EUROPEI

Elementi innovativi per la comune cittadinanza
I diritti umani rafforzano l'Europa
L'Unione può giocare un ruolo propositivo a livello planetario

La Commissione Diritti Umani del Senato ha ascoltato nella seduta di martedì 19 aprile 2005 una relazione del commissario europeo Franco Frattini, responsabile del portafoglio "Giustizia, libertà e sicurezza" dell'Unione Europea. Nel successivo dibattito è intervenuto il senatore Tino Bedin, vicepresidente della Commissione Diritti Umani. Riportiamo l'intervento integrale del senatore Bedin, riassunto in commissione per ragioni di tempo.

intervento di Tino Bedin vicepresidente della Commissione Diritti umani

I diritti umani sono parte integrante dell'Unione Europea, della sua storia, della sua giurisdizione, della sua missione internazionale. Il confronto con il commissario europeo Franco Frattini è quindi non solo importante, ma doveroso per la Commissione Diritti Umani del Senato e lo spettro dei temi di questo confronto è amplissimo, come dimostrano sia la relazione del commissario, sia gli approfondimenti dei colleghi senatori. Ad alcuni di questi approfondimenti faccio riferimento per il mio giudizio: ad esempio all'insufficiente politica italiana in materia di diritto d'asilo e dei rifugiati oppure alla preoccupazione per le modalità di respingimenti collettivi da Lampedusa verso la Libia, preoccupazione del resto espressa sia dal Parlamento europeo sia dallo stesso commissario Frattini. Su questi temi quindi non aggiungerò altri argomenti.
Mi soffermo invece su due aspetti istituzionali: il controllo dei parlamenti nazionali in tema di diritti umani e la giustiziabilità di questi diritti in sede europea; e su due aspetti della gestione di questi diritti: rispettivamente all'interno e all'esterno dell'Unione Europea. Farò infine un'osservazione in tema di religioni.

Il ruolo dei parlamenti nazionali
Il tema dei diritti umani è affrontato prevalentemente in rapporto alle politiche esterne dell'Unione o in riferimento alle "persone deboli" all'interno dell'Unione. La "tutela" insomma riguarderebbe essenzialmente le situazioni in cui questi diritti sono in difficoltà.
Indubbiamente questo è uno degli obiettivi delle politiche sui diritti umani, ma l'adozione nel 2000 a Nizza della Carta europea dei diritti fondamentali e soprattutto l'inserimento di questa Carta nel Trattato costituzionale europeo, con il conseguente suo valore giuridico, aprono prospettive nuove al ruolo dell'Unione Europea: ora l'Unione è uno degli attori nella garanzia quotidiana dei diritti dei cittadini europei, diritti "tradizionali", ma anche diritti di nuova generazione che costituiscono l'innovazione della Carta di Nizza: basti ricordare la bioetica o la protezione dei dati personali, che nei paesi membri dell'Unione rappresentano temi cruciali per la cittadinanza.
È evidente che una materia così delicata non può sfuggire al controllo parlamentare e non per una questione di competenze. Sulle questioni decisive i cittadini europei devono sentirsi garantiti dalla loro rappresentanza democratica, devono poter influire sulle decisioni che riguardano i diritti umani fondamentali, devono avere un'istituzione cui chiedere conto del mancato o incompleto rispetto dei diritti.
Il Parlamento europeo ha già parzialmente provveduto dando vita ad una specifica commissione sulla materia dei diritti umani ed attivando un confronto diretto con la Commissione. Nel quadro della nuova Costituzione europea, anche i Parlamenti nazionali devono poter concorrere alla definizione delle politiche sui diritti umani e soprattutto al loro controllo. Lo dovranno fare attivando forme di consultazione e collaborazione con il Parlamento europeo; e questo sta nella loro potestà. Sta invece nella potestà della Commissione europea di attuare per la materia dei diritti umani alcune norme previste dal Trattato costituzionale, anche prima della sua entrata in vigore a conclusione delle procedure di ratifica. Mi riferisco alla trasmissione diretta dei documenti europei dalla Commissione ai Parlamenti nazionali per l'esame e l'espressione del parere. È una richiesta precisa che faccio al commissario Franco Frattini, nella consapevolezza non solo della delicatezza della materia dei diritti umani, ma anche del fatto che una decisione di questo tipo potrebbe fugare alcuni dei dubbi che in certe opinioni pubbliche permangono a proposito proprio della prima Costituzione europea.

