Utilizzate da sole, molte parole delle religioni diventano pietre. "Natale", ad esempio. Non puoi brandire contro qualcuno un Dio che si fa bambino infreddolito in un riparo di fortuna e che poi il potere politico rende profugo in Egitto. Puoi però brandire la Festa contro le feste degli altri e dire che a casa tua solo questa è la Festa.
È uno dei costi sociali dell'analfabetismo religioso che Alberto Melloni compendia così: "È ignoranza del sé e ignoranza dell'altro, così che si può assistere a rivendicazioni di tradizioni religiose da parte di chi ne bestemmia la sostanza, radicandovi arbitrariamente pulsioni razziste o pulsioni terroriste; e a caricature dell'altro che rendono terreno di battaglia i simboli".
La scarsa conoscenza della religione propria spegne ogni interesse a conoscere la religione dell'altro: bastano luoghi comuni e pregiudizi, che generano conflitti non solo ideologici, ma anche nei rapporti di vita quotidiana; che pretendono dalle istituzioni lacerazioni della comunità civile; che creano ostacoli alla partecipazione democratica.
Luoghi comuni e pregiudizi sono "nobilitati" con riferimenti storici, che attualizzano odi antichi e miti che la cultura contemporanea è convita di aver superati, ma che non sono mai stati cancellati, come l'antisemitismo o la superiorità della tradizione cristiana.
E non li può cambiare neppure Papa Francesco che va pellegrino all'antica Ur dei Caldei, nella piana dove Abramo parlò per la prima volta con Dio e dalla quale iniziò la sua missione che lega profondamente i destini di ebrei, cristiani e musulmani.
Non li cambia perché l'analfabetismo religioso non sente il bisogno di testimonianze e di confronti. Ascolta volentieri la predicazione integrista, estremista violenta. Di essa si alimenta e contemporaneamente la nutre: succede in tutte le religioni.
Una questione politica
È, dunque, una questione politica, non solo religiosa. Lo è da sempre. Lo è dovunque.
Lo hanno capito i partiti e i movimenti populisti, che hanno assunto la rappresentanza politica di questa questione, non per risolverla ma per alimentarla ai fini del consenso elettorale.
Sono, invece, in ritardo le democrazie europee. Avendo fatto della laicità un dogma, esse non riescono a rappresentare compiutamente una società complessa, in cui i progetti individuali sono prevalenti su quelli collettivi; una società sulla quale l'illuminismo è definitivamente tramontato, il socialismo non è mai spuntato e il personalismo cristiano non riesce a diradare la nebbia dell'individualismo, neppure dell'individualismo religioso.
La circolare interna della Commissione europea sulla nomenclatura di ispirazione religiosa è anche frutto del dogma della laicità; nel suo dogmatismo è non solo grottesca nelle finalità burocratiche, ma anche stupida negli obiettivi politici, che ogni atto istituzionale comunque contiene. È stupidità politica escludere aprioristicamente la dimensione religiosa da un'istituzione come l'Unione Europea che ha bisogno del consenso popolare per operare efficacemente e alla quale le opinioni pubbliche chiedono risposte su sfide decisive proposte dalla multiculturalità e dalle migrazioni.
La complessità di queste sfide e la competizione con i populismi suggeriscono alle democrazie europee singolarmente e collettivamente nell'Unione Europea un cammino nella direzione opposta a quella della laicità distante ed agnostica.
Costruire una cittadinanza che nel confronto si arricchisce delle diversità è un obiettivo politico che richiede che l'alfabetizzazione religiosa non sia materia delegata esclusivamente alle Chiese e alle confessioni religiose, ma finalità anche delle democrazie, impegnate ad avere cittadini liberi di professare ciò in cui credono e - in quanto liberi - anche tolleranti e possibilmente dialoganti.
La Sanità pubblica e il welfare religioso
Alcune opportunità già esistono. In Italia, ad esempio, "l'ora di religione" nella Scuola pubblica è uno strumento al cui perfezionamento possono insieme contribuire Chiesa e Stato. L'argomento è complesso, ha contenuti giuridici e diplomatici, si presta a strumentalizzazioni proprio da parte degli atei devoti. Ci vorrà tempo, ma ciascuna delle due parti può cominciare a muoversi.
Intanto ci sono situazioni e anche istituzioni nelle quali sperimentare la laicità aperta nei confronti delle esperienze religiose e dei bisogni spirituali.
La pandemia continua a presentarci situazioni di malattia grave, con il carico di paura e di solitudine: ecco una situazione nella quale l'assistenza spirituale può spontaneamente assumere i contenuti dell'alfabetizzazione religiosa arricchente per l'intera comunità e non solo per i diretti interessati.
A livello istituzionale già alcuni Comuni stanno costruendo relazioni con le comunità di fede presenti nel loro territorio nella gestione del welfare comunitario. Partendo dalle solide esperienze di solidarietà locale cristianamente ispirata, queste amministrazioni locali mettono tutti i credenti nella condizione di realizzare gli imperativi di sostegno reciproco proposti dalle rispettive religioni. Il welfare religioso ne trae cittadinanza; il welfare comunitario si arricchisce di valori e si allarga di destinatari. L'identità religiosa, valorizzata, non divide la comunità ma la unifica nei bisogni e nelle risposte.
26 dicembre 2021