Ha suscitato interesse il rilancio fatto dal senatore Tino Bedin sul "peso" elettorale dei bambini, magari attraverso il voto dei loro genitori. Come ulteriore elemento di approfondimento e di discussione proponiamo questa corrispondenza avviata da Pierpaolo Campostrini, esponente veneziano della Margherita, con il senatore Bedin, il coordinatore regionale della Margherita veneta Diego Bottacin e il responsabile dei circoli Mariano Beltrame, oltre che con il professor Luigi Campiglio, il docente dell'Università Cattolica, dalla cui relazione al convegno di Abano della Margherita nazionale il senatore Tino Bedin aveva ricavato la proposta sui bambini nella sua Lettera dal Senato 80.
La dimensione internazionale del voto ai bambini
Caro prof. Campiglio, caro senatore Bedin, cari Diego e Mariano,
al convegno di Abano il prof. Campiglio ha presentato un'idea che mi solletica da tempo, ma che non ero riuscito ad esprimere in sede politica,
fuori dal mio circolo, poichè non la consideravo appieno formata.
Il Sen. Bedin la riprende in un messaggio fatto circolare dal nostro
coordinamento regionale.
Sono molto contento che si sia aperto un dibattito e quindi di poter
dialogare con altri per affinare meglio la questione.
Credo, ma non ne sono certo, che il primo a parlarne fu l'educatore
americano John Holt (1928-1985), e l'idea fu ripresa da altri.
In realtà negli Stati Uniti la proposta negli ultimi mesi è stata ripresa,
anche a conseguenza dell'impoverimento delle fasce più deboli della
popolazione (quindi anche i bambini) ed ha riportato una certa attenzione
anche in altri Paesi.
Per vostra informazione, potete andare ai link:
http://www.childwelfare.com/kids/kidsvote.htm
dove il prof. Duncan Lindsey dell'University of California, Los Angeles fa
un'analisi molto connessa allo specifico statunitense, ma che, mutata
mutandis, si potrebbe applicare anche in Europa.
E' interessante il dibattito riportato su
http://www.crookedtimber.org/archives/000408.html
e anche
http://www.geocities.com/xavy04/english/vote.htm
In Germania "a nonprofit organization makes a child's right to vote the
centerpiece of its agenda. The German Family Association says giving
children the right to vote would force politicians to pay more attention to
the younger generation and lead to policies that could reverse the country's
dropping birth rate".
Non ho tutti gli strumenti per un'indagine più approfondita, ma forse il
prof. Campiglio potrebbe essere interessato a farlo: è sempre utile "internazionalizzare" le conoscenze.
Credo che da noi una proposta un po' più dettagliata avrebbe quantomeno il
pregio di muovere le acque in un dibattito politico un po' sbilanciato sui
problemi dei pensionati dei prossimi dieci-vent'anni e non così attento a
quelli dei bambini di oggi.
Se il nostro "vecchio" Veneto, ma tradizionalmente attento ai bambini ed
alle famiglie, fosse interessato/capace di lanciare questo dibattito, magari
con un convegno/seminario in cui si raccolgono anche altre idee europee.
Pierpaolo Campostrini portavoce del Circolo "Europa" di Venezia
Italiana la primogenitura dell'idea
Gentile ing. Campostrini, la ringrazio molto delle utile indicazioni
bibliografiche. L'altro sabato ho partecipato alla trasmissione della LA7,
L'Infedele, che per metà aveva come titolo proprio l'idea "un bambino un
voto": c'erano anche due qualificati studiosi, un filosofo e un politologo,
entrambi d'accordo sull'idea. Schmitter, il politilogo, ha articolato questa
proposta nel 2000 per la Costituzione dell'Unione Europea. In
quell'occasione sostenevo fra le altre cose che l'idea è "in giro",
preannunciando un breve pamphlet che sto scrivendo in inglese perché il mio
editore di sempre "Il Mulino" mi sembra un po' scettico sul tema. Feci
questa proposta nel 1998 o 1996, non ricordo, in un paper che ovviamente
riprenderò: ma la primogenitura dell'idea è per una volta italiana e ancora
più antica di John Holt: a mia conoscenza il primo a proporla è stato padre
Rosmini nel suo progetto di Costituzione del 1848 (me lo segnalò il prof.
