
Anche l'indulto è una forma di condono
I problemi delle carceri non si risolveranno liberando qualche migliaio di detenuti
Applichiamo piuttosto le leggi che già consentono alternative alla detenzione
di Nino Pipitone consigliere comunale a Padova
Propongo alcune riflessioni in merito al prossimo voto Parlamentare sull'indulto. Premesso che parlando in giro con amici e conoscenti non ho ancora trovato una persona concorde con tale eventuale decisione parlamentare, la mia opinione è che trovo sbagliato agire tramite indulti più o meno pesanti per risolvere problemi di gestione, anche seri, dell'amministrazione penitenziaria. Anche questa è una forma di condono, non meno criticabile degli altri che ha recentemente approvato il governo Berlusconi. Se i problemi di capienza e vivibilità delle carceri sono, in alcune situazioni, ai limiti della decenza allora si intervenga nell'adeguamento delle strutture, nell'ampliare l'organico della Polizia Penitenziaria (oggi in gravissima carenza di uomini), nel fornire strutture e servizi agli istituti di pena, nell'assunzione di personale civile si supporto (psicologi, educatori,...). Insomma con maggiori investimenti economici. Non è liberando qualche migliaio di detenuti che verranno risolti i problemi del pianeta carcere, né questo migliorerà la sensazione di insicurezza che pervade gran parte del popolo italiano. E al primo grave atto criminoso (cosa non improbabile) di uno di questi ex-detenuti cosa succederà? Come reagirà la cittadinanza? Chi si assumerà le responsabilità politiche di eventuali crimini? Non sono domande banali. Né possono essere considerate posizioni di destra o anticlericali. E' una questione di giustizia giusta: chi compie reati deve scontare la giusta pena, nel rispetto dei soggetti che di quei reati sono stati vittime, nei confronti della società civile che viene colpita nella sua globalità, nei confronti dello Stato che deve essere garante delle leggi e della loro corretta e piena applicazione. Non conosco la posizione della Margherita in merito (per mia scarsa attenzione?) di certo non possiamo lasciare la battaglia per la "difesa" della sicurezza del popolo alla lega di Bossi o ad AN (con tutte le varie contraddizioni). Sono convinto, anche come operatore negli istituti di pena, che uno stato civile deve garantire ai detenuti condizioni di vita accettabili e che bisogna lavorare per il reinserimento dei reclusi nella società dopo avere scontato il proprio debito con la giustizia. Allora, invece dell'Indulto, perché non lavoriamo affinché possano essere premiati quei soggetti detenuti che realmente hanno dei comportamenti virtuosi, che hanno mostrato segni certi di ravvedimento, che sono pronti al reinserimento nel mondo del lavoro. Perché non lavoriamo ad una applicazione piena delle leggi e dei regolamenti che già oggi consentono vie alternative alla detenzione con progressivi step di avvicinamento alla libertà. Non penso che la stragrande maggioranza degli italiani approvi un provvedimento che tagli con l'accetta pene residuali non marginali per migliaia di detenuti. Una riflessione su questo spero che venga effettuata approfonditamente dalla Margherita nazionale.
1 gennaio 2003
|