RASSEGNA STAMPA

Europa
2 febbraio 2011
Mario Lettieri
Paolo Raimondi


Eurobonds: difesa e sviluppo dell`Europa

Secondo l'Ocse, nel 2010, tra rifinanziamenti di obbligazioni in scadenza e nuovi titoli, nel mondo sarebbero stati emessi bond di debito pubblico per 16 trilioni di dollari! Purtroppo, 10 trilioni di bond americani si basano su ipoteche e in parte, circa 1,4 trilioni di dollari, sui mutui subprime speculativi.
Non si comprende l'agitazione dei mercati sulla solvibilità della Grecia, o dell'Irlanda, che pur avendo rispettivamente un debito totale di 236 e di 867 miliardi di dollari (dati Bri di qualche mese fa), hanno però un'economia reale sottostante abbastanza funzionante. Stranamente l'accanimento di "lor signori" non riguarda il trilione e mezzo di dollari di mutui subprime inesigibili.
I grandi operatori finanziari internazionali, capitanati dalle 5 banche americane dominanti, puntano di volta in volta le loro scommesse contro una delle pedine europee più deboli, consapevoli evidentemente della non coesione nelle politiche economiche e finanziarie e di confronto alla speculazione dell'Ue. A fronte di tutto ciò si ripropone con forza la necessità di far ricorso agli eurobonds, come risposta difensiva e come misura di rilancio dell'economia. La proposta di Giulio Tremonti e Jean-Claude Juncker di emettere obbligazioni europee per rimpiazzare titoli di debito pubblico dei paesi dell'Ue in quantità non superiore al 40% del loro Pil è valida.
Non si tratta di creare nuovo debito, ma di fornire uno scudo più robusto al debito pubblico dei paesi europei impegnati in politiche di risanamento dei loro conti pubblici. Contrariamente a quanti temono un allentamento nel rigore di bilancio degli stati più indebitati, questi sarebbero messi in condizione di operare con maggior sicurezza e continuità nella realizzazione delle loro politiche correttive.
La stessa Germania, oggi non del tutto d'accordo con gli eurobonds, avrebbe il vantaggio di ridurre la propria quota nel fondo di salvataggio, garantendo così anche le banche tedesche pesantemente esposte nei confronti della Grecia, dell'Irlanda del Portogallo e della Spagna per oltre 520 miliardi di dollari.
Gli oppositori degli eurobond sono invece tra i più facinorosi sostenitori della politica del "quantitative easing" della Bce. Tale politica, con la immissione di nuova liquidità, ricalca la vecchia strada monetaria che avvantaggerebbe il sistema bancario internazionale, creando nel contempo una spinta inflattiva.
Si ricordi che già nel 1993 Jacques Delors propugnava gli Union Bond europei per finalizzarli alla produzione di ricchezza reale e all'aumento dell'occupazione attraverso la realizzazione di grandi progetti infrastrutturali e di innovazione tecnologica nei settori dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, della ricerca, ecc.
Noi riteniamo che gli eurobond siano le due facce della stessa medaglia, una che protegge dalla speculazione e l'altra che favorisce la crescita economica per aiutare l'Ue a uscire dalla pericolosa impasse in cui oggi si trova.

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7 febbraio 2011
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Tino Bedin