DEMOCRAZIA È LIBERTÀ

Intervento al congresso provinciale
della Margherita di Padova

Una scuola rinnovata
o un ritorno al passato?

Dal Rapporto Bertagna al disegno di legge Moratti, passando per la legge Finanziaria e per il disegno di legge di riforma degli Organi collegiali

di Patrizia Cibin
circolo Scuola della Margherita di Padova

Il Rapporto Bertagna
I punti più controversi erano per noi i seguenti:
1- Le 25 ore settimanali dell'orario scolastico obbligatorio. Per le elementari e le medie si delinea la scomparsa del tempo lungo e prolungato. I bambini perderanno occasioni culturali e di socializzazione e saranno affidati alla Tivù, con gravi difficoltà per le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano. Ciò vale anche per le superiori, con l'aggravante dell'impoverimento della qualità dell'apprendimento nelle specifiche discipline. Il rischio è la banalizzazione e la superficialità del sapere.
2 - Le 300 ore facoltative di laboratori ampliano davvero le possibilità di scelta delle famiglie? Queste ore facoltative per le famiglie sono quelle stesse scomparse dall'orario obbligatorio. Nelle 300 ore rientreranno alcune discipline che, finora, sono state garantite a tutti, poiché svolgono un ruolo fondamentale nel processo educativo. Scaricare sulle famiglie l'opzione per queste discipline ci sembra piuttosto un modo per scoraggiare o addirittura escludere gli studenti che hanno alle spalle un ambiente meno ricco e colto, o che abitano fuori sede.
3 - La radicate separazione dei percorsi della formazione (=avviamento al lavoro) e dell'istruzione (= i licei)? La riforma rischia di degradare la formazione professionale ad una mera acquisizione di attività pratico-lavorative. Invece, tutti i giovani dovrebbero poter fruire, almeno fino a 16 anni, di un'educazione aperta e critica. L'elasticità intellettuale è da tempo richiesta anche dalle imprese. Nessuno a 13 anni deve essere sottoposto ad una scelta così limitativa.

La Legge Finanziaria
Ha introdotto un importante provvedimento: la riforma della maturità, affidata, per ragioni esclusive di risparmio, ai soli professori interni. Può essere un tasto delicato per la percezione che ne hanno le famiglie, che forse possono pensare sia opportuno risparmiare ai loro figli un motivo di tensione.
Ma le ripercussioni di una tale scelta sulla qualità della scuola saranno negative. Come insegnanti pensiamo che il sottoporsi a una prova, alla verifica di un percorso, abbia invece un valore positivo, di maturazione, di assunzione di responsabilità. Oggi viene meno uno stimolo importante per gli studenti, quello a cercare di migliorare, sebbene, a volte, all'ultimo momento, una preparazione lacunosa.
L'ultima riforma della maturità aveva trovato un punto di equilibrio, rendendo paritaria la presenza di interni ed esterni.
E' appena il caso di notare che la presenza di colleghi esterni si traduceva in uno stimolo a fare di più e meglio anche per i professori; oggi, per gli insegnanti, viene meno una forma di verifica del proprio lavoro, quel confronto consuntivo con i colleghi che è stato un fattore di qualità per la scuola contribuendo a rendere discretamente omogenea e adeguata la preparazione degli studenti.

Il disegno di legge Moratti
Resta poco del rapporto Bertagna in quei 6 articoli che contengono altre deleghe al Governo, sottraendo, perfino al Parlamento, la discussione sulla riforma della scuola. Resta proprio quel che abbiamo giudicato più grave, la precoce separazione tra i Licei e la Formazione professionale. Come insegnanti, sappiamo che un ragazzo o una ragazza non possono, a 13 anni prendere una decisione così grave e più o meno definitiva. A 13 anni e almeno fino a 16 è opportuno prevedere per tutti più strumenti generali che competenze particolari, dando la priorità alla capacità del giovane di affrontare i problemi con senso critico (le nozioni, invecchiano subito, rendendo la persona meno autonoma). Sappiamo che ci sono ragazzi che non vogliono impegnarsi nello studio (perché la società in cui vivono premia altri valori), ma a quell'età bisognerebbe dare a tutti la possibilità di sperimentare anche attività fisico-pratiche, anziché costringerli ad entrare, precocemente e definitivamente, in un canale di formazione prevalentemente addestrativo.

