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Il Consiglio europeo di Nizza sulla riforma istituzionale
Tra il 7 e il 9 dicembre la "capitale" dell'Europa ha sede a Nizza, in
Francia. Già da mesi però l'Europa fa riferimento a Nizza e ci sono forti probabilità
che questa città mediterranea entri a far parte delle "città d'Europa": come
Roma (dove è nata la Comunità europea), come Strasburgo o Bruxelles, come Maastrich. Il
Consiglio europeo che vi si riunisce è un evento normale: succede ogni sei mesi in una
città diversa dell'Unione. Straordinario è invece l'ordine del giorno che questo
organismo (raccoglie i capi di stato e di governo dei 15 stati dell'Unione e il presidente
della Commissione europea) deve affrontare.
L'impegno concreto, sul quale si misurerà il successo (o l'insuccesso) del consiglio di
Nizza, è un nuovo Trattato dell'Unione Europea. Se ne discute da mesi da parte delle
diplomazie in quella che tecnicamente si chiama la Conferenza intergovernativa. Fino
all'ultimo appuntamento (lo hanno letteralmente battezzato "conclave" e si è
tenuto di sabato e di domenica) i diplomatici non hanno prodotto molto. Vedremo cosa
faranno i governanti. Ad ogni modo quasi sicuramente dopo il 9 dicembre, il documento
fondamentale dell'Unione Europea si chiamerà "Trattato di Nizza" e sostituirà
quello attualmente in vigore, che è il "Trattato di Amsterdam".
Questo di Amsterdam non è un trattato "vecchio". E' entrato in vigore il primo
maggio dell'anno scorso. Ma anche come trattativa è fresco: è stato infatti concluso ad
Amsterdam, appunto in uno dei semestrali Consigli europei, il 13 giugno del 1997, appena
tre anni fa.
Allora Amsterdam non divenne "famosa" come Nizza lo è adesso. Il Parlamento
italiano, tanto per fare un esempio, era lo stesso che c'è oggi, ma non si fece
altoparlante d'Europa come sta avvenendo da ottobre ad oggi, con dibattiti, scontri,
riconciliazioni (l'ultima, riconciliazione, alla Camera con mandato quasi unanime al
presidente Giuliano Amato). Eppure neppure quella fu una trattativa facile: addirittura fu
così difficile che nei tre giorni del Consiglio europeo di Amsterdam i capi di stato
riuscirono a mettersi d'accordo solo sui contenuti del trattato e non sulle parole: il
testo infatti dovette essere approvato il 2 ottobre successivo in un Consiglio europeo
straordinario.
E neppure tutto si riuscì comunque a concordare. Restarono quelli che sono ancora adesso
chiamati i "resti di Amsterdam": questioni che riguardano il funzionamento
interno dell'Unione, quanto pesano i singoli stati, quanti membri deve avere la
Commissione. Italia, Francia e Belgio sottoscrissero il Trattato di Amsterdam a condizione
che ci si impegnasse a discutere delle questioni rimaste in sospeso immediatamente dopo la
ratifica del Trattato, appunto da partire dall'1 maggio 1999. Ciò è avvenuto e tutto
faceva pensare che a Nizza ci sarebbe stata polpa per i diplomatici e gli europeisti, ma
poco gusto per gli europei
Invece tra Amsterdam e Nizza è un successo un fatto che ha cambiato l'Europa: la guerra
del Kosovo. Archiviata dall'informazione appena è tornato indietro l'ultimo bombardiere;
trasformata appena possibile dalla tv in azione di polizia, con il volto dei nostri
carabinieri tra kosovari e serbi, quella guerra ha posto l'Unione Europea di fronte allo
specchio della sua ragione di vita e l'ha spinta a scelte che da quella origine sono
motivate.
