
Il programma e le proposte del semestre di Presidenza
"Più Europa": la Spagna crede nell'Unione Europea
L'Italia deve assecondare in particolare i progetti per il Mediterrano e per l'America Latina
di Tino Bedin
segretario della Giunta per gli Affari europei dei Senato
Il programma che la Spagna ha presentato per la sua Presidenza è certamente fra i più completi e concreti che l'Unione Europea abbia avuto come guida negli ultimi anni.
L'aver sottolineato questa caratteristica - sulla quale ritornerò - mi consente tuttavia una osservazione critica che dovremmo segnalare nel corso del nostro dibattito e nella conclusione: non vi è citato il ruolo di motore che i Parlamenti nazionali possono, devono avere in questa fase dello sviluppo dell'Unione.
Eppure giustamente, prima ancora di qualificare il suo motto "Più Europa" in riferimento ai contenuti (le sei priorità), la presidenza spagnola al punto 3 dell'introduzione insiste su "consenso e partecipazione".
Dopo aver riconosciuto che occorre "ottenere il massimo consenso possibile sulla realizzazione di un progetto che appartiene a tutti e che deve essere un successo di tutti", il programma si sofferma sulla Convenzione, sulla costituzione di un foro aperto alle organizzazione rappresentative della società civile e sui dibattiti nazionali sul futuro dell'Europa, come strumenti per questo obiettivo.
Credo che la riflessione indicata fin dal consiglio europeo di Nizza sul ruolo dei parlamenti nazionali meritasse ci essere non solo citata (non c'è neppure questo), ma addirittura approfondita sia nella introduzione sia nella parte del documento che riguarda il futuro dell'Europa.
Mi soffermo subito su questa parte, quella descrive il Dibattito sul Futuro dell'Europa e che rappresenta la sesta delle priorità della Presidenza spagnola, non perché intenda sottolineare una diversa valutazione delle priorità, ma perché essa si apre con due affermazioni che ci consentono di inquadrare meglio sia il programma spagnolo che le nostre osservazioni.
"La dichiarazione di Nizza relativa al futuro dell'Europa - è la prima osservazione del programma - segna una tappa fondamentale nella storia della costruzione europea nell'affermare che i principi di trasparenza e di partecipazione devono costituire gli elementi ispiratori essenziali dell'attuale dibattito sul futuro dell'Europa".
L'osservazione è politicamente rilevante anche nel nostro giudizio perché il punto di partenza resta dunque Nizza, di cui Laeken costituisce una prima applicazione ma non il superamento. Quindi non solo la questione dei parlamenti nazionali, ma l'insieme del progetto europeo che deve guidare la revisione del trattato di Nizza e quindi i lavori della Convenzione deve farvi riferimento.
Questo - ad esempio - significa che la Convenzione dovrà completare il progetto della Carta dei diritti fondamentali, proclamata a Nizza, promuovendo il metodo comunitario e la prospettiva federalista come garanzia di democrazia politica, di integrazione economica e di coesione sociale.
Anche la successiva valutazione del programma spagnolo merita di essere citata.
"La nuova fase che si è aperta a Nizza non deve essere intesa come una reazione alla presunta crisi che starebbe attraversando l'Unione europea, bensì, al contrario, come una conseguenza necessaria del suo stesso successo. Pochi potevano immaginare, al momento della firma dei trattati di Roma, che dopo appena 45 anni milioni di cittadini europei si sarebbero apprestati ad utilizzare una moneta unica o che una forza europea di reazione rapida sarebbe diventata praticamente una realtà, per citare solo due dei risultati più significativi conseguiti in questi ultimi tempi".
Si tratta di una constatazione che fa piazza pulita del clima di "pessimismo" sull'Europa che - non senza responsabilità del nostro stesso governo - si è diffuso sull'Europa dopo Laeken. Io credo che sia stata una responsabilità politica del governo italiano - certo non da solo - ridurre i traguardi che si doveva raggiungere a Laeken alla sola sede di alcune Agenzie europee, tanto che la non-decisione ha fatto passare in secondo piano i passi in avanti decisivi che vi si sono compiuti.
E poiché questo è avvenuto nel mentre una delle componenti della maggioranza si cimentava nell'invenzione di definizioni irrealistiche dell'Europa, potrebbe essere parso ad una parte dell'opinione pubblica che l'Europa è in affanno e per questo deve cambiare.
Fortunata mente la Presidenza spagnola ci riporta più vicini alla realtà: l'Europa non cambia perché ha fallito, ma perché ha raggiunto gli obiettivi e quindi deve impegnarsi verso nuovi traguardi.
