Italiani in Iraq

 
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Napoli, 24 maggio 2004

Una guerra che produce solamente morti, feriti, fame e miseria
Iraq: se la vittima si confonde con il carnefice
Con sigarette e calze di nylon gli Stati Uniti volevano conquistare solo i nostri applausi


Il soldato Sivits non è che l'ulteriore vittima di una guerra che non fa vincitori né vinti, come tutte le guerre, ma solo morti, feriti, fame, miseria e vittime morali e civili. Siamo tutti vittime di un mondo che peggiora di giorno in giorno e vorticosamente. L'unico freno a questo stato di cose e tentare disperatamente di recuperare il nostro senso umano.
Che dire di questa assurda guerra in Iraq? Lascia soprattutto straniti il tentativo di farla passare come una missione di pace. Dire che si va in armi per rovesciare un regime dittatoriale è già di per sé un'antinomia. Potrebbe essere accettabile se il nemico da combattere è potente e feroce ed ha in ostaggio un popolo intero. Pazzesco diventa quando, in tempo di diplomazia imperante (almeno a parole), si sceglie di rimanere sul territorio per combattere le varie forme di terrorismo che inevitabilmente si instaurano quando c'è una debolezza dell'autentica politica e si tratta di territori a fondamentalismo storico. Pazzesco per le conseguenze nefaste che ne derivano. I popoli islamici hanno una cultura propria che è tanto diversa da quella occidentale.
L'iniziazione e la conversione di questi popoli a forme di civiltà più dignitosa e rispettosa della vita umana è operazione non semplice che richiede del tempo indefinibile. Io credo che sia così. E se le cose stanno proprio così è tanto peggiore portare violenza ed arroganza in questi territori.
Mi viene in mente una similitudine con un bambino difficile. Ecco i popoli islamici sono come un bambino intelligentissimo, con una propria filosofia della vita ed una propria caratterialità ma fortemente condizionato da tanti fattori. Ad un bambino così sarebbe impensabile imporre una educazione alla pazienza ed all'accettazione della diversità a suon di schiaffoni e calci. Questo bambino, prima di diventare un criminale senza rimedio - perchè non si sentirebbe accettato ed "omologato" - avrebbe crisi violente di protesta durante le quali sfascerebbe tutto e nutrirebbe profondi sentimenti di odio e di vendetta. Non è così forse? Molto meglio sarebbe tentare di "decondizionarlo" abituandolo al dialogo, alla turnazione delle possibilità e/o opportunità.
Insomma più che con la pistola andrebbe preso con il microfono. Proprio come fecero gli americani con noi nel '44. Sbarcarono in Italia bei soldatoni con bei sorrisi stampati sulle labbra, carichi di sigarette, calze, caffè, radio e grandi pacche sulla spalla accompagnate da "paisà". Certo noi non eravamo fondamentalisti e le storture comunque ci sono state. Ma non c'era violenza nell'incontro tra i due popoli, non c'era il petrolio per lo mezzo. L'America non era quella di oggi. Soprattuto non era quella di Bush. Questo Presidente che nel momento stesso in cui fa la voce grossa mostra tutta la debolezza e tutto il limite della sua politica. Ora il Governo italiano "arranca" perché non avrebbe proprio dovuto appoggiare questa guerra lunga, estenuante e pericolosa dandole, tra l'altro, il nome di "missione di pace". Il dopo guerra in Iraq è diventato una spina nel fianco del mondo intero e lo sarà sempre più senza coinvolgimento delle Nazione Unite e se non mette radici la cultura dell'antiterrorismo sul territorio iracheno e non solo là.
   

Bianca Clemente
Risponde Tino Bedin

Il popolo iracheno è "difficile" per noi, perché lo avvertiamo diverso da noi. Il popolo iracheno, a differenza del bambino difficile, non "deve" essere educato alla nostra civilità. Ha la sua. Di questa civiltà si sente padrone, erede e testimone per il futuro; cioè non è neppure un bambino. Per restare nella similitudine, è un adulto al pari di noi occidentali. Il nostro rapporto deve quindi essere di confronto, possibilmente di dialogo. Su un piano di parità, a prevalere sarà la proposta sociale, culturale, istituzionale più convincente.
Sigarette e calze di nylon hanno strappato gli appluasi degli italiani verso i soldati americani, perché con sigarette e calze di nylon gli Stati Uniti volevano conquistare solo i nostri applausi e non i nostri cuori e le nostre volontà. L'Italia ha cambiato regime (dalla monarchia alla repubblica), ha cambiato costituzione, ha avuto grandi partiti (compreso un fortissimo Partito comunista), certo guardando agli Stati Uniti e all'Europa, ma lo ha fatto con il proprio voto.

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26 maggio 2004
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