Il disegno di legge sulla riforma degli Organi collegiali
Diciamo subito che le "Norme concernenti il governo delle istituzioni scolastiche" approvato dalla VII Commissione della Camera il 28 febbraio 2002 ci preoccupa sotto diversi aspetti.
Molti sono i punti che ci lasciano perplessi e intorno ai quali abbiamo discusso senza essere riusciti a definirne compiutamente il senso, in mancanza dei molti altri tasselli dell'annunciato ridisegno della scuola: il ruolo forse un po' troppo forte del dirigente scolastico, una certa confusione tra gli aspetti gestionali ed educativi in seno al Consiglio della scuola, il nucleo di valutazione presieduto dal genitore più "votato" (?!) e con la presenza di un soggetto esterno (?!), la riduzione delle rappresentanze di docenti, studenti, genitori con l'eliminazione del personale ATA. Il punto che riguarda la riduzione delle rappresentanze delle componenti introduce il tema su cui intendiamo soffermarci, cioé la filosofia del provvedimento, che, a nostro giudizio, sembra volta a sancire la fine della scuola come comunità educante. Intendiamo giustificare questa nostra valutazione d'insieme, con la breve disamina delle sole norme relative a quell'organismo che, tra quelli attivi a partire dai decreti delegati del 74, ha avuto un ruolo talvolta controverso ma, spesso, più dinamico e flessibile: il Consiglio di classe.
Nel disegno di legge, tra gli organi della scuola, i Consigli di classe non figurano più. Crediamo di ritrovarli - investiti della sola funzione di valutazione - in quegli "organi di valutazione collegiale degli alunni" di cui all'art. 2 punto d). Nel rinvio all'art.7, leggiamo che "I docenti, nell'esercizio della propria responsabilità professionale, valutano gli alunni, periodicamente ed alla fine dell'anno scolastico, in sedi collegiali e secondo modalità organizzative coerenti con i percorsi formativi degli alunni stessi indicate dal regolamento della scuola". Queste aggregazioni periodiche dei docenti, finalizzate alla valutazione consuntiva, nulla hanno a che spartire con l'organismo che, nel bene e nel male, ha fatto in questi anni, del gruppo-classe, una comunità.
La funzione di programmazione didattica, demandata dal disegno di legge unicamente al Collegio dei docenti, si sostanzierebbe nell'elaborazione del Piano dell'Offerta Formativa (art.5). Nella nostra esperienza "sul campo", abbiamo verificato che tra il POF e gli utenti si colloca necessariamente il gruppo di raccordo del Consiglio di classe. I Consigli di classe in questi anni sono stati i veri organi della programmazione didattica declinata, sulle linee del POF, per quel particolare gruppo-classe.
L'esperienza dei Consigli di classe si è andata caratterizzando per la progressiva apertura: intorno al nucleo degli insegnanti si sono sempre più riuniti genitori e studenti, non solo i rappresentanti di queste componenti, per concordare insieme i percorsi educativi specifici della classe, risolvere eventuali problemi tra gli studenti e tra gli studenti e gli insegnanti, mediare le esigenze diverse, così come una comunità educante deve fare. La scuola, infatti, è prima di tutto relazione. La richiesta di relazione come attenzione alle differenze individuali, che è sempre stata tipica della scuola, si è andata facendo sempre più forte, man mano che, a partire dalla media unificata, l'allargamento dei diritti di cittadinanza ha trasformato, rendendolo più vario e colorato, il panorama delle nostre aule: studenti di qualsiasi provenienza socioeconomica, ragazze finalmente in massa alle superiori; alunni diversamente abili; bambini immigrati…
I Consigli di classe sono stati il luogo della mediazione di queste e altre differenze: la dialettica interna a tali istanze, che può condurre a piccoli e grandi conflitti nella ordinaria vita scolastica, ha trovato tante volte, in queste riunioni collegiali, le sintesi necessarie a stabilire i principi della convivenza e della tolleranza. A meno che non si pensi che la scuola d'ora in poi, non intenda più farsi carico di questa fondamentale funzione di mediazione-integrazione, chiediamo ai nostri rappresentanti in Parlamento di impegnarsi a ripensare il disegno di legge.

Segnali inquetanti nel Veneto
Alcuni inquietanti segnali vengono proprio dalla nostra Regione, il Veneto. Nel quadro della predisposizione del taglio di ottomila e cinquecento posti degli organici docenti, previsto dalla Legge Finanziaria statale del 2002, risultano penalizzate e sperequate, rispetto ad altre, proprio quelle regioni particolarmente avanzate in materia di quantità e qualità del servizio offerto. In Veneto, regione fortemente impegnata nello sviluppo di un'offerta formativa allargata e integrata col territorio, perderanno il posto ben 772 docenti. Ne risulterà penalizzato in modo particolare il tempo pieno, lungo e prolungato nella scuola dell'obbligo.
E' chiaro quale sarà l'impatto che misure del genere produrranno nella vita quotidiana delle famiglie.
Chi lavora nella scuola non è affatto contrario per principio al cambiamento o incline alla difesa dello status quo. Va ricordato, piuttosto, che la scuola è profondamente cambiata in questi anni proprio per opera degli insegnanti: sperimentazioni, ampliamento dell'offerta formativa, percorsi educativi ad hoc realizzati dai consigli di classe, alternanza scuola-lavoro, che non é inventata oggi dalla Moratti ma è da tempo realtà nei tecnici e nei professionali, soggiorni all'estero dovuti allo realizzazione dei progetti europei.

Le proposte della Margherita:
una Scuola per tutti, eccellente per tutti
Una scuola pubblica di qualità per tutti:
- prevede più strumenti generali che competenze particolari, dando la priorità alla capacità del giovane di affrontare i problemi con senso critico aiuta i ragazzi che non vogliono impegnarsi nello studio (perché la società in cui vivono premia altri valori) a sperimentare anche attività fisico-pratiche, anziché costringerli ad entrare, precocemente e più o meno definitivamente, in un canale di formazione prevalentemente addestrativo;
- sostiene la famiglia nelle sue difficoltà a prendersi cura dei figli senza discriminare gli allievi in base alla loro appartenenza sociale, religiosa, nazionale, ecc., favorendone invece l'inserimento nel rispetto delle differenze;
- accoglie tutti gli allievi, compresi i portatori di handicap;
- aiuta ciascun allievo a realizzare il proprio progetto di vita sulla base della valorizzazione dei propri talenti, opponendosi al determinismo sociale;
- assicura il libero confronto delle idee, salvaguardando il pluralismo nell'insegnamento e nell'apprendimento;
- recluta imparzialmente i docenti, in base ai titoli culturali, professionali e di servizio, validi per tutti;
- garantisce la libertà e l'autonomia dell'insegnamento, esercitata anche attraverso la sua dimensione collegiale, nell'interesse dell'allievo.

Abano Terme, Cinema Marconi, 16 marzo 2002

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19 marzo 2002
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