Due di questi sono citati nel brano del programma spagnolo che ho letto: sono l'euro e la forza europea di reazione rapida.
Entrambi si inseriscono come strumenti ed insieme obiettivi delle priorità che la Presidenza spagnola si è data.
La forza di reazione rapida è un capitolo della Pesd. Essa è il capitolo più rilevante della quinta priorità , le Relazioni esterne, che ha anche un titolo programmatico "Più Europa nel mondo".
Mi pare questa la principale priorità della Presidenza, quella sulla quale vuole portare il suo contributo più innovativo. Questa intenzione va sottolineata anche nel nostro esame: essa del resto è esplicita fin dall'inizio del documento della Spagna. Per spiegare il significato del motto "Più Europa", il programma dice infatti che esso "in primo luogo traduce la volontà di ottenere per l'Europa il peso e la collocazione che le spettano nelle relazioni internazionali". E aggiunge che non si tratta di una rivendicazione di potenza, non è solo la affermazione della volontà di essere un attore globale. E' la condizione in cui l'Europa deve vivere: "Il successo del progetto europeo, che già ai suoi inizi, negli anni Cinquanta, costituì una risposta alla crescente internazionalizzazione, è ora una conditio sine qua non per gestire la complessità della sfida che la globalizzazione lancia nella maggior parte delle situazioni attuali, siano esse politiche, economiche o sociali".
Anche per ragioni storiche e geografiche, la Presidenza spagnola - senza trascurare gli orizzonti verso la Russia implementati in particolare dalle presidenze finlandese e svedese - rilancia scenari che devono interessare direttamente l'Italia: mi riferiscono all'intero bacino del Mediterraneo (compresi i Balcani e il Medio oriente) e all'America latina.
A mio parere è in questo orizzonte globale che la Spagna intende allargare nel corso del suo Semestre che va inserita la scelta di mettere al primo posto fra le priorità la "Lotta al terrorismo in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia".
C'è un legame strettissimo fra questo impegno e quello relativo alla Politica europea di sicurezza e di Difesa. La Presidenza spagnola infatti "si propone di avviare un dibattito affinché la lotta al terrorismo diventi un obiettivo della Pesd e affinché quest'ultima sia dotata dei mezzi necessari per il conseguimento di tale obiettivo".
Mi sembra questo uno dei punti più innovativi del progetto spagnolo, sul quale almeno segnalare la nostra attenzione in vista di un approfondimento da realizzare in questa o in un'altra sede parlamentare.
Visto in questa ottica spagnola, assume una rilevanza importante anche l'altra indicazione, solo programmatica nel documento, ma poi esplicitata da interventi ufficiali del governo spagnolo. A proposito del Processo di Barcellona, si dice che "nell'ambito del capitolo politico e di sicurezza, la Spagna attribuirà particolare importanza alla lotto contro il terrorismo". Nelle dichiarazioni successive il governo spagnolo ha detto di voler avviare il confronto su una possibile dimensione mediterranea della Pesd.
Il contributo "politico" che l'Europa può dare alla lotta contro il terrorismo, che dopo l'11 settembre impegna tutte le grandi democrazie, passa dunque - ed una scelta condivisibile della presidenza spagnola - sul rilancio della politica mediterranea e su iniziative di pace in Medio Oriente.
Questo vuol dire che, per quanto fondamentale per il suo futuro, l'allargamento a est non è, tuttavia, l'unica dimensione esterna nella quale l'Unione è chiamata ad impegnarsi.
I rapporti con i paesi del Mediterraneo costituiscono una priorità necessaria dell'azione esterna dell'Europa. Dunque in questo semestre il dialogo euro-mediterraneo procederà speditamente. Peraltro, fu proprio a Barcellona che questo dialogo venne lanciato.
La presidenza spagnola ha prontamente raccolto un'altra indicazione di Laeken: essa conta di rendere concreta l'idea di una Banca del Mediterraneo, che potrà esser una banca autonoma o una struttura della Banca Europea degli Investimenti; in ogni caso sarà il luogo dedicato allo sviluppo in cui lavorino fianco a fianco operatori europei e del sud del Mediterraneo.
Credo che l'Italia dovrà fattivamente appoggiare questa volontà.
Un altro fronte di comune politica estera è costituito dall'America latina ed in particolare dall'Argentina.
A maggio si terrà a Madrid il secondo Vertice fra l'Unione ed i paesi dell'America latina e dei Caraibi. Di conseguenza, nuovo slancio dovrebbero ricevere i negoziati con i paesi del Mercosur, della Comunità andina e dell'America centrale. Al riguardo, prima e durante il Vertice va sottolineata la preoccupazione con cui l'Europa deve seguire la crisi finanziaria argentina in modo da aiuta il governo di Buenos Aires a cercare soluzioni realistiche, per restituire competitività alla propria economia, nonché fiducia alla popolazione.