Chi renderà giustizia?
SUn secondo tema istituzionale riguarda la "giustiziabilità" dei diritti umani all'interno dell'Unione Europea. Il commissario Frattini ci ha informati della volontà dell'Unione europea di aderire alla Convenzione europea sui diritti dell'uomo e della conseguente possibilità di adire alla Corte di Strasburgo per la salvaguardia dei diritti umani.
Questo percorso non è finora possibile perché l'Unione Europea non è istituzionalmente uno "Stato" e quindi non può aderire. Potrà farlo una volta entrata in vigore la prima Costituzione europea che assegna personalità giuridica all'Unione.
Mi pare politicamente importante questo percorso, sul quale la Commissione europea si è già incamminata, in modo da raggiungere il traguardo non appena la Costituzione sarà ratificata.
I diritti umani - come ho detto a proposito del ruolo dei Parlamenti - sono però elementi costitutivi della cittadinanza europea. Un'Unione con propria personalità giuridica, un'Unione di stati ma anche di cittadini, secondo la definizione del Trattato costituzionale, non potrà quindi "delegare" ad un organismo esterno (pur importante e con molta esperienza, quale è la Corte di Strasburgo) la giustiziabilità degli elementi della cittadinanza europea. È indispensabile che sia un'istituzione dell'Unione, la Corte di giustizia di Lussemburgo, a "rendere giustizia" ai diritti umani all'interno dell'Unione. Commissione, Consiglio e Parlamento europei dovranno tempestivamente creare le condizioni giuridiche ed operative perché questo avvenga.
Si tratta, lo ripeto, di una fondamentale espressione della cittadinanza europea. Si tratta di un'assunzione diretta di responsabilità, cui l'Unione non può sottrarsi, pena una riduzione della sua evoluzione politica e civile.
Ovviamente questo - come ho detto - non contrasta con l'adesione alla Convenzione europea, ma la inserisce in un contesto giuridicamente più compiuto. L'Unione Europea deve infatti continuare a sostenere queste istituzioni internazionali (cito anche il Tribunale penale internazionale) che hanno svolto e svolgeranno un compito di persuasione e di indirizzo in tema di diritti universali ed individuali, ma con la consapevolezza di avere un ruolo ed una responsabilità diretta nei confronti dei propri cittadini.

Un'Agenzia per i diritti fondamentali?
Il commissario Franco Frattini ha condiviso con la Commissione Diritti umani del Senato l'idea di costituire in sede europea un'Agenzia per i diritti fondamentali, che dovrebbe divenire operativa entro il 2007. Su questa idea è in corso un'ampia consultazione e l'orientamento apparirebbe favorevole, tanto che lo stesso Frattini ha previsto di poter arrivare ad una proposta operativa per la fine di maggio.
Mi sembrano tuttavia necessari degli approfondimenti prima di poter condividere la proposta.
Questa Agenzia dovrebbe sostituire l'Osservatorio europeo in materia di razzismo e xenofobia, che ha sede a Vienna, ampliandone ovviamente le materie e con la finalità di fornire ai responsabili politici dati precisi ed attendibili sul rispetto dei diritti umani all'interno dell'Unione.
Ricordo che neppure sui circoscritti temi del razzismo e della xenofobia l'Unione europea non riesce a darsi degli indirizzi condivisi ed operativi. Un'azione comune contro il razzismo e la xenofobia era stata adottata dal Consiglio europeo fin dal 1996: quello strumento non è mai stato interamente recepito in tutti gli Stati membri. Proprio per questo il 20 novembre 2001 la Commissione europea ha presentato una proposta di decisione quadro sulla lotta al razzismo e alla xenofobia. La proposta rafforza l'azione comune sia nella sostanza sia nella natura degli obblighi che ne derivano per gli Stati membri. Ebbene fino ad oggi il Consiglio europeo non è stato in grado di adottare in testo: tra gli oppositori c'è proprio l'Italia.
Nasce il dubbio che la proposta di far morire l'Osservatorio di Vienna su razzismo e xenofobia per far nascere l'Agenzia dei diritti fondamentali contenga il tentativo di far superare per via organizzativa quello che non si riesce a superare per via politica.
Un secondo approfondimento riguarda l'opportunità stessa di questa Agenzia. I diritti umani - come ho avuto modo di dire in riferimento sia ai parlamenti che alla giustiziabilità - sono elemento costitutivo dell'Unione. Mi chiedo se sia opportuno affidare ad un'agenzia un compito tipicamente istituzionale e politico. Sarebbe come se nel nostro paese affidassimo ad un'agenzia la Pubblica Istruzione. Mi sembra istituzionalmente e politicamente più opportuno che questa materia resti in capo alla Commissione, eventualmente attraverso una sua specifica articolazione. Non vorrei che il Parlamento europeo ed i Parlamenti nazionali avessero poi come interlocutore un direttore generale, invece che un commissario con il quale esprimere anche valutazioni politiche.
Se serve un organo operativo, esso può essere individuato in una specifica direzione generale della Commissione. In ogni caso questo organo dovrà limitarsi a fornire elementi attendibili di valutazione e non diventare né organo di controllo né strumento di gestione delle politiche dei diritti fondamentali.

