IN POLITICA

Berlusconi e la legge sul conflitto di interessi
La posizione dominante in Italia diventa
una grande debolezza in Europa

Nell'organizzazione tecnica e negli stessi contenuti di un sistema televisione europeo, l'Italia potrebbe essere tagliata fuori per l'eccesso di potere del presidente del Consiglio

di Tino Bedin
senatore dell'Ulivo

Il Senato conclude un altro capitolo - neppure questo definitivo - della legge sul conflitto di interessi. È un tema rilevante della politica. È anche un tema importante nella vita dei cittadini? Credo di sì, almeno su un aspetto che fa parte della esperienza quotidiana delle persone: l'uso della televisione.
Uno degli obiettivi essenziali da assicurare anche attraverso la regola-mentazione del rapporto tra politica ed informazione è la possibilità dei cittadini di accendere una televisione e di trovarvi qualcosa di diverso da quella che hanno appena spenta. Sotto questo aspetto il disegno di legge in discussione al Senato è del tutto insufficiente. Il dibattito su questo aspetto ci riguarda come italiani, ma ci interessa anche come europei.
I cittadini europei sono abituati per tradizione o per legge ad una netta separazione degli interessi politici dagli interessi economici; è una "abitudine democratica" diffusa, che si estende dalla Spagna alla Finlan-dia, dal Regno Unito all'Austria. I cittadini europei e i loro governi non po-tranno né vorranno intervenire nelle nostre questioni, ma non accetteran-no che le nostre regole vadano a modificare le loro.
Come possiamo - ad esempio - partecipare alla definizione del sistema europeo delle comunicazioni con un presidente del Consiglio che anche a livello comunitario si troverebbe in conflitto di interessi nel sostenere una scelta piuttosto che un'altra? Toccherà al commissario europeo alla Con-correnza, Mario Monti, prendere atto che Berlusconi dovrà spesso astener-si dal decidere in questa materia (anzi adesso dovrebbe farlo ancora più spesso visto che ha due incarichi).
Non è che dobbiamo preoccuparci dell'Europa. È che dobbiamo essere in condizione di determinare le politiche europee in un settore strategico, in un settore nel quale c'è una parte del nostro futuro. Il sistema televisivo infatti è destinato a giocare un ruolo importante sia nella diffusione delle tecnologie sia nella creazione di un comune sentire europeo a cominciare da una coiné linguistica che diventerà decisiva con l'allargamento. Ri-schiamo di essere senza voce o di essere ascoltati con diffidenza.
Perderemo così non solo una posizione industriale, ma anche una posi-zione culturale. Come potremo ad esempio sostenere il posto ed il ruolo della lingua e della cultura italiane nel sistema televisivo europeo, se la produzione in lingua italiana sarà riconducibile ad un unico potere non solo economico, ma anche politico?

23 giugno 2001

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25 giugno 2002
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