L'America latina è una regione del mondo molto vicina alla cultura ed alle radici europee, in particolare mediterranee; una regione che ha condiviso un lungo tragitto storico con molti paesi europei. È questo il momento in cui l'Unione deve mostrare una forte solidarietà all'Argentina, e al Mercosur in generale, in una fase di drammatica crisi. La nostra esperienza concreta di risanamento finanziario e di sviluppo economico promosso dagli scambi e dall'integrazione può essere un contributo prezioso per la ripresa dell'America Latina con vantaggi per tutte le parti coinvolte.
Concludo su questo aspetto per sottolineare come la Spagna intenda offrire all'Europa l'opportunità di essere -come è stato detto - un giocatore globale. Ciò è molto importante in questa fase dei rapporti internazionali. E'0 infatti indispensabile - senza antagonismi e competizioni - che l'Europa sia in grado di offrire al mondo un riferimento complementare a quello oggi costituito dagli Stati Uniti. Il programma della presidenza spagnola mi sembra andare in questa direzione e credo vada sottolineato.
Per quanto riguarda le scadenze istituzionali, cui prestare attenzione, credo vada ricordato il Consiglio europeo di Barcellona, a marzo, con i suoi cinque punti: la revisione e l'apertura dei sistemi di trasporto europei (liberalizzazione dei trasporti ferroviari e direttiva sul cielo unico europeo); la realizzazione del mercato energetico, in particolare con l'accesso di terzi nelle reti nazionali di distribuzione di gas ed elettricità; l'integrazione dei mercati finanziari, con l'attuazione del relativo piano d'azione, in conformità alla relazione Lamfalussy; il potenziamento della strategia europea per l'occupazione, eliminando fra l'altro le rigidità strutturali del mercato del lavoro; la mobilità degli studenti, con l'apertura dei sistemi d'istruzione europea al resto del mondo.
A Barcellona saranno ormai due anni da quando, a Lisbona, il Consiglio Europeo ha fissato per la fine di questo decennio l'obiettivo di fare dell'Unione l'area economica più dinamica e competititiva del mondo, basata sulla conoscenza. Un'Europa capace di godere al medesimo tempo della piena occupazione e di una rinnovata coesione sociale ed economica. A Barcellana si tratta dunque di dare sostanza alle riforme di Lisbona che si intrecciano ormai con l'avvio dell'euro. La moneta unica consolida il mercato unico e rappresenta un passo decisivo verso l'Europa politica e verso una politica economica comune. La moneta unica rafforza la posizione dell'Europa nella globalizzazione, ma cancella per i sistemi nazionali la possibilità di recuperare competitività con la svalutazione. E' necessario rispettare il patto di stabilità. La ripresa dell'economia e l'occupazione richiedono pertanto che le riforme strutturali, ricordate con precisione dal Presidente Prodi, siano portate avanti con la necessaria decisione. Questa strategia deve essere coerente con gli obiettivi più generali dell'integrazione, della coesione e dell'armonizzazione delle diverse politiche poste a presidio del modello sociale europeo. Non sarà facile perseguire in modo equilibrato obiettivi che possono apparire in contraddizione, ma questa è la sfida del momento che viviamo.
La Commissione europea ha adottato il Rapporto di Primavera, che servirà da base per i lavori del Consiglio. Un Rapporto che quest'anno si intitola "La strategia di Lisbona. Realizzare il cambiamento". Esso identifica tre priorità.
In primo luogo, l'occupazione. L'Europa ha bisogno di una politica attiva dell'occupazione, occorre fare di più per eliminare gli ostacoli che i cittadini devono ancora superare per trovare lavoro o per mantenerlo. Bisogna saper migliorare le strutture per l'infanzia per accrescere il tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro, e mettere in pratica degli incentivi per chi decide di prolungare la vita lavorativa.
In secondo luogo, le riforme e il completamento del mercato interno. Si devono moltiplicare gli sforzi per completare l'interconnessione dei mercati nazionali e per accelerare l'integrazione dei mercati finanziari completando le riforme già iniziate. Dobbiamo aprire e collegare i mercati dell'energia e dei trasporti e sviluppare le reti a banda larga in Europa. Questi settori sono la spina dorsale della nostra economia. Ci vuole più concorrenza per ridurre i prezzi e aumentare la crescita, pur mantenendo un adeguato livello di servizi di base per tutti.
