Italiani in Iraq

 
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Italia, 24 luglio 2003

Appello ai deputati e ai senatori
Via i soldati italiani dall'Iraq
L'Ulivo ha costretto il governo a distinguere l'intervento in Iraq dagli altri interventi internazionalo


232 milioni di finanziamento per "proteggere" 22 milioni di aiuti umanitari: queste due cifre, contenute nel decreto in discussione alla Camera dei deputati, bastano a chiarire la finalità della cosiddetta "Missione Babilonia": non sono i soldati a servire da protezione agli aiuti, ma gli aiuti a costituire il pretesto per inviare 3.000 soldati che, inquadrati sotto il comando britannico, avranno funzione di controllo territoriale e di ordine pubblico nella regione di Nassiriya.
L'Italia si aggiunge così agli Usa e alla Gran Bretagna come potenza occupante, e mentre si inviano soldati che dovranno fronteggiare il malcontento iracheno per l'occupazione, le aziende italiane si mettono in fila (oltre 200 di cui una dozzina già vincitrici di appalti) per partecipare alla torta della ricostruzione.
La protezione degli aiuti è un pretesto, anzi l'invio dei militari può mettere a rischio gli operatori umanitari italiani.
In Iraq operano da mesi centinaia di volontari e cooperanti internazionali, delle ONG, della Croce Rossa, delle agenzie delle Nazioni Unite, senza bisogno di nessuna protezione militare, anzi è proprio questa indipendenza che ha garantito sinora la loro incolumità. L'eventuale legame con le forze di occupazione potrebbe compromettere la loro sicurezza.
Chiediamo che la Camera ritiri subito la missione militare e che i fondi così risparmiati (232 milioni di euro) vengano integralmente utilizzati per interventi umanitari e di cooperazione allo sviluppo.
   

Seguono centinaia di firme

Risponde Tino Bedin

Gentili cittadine ed egregi cittadini, le vostre valutazioni e le vostre preoccupazioni sulla missione militare italiana in Iraq sono anche le mie. Erano le mie fin dall'inizio, quando non era ancora dichiarata - ma a mio parere scontata - la volontà del governo italiano di mettere le nostre truppe nella condizione effettiva di "forze occupanti" accanto ad americani ed inglesi. Ho infatti votato contro - a suo tempo - la mozione che dava il via alla presenza italiana in Iraq, convinto che l'Italia avrebbe dovuto partecipare ad azioni delle Nazioni Unite e dell'Unione Europea per quanto riguarda gli aiuti umanitari e che fosse compito degli occupanti garantire la sicurezza.
Quel mio voto contrario aveva voluto essere anche la difesa dello spirito della cooperazione allo sviluppo. Io sono sempre stato contrario a confondere la cooperazione internazionale e le missioni militari internazionali, due tipi di interventi che ritengo entrambi importanti e caratteristici della politica estera italiana, ma non sovrapponibili. Io ritengo che gli aiuti umanitari non possano arrivare a bordo dei carri armati. È una posizione che - ad esempio - anche la Croce rossa internazionale sostiene, sia nella sua attività sul campo che nelle sue prese di posizione.
La realtà della decisione politica presa dalla Destra e dal governo è comunque emersa subito: l'intervento ha cambiato la sua natura rispetto agli impegni che il governo aveva solennemente preso in Parlamento e sui quali c'era stato un voto ampio. I militari italiani sono sotto il comando di un altro paese. La quasi totalità dei militari italiani è schierata lontano dai luoghi in cui ci sono interventi umanitari italiani. Il governo ha fatto sapere attraverso comunicati stampa e non in parlamento che il loro compito prevalente è di "stabilizzazione".
Il governo ha mentito al parlamento. In altre democrazie, a cominciare da quella degli Stati Uniti e del Regno Unito, questa è una colpa grave.
Ecco altre ragioni per un voto contrario al decreto legge che il governo ha proposto sulle missioni internazionali. Il governo ha tentato di mettere tutte le missioni in un unico decreto per costringere il parlamento ad un solo voto su interventi davvero di pacificazione e sotto la bandiera dell'Onu e su interventi unilaterali come quello in Iraq. L'Ulivo si è opposto a questo trucco, ha costretto il governo ad accettare di distinguere l'intervento in Iraq dagli altri interventi internazionali.
Confermerò quindi il mio voto contrario alla presenza italiana in Iraq nel momento in cui il Senato affronterà questo decreto.
Grazie di partecipare alla vita civile della nostra Repubblica.

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27 luglio 2003
di-261
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Tino Bedin