IN POLITICA

La recente verifica in Bulgaria,
ma già l'Italia aveva sollevato il tema

La cultura gender
fuori da molte Costituzioni

L'accorata e preoccupata profezia di Papa Francesco accolta con silenzio e sorpresa

di Tino Bedin

Nel corso del suo pontificato Papa Francesco torna spesso sul tema del "genere" della persona umana. Sul tema egli richiama la necessità di una visione complessiva della persona, alla quale deve contribuire una ricerca multidisciplinare.
Alla riflessione filosofica, ad esempio, è affidato "l'intreccio di opportunità e criticità che interpella l'umanesimo planetario, in riferimento ai recenti sviluppi tecnologici delle scienze della vita. (…) Il tratto emblematico di questo passaggio può essere riconosciuto sinteticamente nel rapido diffondersi di una cultura ossessivamente centrata sulla sovranità dell'uomo - in quanto specie e in quanto individuo - rispetto alla realtà. C'è chi parla persino di egolatria, ossia di un vero e proprio culto dell'io". È un passaggio del discorso di Papa Francesco all'assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita il 5 ottobre dello scorso anno.

Profezia accorata e preoccupata. Questo discorso alla Pontifica Accademia per la Vita è una sintesi della sua proposta dottrinale e pastorale. All'argomento specifico dedica un intero paragrafo, che trascrivo in parte: "Le forme di subordinazione che hanno tristemente segnato la storia delle donne vanno definitivamente abbandonate. Un nuovo inizio dev'essere scritto nell'ethos dei popoli, e questo può farlo una rinnovata cultura dell'identità e della differenza. L'ipotesi recentemente avanzata di riaprire la strada per la dignità della persona neutralizzando radicalmente la differenza sessuale e, quindi, l'intesa dell'uomo e della donna, non è giusta. Invece di contrastare le interpretazioni negative della differenza sessuale, che mortificano la sua irriducibile valenza per la dignità umana, si vuole cancellare di fatto tale differenza, proponendo tecniche e pratiche che la rendano irrilevante per lo sviluppo della persona e per le relazioni umane. Ma l'utopia del "neutro" rimuove ad un tempo sia la dignità umana della costituzione sessualmente differente, sia la qualità personale della trasmissione generativa della vita. La manipolazione biologica e psichica della differenza sessuale, che la tecnologia biomedica lascia intravvedere come completamente disponibile alla scelta della libertà - mentre non lo è! -, rischia così di smantellare la fonte di energia che alimenta l'alleanza dell'uomo e della donna e la rende creativa e feconda".
Nella messa in guardia dall'utopia del "neutro" c'è la profezia accorata e preoccupata che altri Papi hanno condiviso con la l'umanità - non solo con i credenti - di fronte ad altre utopie.
Mi viene in mente san Giovanni Paolo II che nel 1991, due anni dopo il crollo del Muro di Berlino e del "socialismo reale", mette in guardia dall'utopia capitalista: "Sembra che, tanto a livello delle singole Nazioni quanto a quello dei rapporti internazionali, il libero mercato sia lo strumento più efficace per collocare le risorse e rispondere efficacemente ai bisogni. Ciò, tuttavia, vale solo per quei bisogni che sono "solvibili", che dispongono di un potere d'acquisto, e per quelle risorse che sono "vendibili", in grado di ottenere un prezzo adeguato. Ma esistono numerosi bisogni umani che non hanno accesso al mercato. È stretto dovere di giustizia e di verità impedire che i bisogni umani fondamentali rimangano insoddisfatti e che gli uomini che ne sono oppressi periscano" (Enciclica "Centesimus Annus"). Inascoltata, anche se più volte ripetuta negli anni successi, quella profezia di Giovanni Paolo II ha mostrato la sua verità esistenziale nella crisi finanziaria di dieci anni fa, che ancora milioni di famiglie stanno pagando.

