Rinnoviamo il Parlamento italiano, ma il voto del 24 e 25 febbraio non riguarda solo l'Italia. Votiamo da italiani e da europei e le scelte che faremo avranno influenza sulla vita nostra e sulla vita dei ciprioti e dei finlandesi (e di tutti gli altri abitanti dell'Unione). Siamo uno degli Stati più importanti dell'Unione Europea, per abitanti, per economia, per relazioni. Quello che decideranno il Parlamento ed il Governo che usciranno dalle nostre urne riguarderà anche molti altri popoli.
Un tema evitato. Non ci siamo ancora abituati a questa dimensione. Non aiutano a far crescere questa consapevolezza né le sparate di Berlusconi sui complotti internazionali che l'avrebbero fatto cadere né i goffi tentativi di Monti di accreditarsi come l'amico di Angela Merkel.
La campagna elettorale non ha chiesto ai cittadini di confrontarsi anche su questa più ampia cittadinanza. Né i cittadini hanno chiesto ragione ai partiti. Ad esempio non hanno chiesto ragione a Grillo del fatto che il Movimento 5 Stelle proclama la possibile uscita dell'Italia dall'euro. Oppure non hanno chiesto ragione a Berlusconi del perché abbia accettato (quando era primo ministro) di anticipare dal 2014 al 2013 il pareggio di bilancio, con le conseguenze delle stangate che hanno impoverito gli italiani nel corso del 2012 per poter conseguire quel risultato.
È come se gli italiani e i loro partiti (consolidati o improvvisati) si fossero detti: ne abbiamo già abbastanza delle nostre cose per preoccuparci anche di Berlino, di Parigi, di Madrid, di Atene o di qualche altro governo.
Italia protagonista. Così i riferimenti - pur qualche volta maldestri - all'attenzione che a livello internazionale si riserva al voto degli italiani è stato da molti vissuto come una "ingerenza" negli affari interni di uno Stato e di un popolo.
È pur vero che qualcuno si sente in diritto di farci scuola. I presuntuosi e i saccenti ci sono ovunque. Ma in questo caso si tratta di richiami alla realtà: quello che succede in una qualsiasi parte dell'Europa è per tutti gli europei una questione interna.
L'Italia è uno dei 27 stati membri dell'Unione Europea (saranno presto 28 con l'adesione della Croazia). All'interno di questa ampia Comunità l'Italia fa parte dell'Eurogruppo (i 17 paesi che hanno adottato l'Euro), è nello Spazio Schengen (da cui Regno Unito e Irlanda si sono chiamati fuori). Attività strategiche italiane partecipano a coordinamenti europei: polizia (Europol), giustizia (Eurojust), immigrazione (Frontex) e numerosi altri.
Inevitabile quindi che la politica di ciascun paese determini anche le politiche degli altri stati membri. Inevitabile che ciascuno si interessi (e si preoccupi) degli altri.
Nuova dimensione della democrazia. Il difetto è piuttosto in un'opinione pubblica che non chiede a sufficienza di decidere anche a livello europeo.
Il vero problema non è l'ingerenza degli altri, ma la scarsa partecipazione interna. Il Partito Democratico ha provato a dare un segnale in questa direzione, organizzando proprio in campagna elettorale a Torino il seminario "Renaissance for Europe", il Rinascimento dell'Europa, che per la concomitanza con il deludente Consiglio europeo sul bilancio dell'Unione, quale ruolo l'Europa potrebbe avere nel superamento della crisi attuale, a partire dal riconoscimento di avere finora perso la battaglia contro le degenerazioni bancarie.
La scelta essenziale, decisiva che gli italiani oggi - i tedeschi in autunno, via via tutti gli altri europei - sono chiamati a fare in queste elezioni è dirimente, quasi come lo furono le elezioni politiche del 1948. Come allora, anche oggi un'elezione politica interna ha come spartiacque la condivisione di una comune visione con altri popoli. Oggi si tratta di una visione europea, di integrazione crescente con la prospettiva non lontana e non ideale ma politica di arrivare agli Stati Uniti d'Europa, con la finalità di garantire a milioni di europei la possibilità di incidere sulla loro vita e sul loro futuro avendo a disposizione uno strumento democratico in grado di partecipare al governo globale. Le alternative a questa visione sono impersonate dalla chiusura interna finora interpretata dalla Lega e in queste elezioni impersonata soprattutto dal Movimento 5 Stelle, che - come ho ricordato - mette in discussione la stessa moneta unica. Su questa strada c'è anche la Destra berlusconiana e affiliati che ugualmente rivendica a parole la sovranità< nazionale, ma che nei fatti vuole lasciar fare al mercato, come ha fatto generalmente la Destra europea che ci ha portato al disastro attuale.
Da questa scelta dipende gran parte del resto. Peccato che non se ne sia parlato abbastanza.
E allora, contiamo su ciascuno di noi.
24 febbraio 2013