Campanini). Per quello che vale ho formulato la medesima proposta in due
convegni in Spagna, trovando ampi consensi. Ma al di là delle primogeniture
la questione è quella di affermare con chiarezza che ci troviamo di fronte a
un dilemma delle nostre democrazie, di cui occorre articolare con chiarezza
la natura. Ho visto che nel programma finale l'idea non è stata ripresa -
poco male - ma nemmeno l'argomentata proposta di una fiscalità francese ha
trovato spazio, presumo di nuovo per considerazioni di tipo politico. Come
vede l'esigenza di far convergere l'interesse politico con quello dei minori
è molto reale ed urgente: c'è bisogno di discuterne in modo costruttivo e se
questo avvenisse non escludo che potrebbe essere un argomento delle prossime
elezioni politiche in Italia.
Prof. Luigi Campiglio Università Cattolica di Milano
La difficoltà resta molto grande
Caro professore Campiglio, sono più che felice di apprendere che l'idea in questione abbia radici più
lontane (italiane, in particolare) e che abbia già camminato, grazie a Lei,
più speditamente di quanto sapessi! Sarei lieto, quando lo ritroverà, di
leggere una copia del suo paper e mi auguro che l'editore del "il Mulino" si
convinca che il tema è di interesse anche italiano. Almeno un cliente è già
assicurato.
Se un dilettante della politica, quale io sono, è venuto indipendentemente
ad argomentare con altri ignari amici sull'argomento, vuol dire che forse
per essa è il momento giusto!
Mi occupo
professionalmente di un altro, completamente diverso, settore scientifico.
Da cittadino, genitore, e (già) educatore in AGESCI (dove ho ricoperto
qualche incarico a livello nazionale ed internazionale), ho avvertito ed
avverto l'estrema difficoltà di far arrivare all'attenzione politica
generale temi e bisogni propri del mondo degli under 18 e delle famiglie con
figli piccoli.
La fondamentale ingiustizia e, mi permetta, l'ottusità della politica
fiscale nei confronti delle famiglie, ahimè anche dei governi
pre-berlusconi, è forse l'esempio più eclatante. Nonostante sia auspicabile,
temo sia difficile realizzare nel nostro paese una fiscalità di tipo
francese, proprio per la scarsa rappresentatività politica attuale delle
famiglie, stante anche (a differenza che in Francia) il loro sempre più
ridotto peso demografico. Il nostro convegno di Abano, come Lei ha
giustamente notato, non pare aver provocato un indirizzo in tal senso.
Al congresso federale di Rimini, cui ho partecipato lo scorso week-end, mi
veniva fatto di pensare che sono molti i leader della Margherita, anche di
estrazione cattolica, i quali non hanno una famiglia o hanno situazioni
personali "confuse", ma non so se ci sono statistiche. Forse i ritmi della
politica vissuta a quel livello denunciano una certa incompatibilità con la
vita familiare. Certo gli organizzatori del convegno non avevano predisposto
una nursery per i figli dei delegati! I miei, come quelli di altri, erano a
casa con la mamma (che, per inciso, è molto tradizionalmente anche la mia
unica moglie): ma abbiamo votato una mozione, che anch'io ho sottoscritto,
che garantisce al sesso femminile un numero di "posti" a tutti i livelli.
Non abbiamo aggiunto condizioni sul fatto che le donne "garantite" abbiano o
meno prole.
La difficoltà di conciliazione di esigenze lavorative e familiari succede
anche in altre "carriere", per carità, con la differenza che le leggi sono
predisposte da queste persone.
Per questo ritengo che solo una variazione della composizione
dell'elettorato, che la riequilibri in merito al peso crescente delle
generazioni più vecchie, possa permettere un vero cambiamento di mentalità
ed approccio.
Pierpaolo Campostrini portavoce del Circolo "Europa" di Venezia
16 marzo 2004
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