COMUNITÀ INTERNAZIONALE

L'invocazione di Papa Francesco, il pianto della deputata irachena
Salvare la terra comune tra Oriente e Occidente
La Mesopotamia è il cuore del nostro mondo; lo sa anche chi vuole piantare proprio qui un potere intollerante

di Tino Bedin

Sapeva bene che siamo in un tempo che non consente ferie, soprattutto al Papa. Il rosario di tragedie e di ingiustizie in cui si sta trasformando l'Angelus domenicale di Papa Francesco ha bisogno della "normalità" e della forza di Piazza San Pietro; stonerebbe nel cortile di Castel Gandolfo.
Anche questa domenica 10 agosto, che apre la settimana centrale di Ferragosto, non fa eccezione: "Cari fratelli e sorelle, ci lasciano increduli e sgomenti le notizie giunte dall'Iraq: migliaia di persone, tra cui tanti cristiani, cacciati dalle loro case in maniera brutale; bambini morti di sete e di fame durante la fuga; donne sequestrate; persone massacrate; violenze di ogni tipo; distruzione dappertutto; distruzione di case, di patrimoni religiosi, storici e culturali. Tutto questo offende gravemente Dio e offende gravemente l'umanità. Non si porta l'odio in nome di Dio! Non si fa la guerra in nome di Dio. Ringrazio coloro che, con coraggio, stanno portando soccorso a questi fratelli e sorelle, e confido che una efficace soluzione politica a livello internazionale e locale possa fermare questi crimini e ristabilire il diritto".
In questa tragedia il ricentramento del mondo attorno alla "periferie esistenziali", che è la cifra del Papato di Francesco, è spontaneo, naturale. Papa Francesco sta in Piazza San Pietro per fare in modo che centinaia di migliaia di persone diventino visibili al mondo, come se si affacciassero anch'esse dal balcone del Papa. E le sue parole - quelle di oggi, quelle dei giorni scorsi - ritornano alle popolazioni martoriate, molto spesso attraverso altri vescovi: cattolici, ma anche caldei e ortodossi che nella loro predicazione in Iraq riferiscono l'invocazione del vescovo di Roma e partecipano ad organizzare la salvezza della loro gente.

Vicinanza e diritto. Da parte sua, come aveva fatto nella tragedia di Lampedusa, anche per questa il Papa ha nominato un proprio inviato in Iraq, il cardinale Fernando Filoni, per essere anche fisicamente a fianco della popolazione, dove essa scappa, dove essa muore. Vicinanza umana, non diplomazia: questo sa fare la Chiesa; per questo l'invio del cardinale Filoni ha fatto parte dell'Angelus domenicale.
Fermare i crimini, ristabilire il diritto: questo sanno fare gli Stati e lo devono dimostrare subito.
Nel cuore di uno Stato, il Parlamento dell'Iraq, è scoppiato il pianto della deputata Vian Dakhil, a nome della comunità yazidi che l'ha eletta: una minoranza religiosa di 4.000 anni che unisce Islam e Zoroastrismo e perlopiù presente nel Nord dell'Iraq, di cui pochi sapevano: "Fratelli salvateci, ci stanno sterminando. Un'intera religione viene cancellata dalla faccia della terra. Fratelli, vi imploro in nome dell'umanità: salvateci. Siamo vittime di uno sterminio da parte dei jihadisti che continueranno a giustizier gli yazidi se non si convertiranno all'Islam". E tra i singhiozzi racconta al Palamento iracheno la tragedia delle donne uccise o vendute come schiave sessuali, la tragedia dei bambini morti di stenti.

La patria di Abramo. Barak Obama sta rispondendo al grido di Papa Francesco e ai singhiozzi di Vian Dakhil: di notte dal cielo cadono cibo e acqua sugli affamati e assetati; "manna", racconterebbe la Bibbia, E altre immagini bibliche si attualizzano. Ad esempio, bisogna di nuovo "aprire il Mar Rosso" per portare al sicuro popoli interi: ci provano i droni americani con le loro bombe.
Del resto la Bibbia racconta molto di questa terra fra il Tigri e l'Eufrate. Questa è la patria di Abramo. Qui c'è Ninive (ora in mano all'Iis). Qui c'è Babilonia.
Questa è la Mesopotamia: la terra tra i due fiumi in cui è cominciata la storia. Ce l'hanno insegnato a scuola, nelle nostre scuole, perché anche la nostra storia è cominciata qui: i sumeri, l'invenzione della scrittura, e Uruk la prima vera città del pianeta; e gli assiri e i babilonesi; l'uso dei mattoni di argilla.
La guerra in corso non è alla periferia del nostro mondo. È nel cuore del nostro mondo. Qui è la terra comune tra Occidente e Oriente. Qui è l'origine di tante storie diverse e di tanti popoli, che finché vi si riconosceranno possono aspirare a trovare ragioni di unità e di pace.
Lo sanno anche coloro che hanno deciso di costruire proprio qui il loro Califfato estremista e violento. Lo sappiamo anche noi dell'Est e dell'Ovest e possiamo impedirglielo.

10 agosto 2014


ci-092
14 agosto 2014
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Tino Bedin