IN POLITICA

Avendo sempre meno da perdere,
molti arrivano a mettere in gioco la democrazia

Una società di diseguali è meno forte
e meno sicura

Il Partito Democratico sceglierà la rappresentanza dei bisogni
e delle speranze della comunità tutta intera?

di Tino Bedin

Stiamo vivendo in Europa e nel mondo una crisi profonda dei sistemi democratici.
Sono passati meno di trent'anni dalla Caduta del Muro di Berlino: allora la democrazia sembrava destinata a dilagare con la sua forza; addirittura la democrazia sembrava così inevitabile che si è arrivati a teorizzarne e purtroppo a praticarne anche l'esportazione sulle ali dei Tornado.

I forti e i deboli. Quella previsione non solo non si è avverata, ma l'Europa e il mondo vedono "divorare le tradizionali categorie della politica con la crisi della rappresentanza, la fine del lavoro come strumento di inclusione, di libertà individuale e di cittadinanza, la rottura del patto della società che teneva insieme i forti e i deboli, consapevoli di una comunità di destino che chiamavamo società" (Ezio Mauro, La Repubblica, 31 dicembre 2016).
Una società di diseguali diventa meno forte e meno sicura di sé. I molti indeboliti nelle sicurezze sociali e di convivenza sono portati a valutare negativamente le capacità della democrazia di rispondere a sfide globali come il terrorismo e le migrazioni. Avendo sempre meno da perdere, molti arrivano a mettere in gioco la democrazia come la conosciamo.
Gioca in questo anche un fenomeno acutamente descritto da Ilvo Diamanti: come succede per il commercio con internet o per l'informazione con i social media, anche per la politica - osserva il sociologo - ci si illude che si possa fare senza della rappresentanza.

Scelta cruciale. Anche senza arrivare all'estremo, il tema della rappresentanza ha condizionato pesantemente il risultato del referendum costituzionale. "La discussione parlamentare sulla riforma costituzionale e sulla legge elettorale ruotò attorno a due assi principali: governabilità e rappresentanza. Il tema di un loro bilanciamento (…) è stato centrale nella elaborazione della riforma. (…) Ma nessuno di noi che lavorammo e sostenemmo quel testo colse - ed è questo il punto politico - che ciò che stava maturando nel sentimento che cresceva attorno alla riforma, e che poi sfociò nelle urne, era il primato del principio di rappresentanza. Un errore politico che si sommò ad altri e ci cui, per mia parte, prendo la responsabilità" (Anna Finocchiaro, Lettera al Corriere della Sera, 7 marzo 2017.
Il tema della rappresentanza è cruciale nell'analisi che il Partito Democratico è chiamato a fare nel congresso in corso e nel progetto da presentare agli elettori. "Noi dobbiamo fare un ulteriore sforzo: non si può bypassare il sistema della rappresentanza, sia politica sia sociale. Intendiamoci, c'è una crisi della rappresentanza, dai sindacati, ai partiti alle associazioni di categoria, ma non possiamo rallegrarci di questa crisi perché una democrazia che non abbia un sistema di rappresentanza forte è una democrazia snervata, esposta a tutte le pulsioni di qualsiasi tempo. Dobbiamo chiederci, al contrario, come noi siamo capaci di sollecitare e favorire una riforma anche di questi soggetti. E questo ci porta alla seconda questione nodale: non si gestisce una fase riformatrice senza un partito" (Piero Fassino, L'Unità, 26 febbraio 2017)
I luoghi in cui più facilmente può nascere la rappresentanza sono le comunità e le città. È qui che il Partito Democratico deve scegliere il suo ruolo e il suo compito: la rigenerazione della democrazia, non tanto e non solo nella sua dimensione etica; intendo la rigenerazione della democrazia come forma della rappresentanza dei bisogni e delle speranze della comunità tutta intera.

19 marzo 2017


23 marzo 2017
po-044
scrivi al senatore
Tino Bedin