"Solidarnosc", solidarietà, si chiamava il movimento sindacale nato sul finire degli anni '70
La Polonia di Walesa non c'è più
La maggioranza silenziosa è percorsa periodicamente da fremiti di anti-comunismo tanto demagogico quanto fuori tempo, e da accessi di nazionalismo
Fra i tanti "no" opposti dagli stati membri della Ue alla ripartizione dei migranti fra i singoli paesi del club 28, quello che colpisce di più è il rifiuto polacco. "Solidarnosc", solidarietà, si chiamava il movimento sindacale nato sul finire degli anni '70 nei cantieri navali di Danzica e guidato da Lech Walesa. Quella bandiera interpellava tutto il mondo libero e in particolare il Vaticano, dove Giovanni Paolo II pregava - e non soltanto pregava - per il successo dei suoi connazionali, in stragrande maggioranza cattolici militanti di una delle più valorose Chiese del silenzio. Solidarietà, chiedevano operai, intellettuali, studenti e solidarietà ottennero dall'Occidente che li appoggiò, li difese, li portò ad esempio fino al crollo dell'impero comunista, un decennio dopo. Senza Woityla e senza Walesa il gigante sovietico sarebbe probabilmente imploso egualmente, ma in tempi molto più lunghi e con costi umani incalcolabili. Da allora è passato appena un quarto di secolo, ma i governanti e gran parte dei cittadini polacchi sembrano aver dimenticato il senso profondo della loro odissea, caratterizzata agli inizi del '900 da un'emigrazione massiccia verso gli Stati Uniti dove, con le ovvie difficoltà, furono presto integrati al pari di italiani e irlandesi: altro popolo, quest'ultimo, di fervente cattolicesimo che oggi dà riparo fiscale alle multinazionali, ma respinge rudemente i dannati del Mediterraneo. La fuga dei polacchi dalla patria continuò dopo la caduta del generale Jaruzelski e dell'ultimo paravento del socialismo reale: questa volta vennero in Europa, dove ebbero certo problemi a integrarsi, ma da dove nessuno, magari anche per rispetto del Pontefice, li rispedì a casa. I più giovani non ricordano certo le feroci polemiche sul cosiddetto "idraulico polacco" la cui concorrenza a prezzi stracciati spaventava artigiani e operai nostrani, e la benevolenza delle nostre autorità verso le "badanti" sans papiers che divennero un serbatoio di straordinaria umanità per i più anziani o i più malati fra noi. Adesso la Polonia ha davvero cambiato pagina. Da un punto di vista economico ha una crescita costante del Pil e, grazie all'ingegnosità dei suoi figli e ai finanziamenti dell'Ue, cui fu il primo paese ex comunista ad aderire, sembra andare a gonfie vele. Anche perché, fattore non trascurabile, non adotta l'euro e quindi scansa gli effetti perversi che la moneta unica ha provocato in tanti paesi europei, ai quali il presidente del Consiglio d'Europa Donald Tusk, già presidente polacco, raccomanda con zelo rigore e austerità. Per dire tutta la verità, questo Tusk non è certamente da disprezzare. Il suo partito, Piattaforma Civica, dagli inizi del nuovo secolo ai giorni nostri ha garantito non solo un relativo benessere economico, ma anche una crescita democratica a volte zoppicante, com'è inevitabile con quella tremenda eredità da smaltire, ma in apparenza solida e matura. Perché in apparenza? Perché sciaguratamente la maggioranza silenziosa è percorsa periodicamente da fremiti di anti-comunismo tanto demagogico quanto fuori tempo, e da accessi di nazionalismo che gran parte della Chiesa polacca, lontana anni luce da Woityla e ancor più da Francesco, alimenta sfruttando questi sentimenti in proprio favore. Espressione politica prevalente di tali forze è il partito "Diritto e Giustizia", partito anti-europeista e ultraconservatore fondato e animato dai due gemelli Kaczynski (da fanciulli star televisive) uno dei quali, Lech, è morto nel 2010 quando era a capo dello Stato in un incidente aereo a Smolensk che suo fratello Jaroslaw, allora premier, attribuì senza remore a una manovra dei servizi segreti russi impegnati, come sempre nella storia, a fare male ai polacchi. E siccome i polacchi manifestano pari avversione per i vicini del Nord, gran parte di loro si convinse ed è convinta della teoria del complotto. Adesso proprio una creatura dei gemelli, Andrzej Duda, alle presidenziali dell'11 maggio scorso ha battuto il presidente moderato Bronislaw Komorowski e rischia di vincere al ballottaggio, fissato domenica prossima. Anche perché su di lui si riverseranno i molti consensi raccolti da Pawel Kuzik, cantante popolare e populista, noto per le sue simpatie naziste.
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