
Una circolare interpretativa si appella ad una legge mai applicata al settore
Per le compagnie di teatro amatoriale una insopportabile tassa previdenziale
L'Enpals vuole fare cassa, ma non tiene conto delle leggi sul volontariato e sulle Onlus; il rischio è che questa espressione di cultura libera e popolare si soffocata di Giuliano Polato segretario della Fita del Veneto
Da quasi trent'anni "faccio teatro", a livello amatoriale, è vero, ma, dati anche alcuni risultati (la compagnia di cui faccio parte ha ottenuto già due volte un alto riconoscimento nazionale per il miglior spettacolo realizzato, il premio Fitalia, con la "Veneziana" di autore anonimo del '500 e con "Il settimo sigillo" mia modesta rielaborazione di due testi di Ingmar Bergman), ad un buon livello, credo. E lo faccio sia come attore che come modesto regista, drammaturgo, macchinista, facchino, articolista per alcune riviste, docente per colleghi insegnanti e teatranti, sempre in quella visione di servizio che anni e anni di scoutismo mi hanno insegnato: trasmettere ciò che si ha e che si crede possa servire agli altri.
Faccio parte del Comitato Regionale Veneto della FITA (Federazione Italiana Teatro Amatoriale), della quale sono segretario.
La FITA conta oltre 900 associazioni affiliate e quella Veneta, in particolare, ben 166 con 2438 soci.In Veneto le nostre compagnie effettuano circa temila spettacoli all'anno, coinvolgendo più di un milione di spettatori, organizziamo il Festival nazionale "Maschera d'oro", il premio letterario "La scuola e il Teatro", organizziamo stages, seminari, incontri, corsi di formazione, pubblichiamo un notiziario trimestrale e un volume annuale con il repertorio delle compagnie, svolgiamo un servizio di editoria specifica teatrale (segnalo l'edizione de' "Breve storia del Teatro" di Luigi Lunari, uno dei più cospicui storici del teatro a livello internazionale e nostro consulente artistico), gestiamo una biblioteca di testi e una videoteca e il sito internet www.fitaveneto.org.
Mi sembra una attività piuttosto considerevole, ma...
Ma da qualche tempo qualcuno si è messo in capo di non farci più lavorare, nonostante la legge sulle Associazioni senza fine di lucro, nonostante le convenzioni stipulate, ad esempio, con la Regione Veneto, nonostante tutto.
Abbiamo la iattura di essere governati dalla sedicente Casa delle libertà (qualcuno ha mai fatto notare a quegli arguti signori che se la libertà ha una casa, cioè ha quattro mura che la imprigionano e, inevitabilmente un padrone di casa, non è più libertà?) che basa tutto il suo (sic!) programma sulla libera iniziativa, sul libero mercato e altre simili amenità. Bene, da circa un anno (che coincidenza!) a capo dell'Enpals (l'ente che si occupa della previdenza e assistenza dei lavoratori dello spettacolo) c'è un nuovo direttore, Massimo Antichi, illuminato conoscitore e interprete di Leggi della Repubblica, dei loro documenti attuativi e delle sentenze della Corte di Cassazione.
Fino a pochi mesi fa, essendo dilettanti, l'Enpals, dopo aver ottenuto anche il nulla osta di agibilità ministeriale, ci rilasciava una "liberatoria" con la quale si attestava che nulla era dovuto all'Ente di previdenza in quanto tutte le prestazioni da noi fornite in ambito teatrale erano gratuite, senza fine di lucro, di tipo volontaristico, come chiaramente espresso anche negli statuti delle singole Associazioni. Un rapporto basato sulla reciproca stima e fiducia e sul riconoscimento dell'importanza della nostra attività per la diffusione della cultura anche nei luoghi più difficilmente raggiungibili e che tale agire necessitava di un inevitabile, seppur minimo, sostegno economico che si realizzava attraverso quella forma di attività commerciale, consentita dalla legge sulle Associazioni senza scopo di lucro e Onlus, consistente nel cachet percepito per i singoli spettacoli.
E' vero, qualche "furbo" c'era, c'è e ci sarà sempre che approfitterà della nostra buona fede, insinuandosi tra gli onesti dilettanti, ma ciò non significa che tutti gli amatori siano disonesti: qualche pecora nera, qualche mela marcia c'è ovunque, in ogni settore.
Ora questo Antichi, unilateralmente, emana in data 4 giugno 2002 una circolare (n. 21, prot. n. 12/CS) che di fatto ci impedirà di "lavorare". Si tratta di una interpretazione personalistica di una legge vecchia di 15 anni e che nessun suo predecessore (ovviamente incapace e malaccorto) ha mai applicato, che egli afferma di conoscere a menadito ("Non so se voi conosciate la legge: IO SI' ") e di una sentenza della Cassazione (n.3304 del 6 aprile 1999) secondo cui "Ogni attività oggettivamente configurabile come prestazione di lavoro subordinato si presume effettuata a titolo oneroso..." e pertanto soggetta alla contribuzione previdenziale; ma non mi sembra che sia anche vero il contrario, cioè che ogni prestazione effettuata a titolo oneroso sia configurabile come lavoro subordinato: ma forse sbaglio, non sono un leguleio.
Quello che ne viene fuori, comunque, è che si vuole tappare la bocca ad un'altra forma di libera espressione, a qualcuno che non vuole o non sa cantare nel coro, con un sistema protezionistico in favore di quei professionisti (che ci amano tanto quando, pagati, vengono ad incontrarci dandoci amorevoli pacche sulle spalle) che non sono in grado di andare ovunque e spesso non paiono così restii a truffare proprio l'ente che li tutela: alla faccia del liberismo e del libero mercato.
E le altre leggi sul volontariato etc.? Non interessano il nostro zelante direttore: egli risponde al Ministro del Welfare (ma non esiste una parola italiana per questo ministero?) e quindi di cultura, promozione sociale etc. chi se ne frega?!
Oh certo, la circolare non dice "il teatro amatoriale deve morire", anzi, ne se incensano i meriti ma... "Guai a voi scribi e farisei che siete come sepolcri imbiancati...". Già, scribi e farisei, o meglio, scribi farisei.
Alcune altre cose per concludere.
La prima è che, dato che un'alta percentuale degli introiti SIAE per il teatro provengono dall'attività dei dilettanti, non credo che questa Società debba rallegrarsi dei provvedimenti dell'ineffabile Antichi.
La seconda è che le nostre compagnie versano regolarmente allo Stato tutte le imposte dovute: anche in questo caso si avrebbe un mancato, se pur di lieve entità, introito.
La terza è che molte località si vedrebbero private della possibilità di conoscere opere teatrali spesso di notevole livello.
La quarta è che anche agenzie professionali di distribuzione, che si avvalgono delle prestazioni delle nostre compagnie (e ne ricevono lustro e contributi pubblici: vedi il caso delle celebrazioni ruzantiane in Veneto per le quali Artenen si è giovata, al fine di ottenere i finanziamenti del caso, anche delle compagnie amatoriali, quali ad esempio quella in cui milito anch'io il cui spettacolo compare sulla pubblicazione ufficiale che la Regione Veneto ha dato alle stampe per le celebrazioni suddette), vedranno assottigliarsi le entrate.
8 luglio 2002 |