzione disegna in modo così puntuale.
Nei sette anni al Quirinale Sergio Mattarella ha più volte mostrato agli italiani che si può salvaguardare con fermezza il ruolo che si ricopre senza attaccare chi non lo riconosce o chi addirittura lo assalta. In questo caso ha ricordato a Meloni che il Presidente è per il suo ruolo un patriota. Del Settennato non ho dimenticato l'autorevolezza internazionale con cui ha risposto a Christine Lagarde e a Boris Johnson per difendere l'Italia.
Le difficoltà più profonde - La ragione?
Credo che ciascun Presidente della Repubblica, all'atto della sua elezione, avverta due esigenze di fondo: spogliarsi di ogni precedente appartenenza e farsi carico esclusivamente dell'interesse generale, del bene comune come bene di tutti e di ciascuno. E poi salvaguardare ruolo, poteri e prerogative dell'istituzione che riceve dal suo predecessore e che - esercitandoli pienamente fino all'ultimo giorno del suo mandato - deve trasmettere integri al suo successore.
Con questa motivazione Mattarella ha anche - sempre… con i dovuti modi - segnalato al Parlamento qualche criterio per scegliere il suo successore.
Il futuro decisivo, quello che Mattarella mette al centro del suo messaggio di commiato, è comunque nella comunità.
Pensando al futuro della nostra società, mi torna alla mente lo sguardo di tanti giovani che ho incontrato in questi anni. (…) I giovani sono portatori della loro originalità, della loro libertà. Sono diversi da chi li ha preceduti. E chiedono che il testimone non venga negato alle loro mani.
Questa staffetta sembra indispensabile al Presidente della Repubblica, altrimenti la comunità prima si sfalda e poi si secca. In poche righe Mattarella descrive le difficoltà più profonde dell'Italia, dentro le quali i giovani portano quasi sempre il peso maggiore.
Occorre naturalmente il coraggio di guardare la realtà senza filtri di comodo. Alle antiche diseguaglianze la stagione della pandemia ne ha aggiunte di nuove. Le dinamiche spontanee dei mercati talvolta producono squilibri o addirittura ingiustizie che vanno corrette anche al fine di un maggiore e migliore sviluppo economico. Una ancora troppo diffusa precarietà sta scoraggiando i giovani nel costruire famiglia e futuro. La forte diminuzione delle nascite rappresenta oggi uno degli aspetti più preoccupanti della nostra società.
Ci sono anche due "avvertenze" in queste poche righe: non dare per vera la narrazione prevalente sulla nostra società, incanalare le spinte dei mercati.
La dedizione degli insegnanti - Più avanti dice che c'è, invece, una risorsa vera da utilizzare di più e meglio: "la dedizione dei nostri docenti al loro compito educativo". Lo dice dopo aver citato l'esempio di un insegnante, che egli non considera isolato, ma appunto esempio di quello che sanno fare i docenti italiani.
Quell'esempio è ciò che più a lungo resterà del messaggio di commiato di Mattarella: resterà per il suo contenuto, ma anche perché per lasciare un ricordo di sé agli italiani il Presidente della Repubblica ha scelto le parole di un altro commiato, quello di un professore ai suoi studenti. Si chiamava Pietro Carmina, era stato docente di filosofia e storia, è morto a 69 anni, una delle nove vittime del recente scoppio di Ravanusa. Mattarella cita la lettera che il professore aveva scritto ai suoi studenti dell'istituto Ugo Foscolo di Canicattì (Agrigento) prima di andare in pensione, nel 2018 dopo 43 anni di servizio. "Faccio mie - con rispetto - queste parole di esortazione così efficaci", dice il Presidente e ce le fa conoscere.
"Usate le parole che vi ho insegnato per difendervi e per difendere chi quelle parole non le ha. Non siate spettatori ma protagonisti della storia che vivete oggi. Infilatevi dentro, sporcatevi le mani, mordetela la vita, non adattatevi, impegnatevi, non rinunciate mai a perseguire le vostre mete, anche le più ambiziose, caricatevi sulle spalle chi non ce la fa. Voi non siete il futuro, siete il presente. Vi prego: non siate mai indifferenti, non abbiate paura di rischiare per non sbagliare…".
La lettera di Pietro Carmina ai suoi studenti si concludeva così: "Il pullman è arrivato. Io mi fermo qui. A voi, buon viaggio". Credo sia anche l'augurio di Sergio Mattarella agli italiani.
|