Guerra preventiva

 
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Roma, 5 gennaio 2003

Lettera aperta ai deputati e senatori della Repubblica
La partecipazione alla guerra in Iraq
sarebbe una ferita alla nostra Costituzione

La pace in cui siamo vissuti deve generare altra pace, non l'oblio dei disastri


Il secolo alle nostre spalle ha sperimentato una catastrofe storica mai vista prima dalla umanità: una guerra mondiale senza più frontiere, limiti e distinzioni. Alla fine del conflitto il ripudio della guerra, la sua illegittimità si era fermamente radicata nella coscienza civile e veniva recepita dalle istituzioni. Così la nostra Costituzione , fortemente improntata ai principi di convivenza civile, riassumeva questo sentire comune all'articolo 11: "L'Italia ripudia la guerra come strumento d'offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni e promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".
Questi principi sono ora messi in discussione privilegiando l'intervento militare come soluzione di problemi economici, politici e di sicurezza internazionale. Si è giunti al punto di invocare una guerra preventiva, un concetto che nessun diritto è mai riuscito a contemplare, profondamente contrario ai principi della nostra Costituzione e alla stessa Carta delle Nazioni Unite.
Il nostro paese, accodandosi a questa guerra, rischia di abbandonare questi principi senza che questo venga mai discusso nelle sedi appropriate: la Camera ed il Senato. Di più senza che tale liquidazione della Carta Costituzionale venga riconosciuta come un problema nazionale.
Ci rivolgiamo a voi Deputati e Senatori della Repubblica, in quanto garanti della Costituzione, e vi chiediamo di rispettare i principi di convivenza civile e i capisaldi su cui si fonda la repubblica, e di dichiararvi contrari ad un intervento militare nella guerra "preventiva" che si sta prefigurando sempre più prossima in Iraq. In caso contrario l'assemblea dovrà affrontare , in via prioritaria, il problema del "vulnus" che una decisione di partecipazione alla guerra fa alla nostra Costituzione.

Umberto Allegretti (Università di Firenze), Enrico Alleva (Istituto Superiore di Sanità), Pablo Amati (Università di Roma La Sapienza), Daniel Amit (Università Roma La Sapienza-Università di Gerusalemme), Alberto Asor Rosa (Università di Roma La Sapienza), Donatella Barazzetti (Università della Calabria), Carlo Bernardini (Università di Roma La Sapienza), Giovanni Berlinguer (Università di Roma La Sapienza), Maria Grazia Betti (Università di Roma La Sapienza), Giovanni Bignami (Universita' di Pavia), Marcello Cini (Università di Roma La Sapienza), Tullio De Mauro (Università di Roma La Sapienza), Silvana Ferreri (Università della Tuscia), Roberto Fieschi (Università di Parma), Bice Fubini (Università di Torino), Giovanni Jona-Lasinio (Università di Roma La Sapienza), Francesco Lenci (Istituto di Biofisica CNR-Pisa), Rita Levi Montalcini (CNR-Roma), Carlo Mariani (Università di Roma La Sapienza), Enzo Marinari (Università di Roma La Sapienza), Elisa Molinari (Università di Modena), Stefano Ossicini (Università di Modena), Giorgio Parisi(Università di Roma La Sapienza), Carlo Rovelli (Università di Roma La Sapienza- Università Luminy-Marsiglia)
Risponde Tino Bedin

Condividendo la vostra impostazione politica e culturale, mi limito ad una sottolineatura: l'articolo 11 della nostra Costituzione (come tutta la Carta fondante della nostra democrazia) è il frutto delle sofferenze di una guerra così disastrosa per l'umanità, che l'Italia sentì il bisogno di codificare la scelta di pace. Io mi auguro che gli anni di pace che anche per merito dell'Italia l'Europa ha conosciuto generino ancora pace e non l'oblio della guerra.

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5 gennaio 2003
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Tino Bedin