Italia in Iraq

 
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Treviso, 2 febbraio 2004

L'esperienza di un ufficiale italiano a proposito dell'Iraq
Non può essere una missione di pace,
se si applica il Codice militare di guerra

La contrarietà all'intervento è opposizione alle scelte del governo in politica estera


Ho letto l’intervento del sen. Bedin in Commissione Esteri e Difesa del 28 gennaio 2004 sulla proroga della partecipazione  a operazioni internazionali.
Sono un Colonnello dell’Aeronautica in pensione da due anni e la Difesa e gli Esteri sono naturalmente gli argomenti che mi appassionano maggiormente: anche in passato ho inviato delle considerazioni sia a Rutelli che a Pistelli e Fioroni.
Condivido pienamente l’impostazione del sen. Bedin : un NO! deciso al rifinanziamento della missione in Iraq per i motivi che abbiamo espresso nel nostro documento regionale: si tratta di un intervento ILLEGALE perché privo della risoluzione ONU; IMMORALE perché l’interesse era ed è esclusivamente il petrolio ed il business degli armamenti e della ricostruzione; CONTROPRODUCENTE dal punto di vista della lotta al terrorismo ( e lo vediamo tutti i giorni quanto fosse vera questa affermazione).  Da militare posso aggiungere che questo tipo d’intervento è anche CRIMINALE ai sensi della Convenzione di Ginevra che definisce appunto “atto criminale” bombardare se nelle vicinanze dell’obiettivo (il terrorista) vi sono dei civili.
Vi posso testimoniare che la caduta di Sebrenitza e Zepa nella guerra di Bosnia nell’estate del 1995 (con  purtroppo migliaia di morti)   è dovuta al fatto che due insignificanti carri armati, che avremmo potuto distruggere in un batter d’occhio, erano penetrati nella città e, per non colpire i civili noi della NATO ci siamo dovuti fermare. Ora invece Bush e Sharon (ma molti piloti israeliani si rifiutano di eseguire i famosi “omicidi mirati”) se ne fregano altamente sia della Carta dell’ONU che della Convenzione di Ginevra (vedi anche Guantanamo), mentre Berlusconi se ne frega dell’art. 11 della nostra Costituzione dove viene sancito che le Forze Armate vanno impiegate solo in caso di difesa o di ingerenza umanitaria dietro mandato ONU o Unione Europea.
Il sen. Bedin fa bene ad insistere su quale Codice Militare viene impiegato nelle varie operazioni fuori area perché è il sistema migliore per far risaltare la vera natura della missione: ho fatto presente questo punto anche a Rutelli nel mio intervento a Bologna.  Bellini e Cocciolone (dei quali sono stato istruttore) quando sono stati abbattuti risultavano assenti ingiustificati perché, visto che noi non eravamo in guerra, non potevano essere prigionieri di guerra. Questa cosa assurda è continuata in tutte le altre operazioni – Somalia, Bosnia, Timor Est, Kossovo - fino all’Afganistan, dove è stato usato il Codice Militare di Guerra (che è degli anni 40) rattoppato. Ora poiché non sono più in servizio non so quale sia stato adottato in Iraq ma il Sen. Bedin ha diritto di chiederlo ufficialmente: se si tratta di Codice Militare di Guerra allora la missione non si può definire di Pace; se invece è Codice Militare di Pace significa che le vedove ed i figli dei caduti di Nassyria non avranno la pensione di reversibilità di guerra ma solo un centinaio di milioni delle vecchie lire ed una pensione di reversibilità di poche lire perché ragazzi di trent’anni hanno maturato pochissimo per la pensione.
Desidero esprimere al Sen. Bedin la mia piena disponibilità di tecnico (trent’anni di Aeronautica Militare, dieci anni alla NATO, Casco Blù a Zagabria) per qualsiasi documento o visita riguardante le Forze Armate.
Per quanto riguarda l’Albania la informo che non solo li stiamo aiutando nella scuola di volo ma nel 2001 sono stato Capo Progetto per la costituzione di un reparto SAR cioè di Ricerca e Salvataggio (che serve soprattutto in ambito civile) e ho inviato loro come istruttori i nostri ragazzi del Monte Venda e di Poggio Renatico: così li aiutiamo a crescere in pace e non come avviene in Iraq.    

Col. Vanni Barichello
Risponde Tino Bedin

Ringrazio il colonnello Barichello della sua testimonianza e delle opinioni che nascono dall'esperienza di un professionista delle missioni di pace. Gli sono particolarmente grato perché indirettamente confermano la posizione che ho sostenuta con chiarezza in Senato: l'opposizione all'intervento in Iraq ed il "no" al decreto sul rifinanziameto di questa missione non contengono un giudizio negativo sul ruolo e sul comportamento delle nostre Forze Armate (che hanno sempre dimostrato professionalità ed umanità); sono invece un giudizio negativo sulle scelte del governo italiano in tema di politica estera e di sicurezza internazionale.

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25 febbraio 2004
di-341
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