I Comuni e i loro sindaci contano sempre meno nel sistema sanitario del Veneto. Mentre per la normativa nazionale il sindaco è responsabile della salute dei suoi cittadini e la normativa regionale continua ad assegnare ai sindaci il compito di garantire l'equità nell'accesso alle prestazioni sanitarie e sociali, l'organizzazione è sempre più accentrata in capo alla Regione e sempre più collegata all'ospedale. Ora però la drammatica esperienza della pandemia e i contenuti (e i finanziamenti) del piano di ripresa europeo spingono per un riequilibrio del rapporto fra ospedale e territorio. Le amministrazioni comunali devono essere preparate a questo cambiamento; anzi devono pretenderlo.
Con questa finalità il Partito Democratico del Veneto ha organizzato il corso di formazione "Poteri e funzioni di sindaci e amministratori comunali negli ambiti del Sanitario e del Sociale", che ha preso il via mercoledì 12 maggio, con l'introduzione di Claudio Beltramello e le relazioni di Franco Toniolo, Gabriele Petrolito e Anna Maria Bigon. I partecipanti sono stati un'ottantina.
La presa in carico globale - Beltramello è il coordinatore del Gruppo Sanità e Sociale del PD Veneto ed ha sottolineato i contenuti pratici del corso regionale, che mira a fornire competenze in grado di avvicinare i cittadini ai servizi sociosanitari attraverso le amministrazioni comunali.
Franco Toniolo è un esperto di salute pubblica con una lunga esperienza proprio in Veneto. Il suo è un intervento che fornisce titoli e sommario (cioè anche i contenuti della proposta del Partito Democratico) sulla situazione del Servizio sanitario in Veneto: quindi un inquadramento generale ma non generico dell'intero corso. Il riferimento alla struttura ospedaliera è inevitabile, visto il centralismo ospedaliero che il Veneto ha accentuato negli ultimi dieci anni; e visto che comunque il sistema ospedaliero veneto è finito sotto la media europea in quanto ad accoglienza. Come dire che non si tratta di togliere all'ospedale per dare al territorio, ma progredire su entrambe le offerte di salute, cominciando magari a far sì che si conoscano meglio. Spiega: "La cartella clinica di ogni cittadina deve essere condivisa dai medici di medicina generale; questo allo stato non è. Come si fa a teorizzare che c'è una presa in carico globale del paziente, se poi non dialogano i maggiori forniture di servizi sanitari, cioè l'ospedale e il medico di territorio?".
Come fare? Il diverso e più efficace assetto della Sanità in Veneto dovrebbe fare riferimento alle Case della Salute, che devono essere pensate e realizzate come la porta di accesso del cittadino a tutti i servizi sanitari e sociali.
Si può fare? Franco Toniolo pensa che si debba fare, visto che questo tipo di servizi ha cospicui finanziamenti nel Pano nazionale di Ripresa e Resilienza, che ne prevede uno ogni 15-25 mila abitanti e ne indica anche le caratteristiche. Per la Regione Veneto ora non ci sono più alibi se continua a non attrezzare il territorio. Dopo aver clamorosamente "bucato" con gli ospedali di comunità, con le medicine di gruppo, con le lungodegenze tagliate senza alternative, ora riceve dall'Europa le risorse ed anche i modelli organizzativi per avvicinare la cura ai cittadini, per organizzare meglio il territorio, per rendere più efficaci gli ospedali.
Le diseguaglianze in salute - Anche per questo ha avuto ragione di lamentarsi Gabriele Petrolito, medico ed assessore comunale a Mirano. Per il PNRR la Regione ha adottato nei confronti dei sindaci lo stesso metodo che negli ultimi dieci anni ha seguito per ogni decisione sulla sanità: la mostra ai sindaci dopo che è stata presa e chiede loro solo un "mi piace". La responsabilità non è solo di Zaia e dei suoi assessori, annota - amaro - l'assessore: anche i Comuni stanno facendo poco gioco di squadra.
Durante la pandemia si è però visto che questo modello centralistico non dà risposte; o comunque i cittadini non vanno in Regione a fare domande ma nei municipi.
Per Anna Maria Bigon, consigliera regionale dopo essere stata sindaco per dieci anni, il riuscire a dare risposte sanitarie e sociali a livello locale è la garanzia per potenziare la Sanità pubblica. È anche una questione di equità e di democrazia, perché liste d'attesa insostenibili e ricorso al privato non sono solo una sconfitta per la Sanità pubblica; originano infatti anche diseguaglianze crescenti tra chi può pagarsi la salute e chi deve bussare al municipio anche per una visita.