Giovani e anziani nella pandemia
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Isola della Scala (Verona), 27 maggio 2020

La narrazione semplicistica della pandemia
Cosa succede ad insegnare ai giovani
che il Covid-19 è roba da vecchi

Per gli anziani tre condizioni estreme che non devono diventare dei "precedenti"

Caro Bedin, da quando le terapie intensive degli ospedali non sono più intasate da pazienti, gli anziani sono "scomparsi" dai radar della pandemia. Che sia un caso?
I vecchi hanno accompagnato la narrazione del Covid-19 fin dall'inizio: fin da quando non si sapeva bene cosa fosse: state attenti, dicevano, agli anziani; il virus attacca proprio voi carichi di anni e di magagne. Il messaggio che arrivava ai giovani era: per voi non è così pericoloso, al massimo siete dei portatori sani e rischiate di infettare i vostri nonni o i vostri genitori, state attenti a questo.
Adesso i giovani si sono ricordati di quel messaggio e così, appena hanno potuto, eccoli fuori in massa, stretti tra di loro: non ci sono vecchi da infettare all'aperitivo in piazza; siamo tra noi - pensano i giovani - e non è che noi ci ammaliamo.
Non è sicuramente così. Abbiamo visto in questi mesi anche giovani morire e poi ancora non abbiamo difese attive contro il Covid-19.
Comunque, sarebbe stato meglio non presentare la pandemia come un problema dei vecchi; sarebbe stato più giusto che la Regione mettesse al sicuro anche gli anziani in ospedale o in reparti Covid, senza far finta che le case di riposo fossero abitazioni unifamiliari in cui far trascorrere la quarantena ai vecchi; sarebbe stato meglio che la salute fosse presentata come un diritto della persona e non come una componente dell'età.
E adesso sarebbe bene che la nuova narrazione della pandemia non si esaurisse sui giovani e la loro incoscienza; mi auguro che si lavori per procedure sociali coerenti con il nuovo scenario, che si studino soluzioni, che le si attuino e poi le si mettano in pratica.

Achille Peraro

Commenta Tino Bedin

Sul rapporto tra vecchiaia e società la pandemia ha acceso in questi mesi molti fari; bisognerà che la luce resti accesa e che nella comunità e nelle istituzioni ci sia voglia di guardare attentamente, a lungo. C'è, infatti, il rischio molto forte che quanto è accaduto sia considerato un "precedente" cui riferirsi anche in futuro.
Segnalo alcuni di questi rischiosi "precedenti".
1) In tutta Europa (non solo in Veneto, non solo in Italia) c'è stata una "selezione" degli accessi alle terapie intensive. Mentre si sono sentiti lamenti per la necessaria limitazione di alcuni comportamenti collettivi, non abbiamo sentito voci sulla riduzione della democrazia sanitaria: non tutti i malati sono stati uguali davanti alla vita. Abbiamo toccato con mano in questi mesi che salvare vite umane ha costi molto elevati. Noi europei resteremo quelli che siamo, se continueremo a credere che ogni vita umana non ha prezzo. Rinunciarvi a svantaggio degli anziani, sarebbe un precedente rischioso per tutte le età.
2) Non ci sono stati funerali in questi mesi. La privazione finale è stata preceduta dalla privazione dell'accompagnamento alla morte: accompagnamento che riguarda il moribondo, ma che ha altrettanto valore per i suoi familiari. Anche questa è una questione che mette in gioco la nostra cultura. Il funerale ha un valore simbolico, la veglia accanto al letto è il tramite tra vita e la morte. "Come sostituire un letto di morte inaccessibile? Che tipo di legame mantenere con una famiglia in lutto, quando solo due familiari possono essere ammessi per stare accanto al defunto? Come applicare con umanità delle consegne sanitarie estremamente rigide in caso di decessi legati al Covid-19?": sono domande poste da un gruppo di intellettuali francesi.
3) Le residenze collettive per anziani non autosufficienti sono state spesso valutate (in Veneto, in Italia e in Europa) alla stregua di abitazioni individuali, come giustamente nota Achille Peraro. Questo ha significato che si è lasciata alle "case" (collettive o individuali) la responsabilità della protezione. Ne è derivata una strage. Verranno individuate le responsabilità. Per il futuro è evidente che il servizio delle residenze collettive per anziani va strettamente collegato al servizio sanitario, per la condizione inoppugnabile (non autosufficienti, malati e spesso scompensati) dei destinatari del servizio. È anche evidente che ai "grandi vecchi" (e sono la maggioranza) che vivono nella propria casa va assicurato il geriatra di base, collegato al sistema sanitario pubblico o direttamente o per tramite delle case di riposo.
Sono solo tre delle questioni di civiltà emerse nella pandemia. Sono questioni essenziali, impegnative e costose: mettono in gioco la nostra civiltà e per questo richiedono almeno gli stessi sforzi giustamente dedicati all'economia.
A proposito dei giovani, aggiungo solo un'annotazione. Essi sono bersaglio di preannunci di rappresaglia da parte del presidente Zaia o dei loro sindaci: presidente e sindaci troppo simili a insegnanti che minacciano lezioni per casa mentre le urla in classe aumentano. La disciplina è la premessa di ogni risultato collettivo: vale a scuola, vale per la salute e tocca a chi guida garantirla.

    Partecipa al dialogo su questo argomento

20-di-15
27 maggio 2020
scrivi al senatore
Tino Bedin