Dal suo primo nome, "Comunità economica europea", all'euro il profilo esterno
dell'Europa unita è sempre stato prevalentemente economico: quasi a non voler dare
preoccupazioni ma solo opportunità ai propri concittadini. Ma fin dall'origine la scelta
dei sei paesi fondatori non era economica: la scommessa era quella di allontanare per
sempre la guerra dall'Europa, togliendo le ragioni economiche di ogni conflitto e
abituando al lavoro comune stati grandi e stati piccoli, continente e mediterraneo.
I bombardieri che nella primavera dello scorso anno, per la prima volta dalla primavera
del 1945, si alzavano dall'Europa per scaricare le bombe in Europa hanno costituito una
sfida cui dare risposta subito, mirata ed insieme ambiziosa quanto quella che era
cominciata con il Trattato di Roma.
Al Consiglio europeo di Colonia, Germania, nel giugno 1999, l'Unione decide di far
scrivere la Carta dei diritti fondamentali dei suoi cittadini: le barbarie viste nella ex
Jugoslavia avevano mostrato che i valori condivisi dagli europei non hanno cittadinanza
dovunque; e allora era indispensabile codificarli, per gli europei, ma anche per quelli
che sono fuori dall'Unione, perché ci riconoscano per le nostre idee e non solo per le
nostre economie.
Questa Carta verrà ufficialmente proclamata al Consiglio europeo di Nizza. Non voleva e
non vuole essere una Costituzione dell'Europa. Vuole essere la risposta della pacifica e
tollerante Europa all'insorgere nel mondo e anche nel vecchio Continente di
contrapposizioni sanguinose. Riunione dopo riunione dell'organismo che nell'ultimo anno
l'ha scritta, questa Carta è diventata qualcosa di più. Ora è lo strumento in mano agli
europei per discutere fra loro di cosa insegnare ai figli che cresceranno con una sola
moneta in tasca; e ne abbiamo da discutere: basti pensare al ruolo delle religioni nella
società europea. Su questo la Carta è attualmente troppo timida. Il documento che verrà
proclamato a Nizza poi - come ha dichiarato la Conferenza episcopale europea - farà fare
un passo in avanti all'Europa politica. A Nizza Italia e Germania andranno con una
proposta: coinvolgere i popoli dell'Unione in una Grande Convenzione da tenere non prima
del 2004, quando non saremo più in 15, per scrivere la Costituzione europea partendo
dalla Carta.
Non saremo più solo in 15 a far parte dell'Unione perché ancora al Consiglio europeo di
Colonia l'Unione ha deciso che l'allargamento non sarebbe stato solo una questione
economica. Gli stati candidati a diventare "soci" devono avere bilanci in
regola, ma bisogna accelerare prima che le loro condizioni determino ulteriori guai alla
pace. Dopo la guerra del Kosovo l'allargamento diventa non una prospettiva ma un impegno.
A Nizza il punto centrale della discussione sul nuovo Trattato sarà come fare in modo che
l'Unione funzioni quando saremo il 27 stati membri. Certo ci sono anche rapporti di forza
interni da bilanciare, ma il punto è non trasformare la grande Europa solo in un'area in
cui circolano facilmente le merci: occorre che si prosegua anche l'integrazione delle
società e dei cittadini.
Sei mesi dopo Colonia, a Helsinki, Finlandia, un altro Consiglio europeo ha deciso, sempre
avendo in mente la guerra del Kosovo, di dotare per la prima volta l'Europa di un suo
contingente militare. Il contingente (60 mila persone, 400 aerei e 100 navi) è stato
costituito a Bruxelles lunedì 20 novembre. A Nizza il Consiglio deciderà come sviluppare
una capacità autonoma di prendere decisioni e condurre operazioni militari sotto il
comando dell'Unione, qualora non sia coinvolta anche la Nato.
Carta dei diritti, allargamento, riforme interne, politica di sicurezza sono tenuti
insieme dalla prospettiva originaria dell'Europa: il modello di convivenza su cui l'Unione
è nata e sta crescendo. Per questo Nizza è "capitale d'Europa" nel fine
settimana dell'Immacolata. Se lo resterà, sarà una buona occasione per riparlarne; da
europei.
1 dicembre 2000
1dicembre
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