In terzo luogo, l'istruzione, la formazione e la ricerca. Istruzione, formazione e ricerca sono certamente le componenti chiave del rinnovamento economico, della crescita sostenibile e della creazione di posti di lavoro. La "società della conoscenza" non è possibile senza conoscenza. Dobbiamo, quindi, aumentare sensibilmente gli investimenti in questi settori. Occorre una strategia integrata a favore dell'istruzione e della ricerca a livello comunitario. Tale strategia si deve basare sul concetto di rete e sulla mobilità e deve dare priorità alle tecnologie del futuro come, ad esempio, le biotecnologie e le tecnologie pulite.
Devo osservare che - come è avvenuto per i parlamenti nazionali - il programma della presidenza spagnola risulta carente in una delle politiche più qualificante dell'Unione Europea, quella delle pari opportunità. La si cita appena nel paragrafo dedicato alla piena occupazione, nel quale poi la promozione del lavoro femminile è inserita nel progetto della solidarietà tra generazioni e non in quello della parità.
Lo sottolineo in conclusione perché ritengo che vada richiamato, anche in considerazione che la Spagna dimostra di non averlo dimenticato. Infatti il ruolo dei Fondi strutturali per stimolare il lavoro delle donne, l'integrazione delle pari opportunità nelle attività dei Consigli Ambiente e Agricoltura e la promozione della legislazione comunitaria in materia di pari opportunità principalmente le pari opportunità tra uomini e donne: sono le priorità della presidenza spagnola in materia di pari opportunità, presentate dal ministro del Lavoro Juan Carlos Aparicio, alla commissione dei diritti della donna e delle pari opportunità del Parlamento Europeo due settimane fa.
Il ministro Aparicio ha dato anche alcune date:
a) Un seminario di esperti sulle "donne e i fondi strutturali" avverrà il 14/15 giugno a Santander. Organizzato con la Commissione questo seminario dovrebbe permettere di presentare agli Stati membri le direttrici destinate a integrare il principio di pari opportunità nei programmi operativi e lo scambio di buone prassi tra gli Stati;
b) i Consigli "Ambiente" del mese di marzo e "Agricoltura" di giugno esamineranno la dimensione delle pari opportunità tra uomini e donne "per continuare la prassi di queste pari opportunità nei Consigli di ministri dell'UE diversi dal Consiglio Occupazione e Politiche sociali" ha precisato Aparicio;
c) la Presidenza spagnola tenterà di giungere a un consenso che consenta di approvare la modifica della direttiva del 1976 relativa all'applicazione del principio delle pari opportunità uomini/donne per quel che riguarda l'accesso alla professione, alla formazione e alla promozione professionale nonché alle condizioni di lavoro.
Infine credo opportuno ricordare anche un elemento che il presidente Aznar ha evidenziato il 16 gennaio scorso al Parlamento europeo, presentanto il programma della Presidenza spagnola. Si tratta dell'l'organizzazione delle relazioni tra autorità nazionali e istituzioni comunitarie. Il tema è già emerso nella nostra Giunta ed il fatto che la Spagna (per le rivendicazioni della Catalogna, della Galizia, del Paese basco e di altre regioni spagnole sul loro grado di autonomia e della loro rappresentazione diretta presso le istituzioni comunitarie) lo stia ponendo a livello europeo ci offre un'occasione ulteriore di dibattito. Certo, si tratta di un tema che prevalentemente sarà affrontato dalla Convenzione, ma questo non esclude una nostra posizione. Aznar ha espresso la sua posizione con fermezza alla conferenza stampa di presentazione della Presidenza, una settimana prima a Madrid: "L'Unione europea è una Unione di Stati (...) Ci sono degli Stati federali, degli Stati centralizzati, delle regioni autonome...". Accanto a lui, Romano Prodi ha ripetuto che "ogni Stato membro definisce la sua organizzazione interna in funzione della sua storia e delle sue tradizioni" . E' quanto è scritto nel Trattato, ma stiamo appunto riscrivendo i trattati.
Il vertice di Barcellona passerà alla storia europea per l'inedita partecipazione ad esso dei premier dei paesi candidati all'adesione.
L'ampliamento è la terza priorità in cima all'agenda del semestre di Presidenza spagnola. Madrid intende dare un contributo decisivo in campo agricolo, nella politica regionale e di coesione sociale, in materia di bilancio e finanziaria, nonché sui temi istituzionali. I negoziati, infatti, dovrebbero potersi concludere entro la fine dell'anno. Contando sulla tempestività delle proposte dell'Esecutivo e sull'impegno congiunto di tutti i paesi dell'Unione, la Spagna si riserva di fare il punto su quest'aspetto, a giugno, dopo il Consiglio europeo di Siviglia.
6 marzo 2002 |