I pericoli già presenti. Anche la profezia di oggi sull'utopia del "neutro" non sembra creare preoccupazione sociale e riflessione culturale. Prevalgono silenzio e sorpresa, quasi che l'umanità non sappia nulla apprendere dalle conseguenze delle proprie utopie.
Intanto i segnali di possibili pericoli si moltiplicano e riguardano aspetti diversi e spesso non contigui della vita e della convivenza umane.
Alla fine di luglio in Italia il Comitato nazionale di bioetica ha dato l'assenso all'utilizzo della Triptorelina, molecola sintetica che inibisce l'ormone dello sviluppo testicolare e ovarico, cioè dello sviluppo puberale. Destinatari della terapia sono gli adolescenti che manifestano la disforia di genere, il disturbo provato da chi si sente costretto in un corpo sessuato (maschile o femminile) che non gli appartiene e vorrebbe trasformarsi. Il farmaco che blocca lo sviluppo puberale promette di dare tempo per la scelta. Il fatto è che l'origine del disturbo è ancora clinicamente ignota e che il tempo, in base al Manuale diagnostico e statistico dell'Associazione psichiatri americani, si incarica di far superare naturalmente il disturbo per il 98 per cento dei maschi e l'88 per cento delle femmine, che si riconciliano con il loro sesso originario.
Altre forzature si registrano negli indirizzi di vita collettiva, quando la teoria del gender è inserita in documenti non dedicati all'argomento ma piuttosto alla valorizzazione delle differenze o alla lotta alle sopraffazioni. Oltre che diffondere la surrettizia equiparazione tra discriminazione sessuale e discussione sul gender, questi inserimenti sono spesso in contrasto con legislazioni nazionali, che si tende così a modificare.
È di pochi mesi fa un intervento della Corte costituzionale della Bulgaria, che ha dichiarato incostituzionale il concetto di "gender": l'intervento non è stato motivato da una legge nazionale, ma dalla Convenzione di Istanbul che il Parlamento bulgaro era chiamato a ratificare. Si tratta della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica firmata da 32 Stati nel maggio dei 2011: niente a che fare con il gender, se non che all'articolo 3 se ne dà comunque una definizione: "Con il termine genere ci si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti". È il genere che si costruisce, il genere come verbo e non come sostantivo, su cui teorizza la filosofa Judith Butler. Niente a che vedere con l'idea di uomo e donna nella Costituzione bulgara, ma nemmeno nella Costituzione italiana: il Parlamento italiano ha approvato la Convenzione di Istanbul nel 2013, ma insieme alla firma l'Italia ha depositato al Consiglio d'Europa una nota verbale nella quale dichiara che "applicherà la Convenzione nel rispetto dei principi e delle previsioni costituzionali", ed è proprio la definizione di "genere" a presentare "profili di criticità con l'impianto costituzionale italiano".

L'anagrafe che contraddice la realtà. Il caso della dissonanza tra Convenzione di Istanbul e Costituzioni nazionali rimanda una un'altra categoria di rischi in materia di gender già emersi. Papa Francesco li ha più volti sintetizzati come "colonizzazione ideologica". Una segnalazione particolarmente chiara è quella ai vescovi polacchi in occasione della Giornata mondiale della Gioventù a Cracovia nel luglio 2016: "In Europa, in America, in America Latina, in Africa, in alcuni Paesi dell'Asia, ci sono vere colonizzazioni ideologiche. E una di queste - lo dico chiaramente con "nome e cognome" - è il gender! Oggi ai bambini - ai bambini! - a scuola si insegna questo: che il sesso ognuno lo può scegliere. E perché insegnano questo? Perché i libri sono quelli delle persone e delle istituzioni che ti danno i soldi. Sono le colonizzazioni ideologiche, sostenute anche da Paesi molto influenti".
I consiglieri comunali newyorchesi non sono certo dei colonizzati, tanto che si sono subito autocelebrati per la loro decisione di introdurre la casella "gender x" sul certificato di nascita, dicendo che la loro città "è sempre più campione mondiale sul fronte dell'inclusività e dell'uguaglianza": affermazione non vera, sia per il titolo di "campione" sia per le materie di questo presunto campionato.
Fermiamoci sul "campione". In Canada è dal 31 agosto dello scorso anno che il gender-neutral è inserito come opzione nei documenti. Ma il Canada è arrivato dopo Australia, Bangladesh, Germania, India, Malta, Nepal, Nuova Zelanda e Pakistan. La lista è sorprendente perché contiene paesi che per ordinamento istituzionale e cultura prevalente non sono propriamente all'avanguardia nel superamento delle discriminazioni nei confronti delle donne ed è singolare che mentre impongono limitazioni per sesso abbiamo… anagrafi così "avanzate". L'allarme di Papa Francesco ha dunque fondamento.

30 settembre 2018


5 ottobre 2018
po-049
scrivi al senatore
Tino Bedin