Italiani in Iraq

 
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Verona, 26 maggio 2004

Iraq: non vogliamo ritornare ai tempi della barbarie
Dalla parte degli italiani che hanno a cuore
la possibilità di vita per tutti

I valori dell'uguaglianza e della dignità delle persone non possono essere imposti


Gentlissimo senatore, grazie del suo intervento in Senato sull'Iraq e l'Italia. Grazie per aver interpretato e continuare a interpretare i sentimenti degli italiani che hanno a cuore e sognano la convivenza civile, secondo regole "costruttive" e non distruttive. Grazie per continuare a credere che "fare politica" è occuparsi del bene comune e cercare con la logica della ragione e con la forza della passione la priorità di valori che possano essere condivisi da tutti: la pace, la speranza in un futuro migliore, la possibilità di vita per tutti, anche per quelli che hanno un'altra fede, un'altra cultura, un'altra storia; la giustizia, per cui chi offende deliberatamente e crudelmente la dignità di un altro uomo possa essere sottoposto a giusto giudizio e pagarne le conseguenze. Non vogliamo tornare ai tempi della barbarie: per loro, almeno, c'era la scusante che non erano ancora stati elaborati i proclami dell'uguaglianza e della dignità di tutti gli uomini, di cui ora ci riempiamo la bocca!
Grazie per voler fare della democrazia un terreno di cittadinanza comune, in cui tutti possiamo riconoscerci.
   

Grazia Covi
Risponde Tino Bedin

La nostra ricchezza e la nostra responsabilità derivano proprio dall'aver elaborato, codificato nelle costituzioni e praticato (almeno a livello di volontà) l'uguaglianza e la dignità di tutti gli uomini. Questo ha cambiato la vita dell'Occidente e delle nostre democrazie. La condizione perché questo cambiamento sia irreversibile anche nelle nostre società è che codifichiamo e pratichiamo l'uguaglianza e la dignità nei confronti di tutte le persone che vengono in rapporto con noi, anche quelle che magari non condividono questi valori. È un esercizio impegnativo, spesso defatigante, a volte apparentemente controproducente: potrebbe infatti apparire più "giusta" la strada che "impone" il bene rappresentato dai nostri valori. Così non è. E non solo perché i destinatari non accettano imposizioni, ma perché saremmo noi per primi a non credere nell'uguaglianza e nella dignità di ciascuno.

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26 maggio 2004
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Tino Bedin