I diritti umani nei rapporti internazionali
La delicatezza della presenza di questa possibile Agenzia è stata evidenziata da alcuni colleghi anche relativamente ai rapporti internazionali dell'Unione in tema di diritti umani.
Su questo scacchiere l'Unione ha due cantieri aperti: quello dell'allargamento e quello della cooperazione internazionale.
Sul primo, il commissario Frattini non ci ha dato informazioni, ma io credo che il suo ruolo sia essenziale nell'ambito dei negoziati di adesione. Sui diritti umani restano infatti alcune limitate questioni, che riguardano la Romania: questioni che ritengo possano essere superate senza difficoltà. Ma ci sono ben più rilevanti sfide che coinvolgono la Turchia: sfide sia interne alla società turca, che nei rapporti con l'Unione Europea.
Per quanto riguarda la cooperazione internazionale il commissario Frattini ci ha assicurato che la sua scelta politica è per un'Europa che diffonda la democrazia attraverso la convinzione ed il dialogo. Sottoscrivo e sottolineo, anche perché c'è chi invece ritiene che la "democrazia da esportazione" possa servirsi della forza.
Dentro questa strategia del dialogo va rafforzata la politica che l'Unione europea persegue dall'inizio degli anni Novanta: da allora essa ha integrato con una certa sistematicità la clausola sui diritti umani nei propri accordi con altri paesi. A me pare che potremmo arrivare a "condizionare" alcuni tipi di accordo proprio allo sviluppo dei diritti umani, certamente nel rispetto della sovranità dei nostri interlocutori.

Il diritto alla religione
Gli avvenimenti (e le emozioni) di questi giorni con la morte di Giovanni Paolo II suggeriscono un'ultima sottolineatura a proposito del diritto alla religione.
Il Trattato costituzionale europeo, accogliendo una proposta ed una prassi della Commissione presieduta da Romano Prodi, prevede per la prima volta un "dialogo strutturato" tra le Istituzioni dell'Unione e le religioni. Si tratta del riconoscimento di ruolo pubblico e di rappresentanza di diritti svolti dalle religioni; un'innovazione rispetto a molte costituzionali nazionali degli Stati membri. Su questo punto il commissario Frattini non ha fornito aggiornamenti; immagino comunque che la Commissione Barroso continui sulla strada della Commissione Prodi e che - pur in attesa della ratifica della Costituzione - continui e perfezioni le già sperimentate "buone pratiche" di dialogo con le religioni.
Il commissario Frattini ci ha invece riferito dell'importanza che egli attribuisce al dialogo tra le religioni e le culture nell'ambito del contrasto ad ogni forma di discriminazione. Egli ha osservato che il dialogo è essenziale non solo per combattere le discriminazioni, ma anche per integrare i migranti e quindi a migliorare le politiche di immigrazione.
Anche questa è una strada che continua un percorso avviato e che merita tutta la nostra condivisione.
Non può essere però la sola politica attiva dell'Unione in questa materia. L'Unione non può limitarsi a "ridurre i rischi" dei possibili integralismi religiosi; si tratterebbe in ultima istanza di politiche "difensive" nei confronti delle religioni.
I cittadini europei e le persone che vivono con noi nel territorio europeo dovranno al più presto avvertire l'Unione come un'istituzione che non solo garantisce ma anche promuove il diritto alla religione, così come promuove gli altri diritti che sono richiamati nella sua Costituzione.

Le richieste all'Italia
Queste osservazioni e queste richieste al commissario europeo sono giustificate da parte di un parlamentare nazionale nell'ambito della comune costruzione dell'Europa dei diritti umani, cui anche l'Italia deve contribuire. Franco Frattini non ci ha rivolto delle richieste, evidentemente per spirito di ospitalità. Voglio io allora ricordare che egli ha titolo per chiedere all'Italia di non frenare lo sviluppo della cooperazione in questo ambito. L'Italia non ha ancora ratificato la Convenzione internazionale per la protezione dei diritti dei lavoratori migranti e delle loro famiglie: l'integrazione cui anche il commissario Frattini lavora ha bisogno di questa Convenzione. L'Italia non ha ancora ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale: la lotta alla tratta degli esseri umani e alla riduzione in schiavitù, che è parte del programma e dell'attività dell'Europa, richiede una cooperazione internazionale la più vasta possibile.
Mentre chiediamo alla Commissione europea di assolvere al meglio alla costruzione dell'Europa dei diritti, come parlamentari nazionali dobbiamo far fare all'Italia quanto le tocca nella stessa direzione.

Senato, Commissione Diritti umani, 19 aprile 2005
Audizione del commissario europeo Franco Frattini


20 aprile 2005
eu-068
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Tino Bedin