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Obbligatorio l'uso di traccianti colorati in quello per gli animali
Latte: finalmente "trasparenti"
l'origine e la destinazione
Gli interventi del senatore Tino Bedin nel dibattito in Senato

E' ora stabilito da una legge: nel latte in polvere destinato ad uso zootecnico devono essere presenti traccianti di evidenziazione colorati, di origine naturale, innocui per la salute umana ed animale; ciò ai fini di tutela della salute e di salvaguardia della sicurezza alimentare, ai sensi dell'articolo 30 del Trattato che istituisce la Comunità europea – come modificato dal Trattato di Amsterdam di cui alla legge 16 giugno 1998, n. 209. Con successivo decreto, saranno individuati i traccianti e le loro modalità di impiego; è fatto, inoltre, divieto di detenere tali prodotti negli stabilimenti o depositi nei quali si detiene latte destinato al consumo alimentare diretto o destinato a produzioni casearie.
L'articolo 2 definisce le sanzioni in caso di violazioni degli obblighi soprarichiamati (sanzioni amministrativa da 20 a 150 milioni; confisca dei prodotti e, in caso di recidiva, sospensione dell'attività per un periodo da 2 mesi ad un anno).
L'articolo 3 prevede l'entrata in vigore della legge il novantesimo giono successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Questo in sintesi, il contenuto del disegno di legge approvato dalla Camera e trasmesso al Senato, che l'ha approvato senza modifiche nella seduta del 26 luglio.
Una dettagliata analisi del provvedimento è stata svolta in sede di discussione generale e in sede di dichiarazione di voto dal senatore Tino Bedin, che ha non solo motivato la posizione favorevole dei Popolari, ma soprattutto evidenziato le opportunità che il provvedimento votato in Italia può offrire alla revisione della normativa europea.
Questo il testo dell'intervento del senatore Bedin in discussione generale.

"È l'Unione Europea il riferimento normativo fondamentale per un provvedimento legislativo italiano che garantisca i cittadini, italiani ed europei, sul "percorso" del latte che consumano, sulla sua qualità, sulla sua effettiva destinazione.
Il provvedimento legislativo in discussione al Senato nasce dalla volontà di impedire che questo latte in polvere per usi zootecnici possa essere riutilizzato nell'industria alimentare. Si vuole evitare l'utilizzo di latte in polvere ad uso zootecnico non solo per ricostituire il latte, ma anche per la produzione casearia. A tal fine si intende rendere evidenziabile il latte in polvere mediante l'utilizzo di traccianti facilmente riconoscibili e naturalmente innocui per gli animali (e per l'uomo).
Per la trasparenza alimentare
La proposta si pone un obiettivo di grande chiarezza: affermare la trasparenza produttiva e commerciale e soprattutto la qualità delle produzioni alimentari, la sicurezza alimentare e la tutela dei consumatori, che è oggi sempre di più un valore discriminante sul mercato, una condizione decisiva per un nuovo patto fra produttori e consumatori.
Il testo è estremamente semplice, componendosi di due soli articoli, oltre a quello relativo alla clausola di entrata in vigore.
L'articolo 1 prevede che, a fini di tutela della salute e di salvaguardia della sicurezza alimentare, nel latte e nel latte scremato in polvere destinati ad usi zootecnici, e nei loro derivati, debbano essere presenti traccianti colorati, di origine naturale, innocui per la salute umana ed animale, stabilmente evidenziabili. Ad un successivo decreto ministeriale viene demandata l'individuazione dei traccianti da utilizzare e la determinazione delle relative modalità di impiego.
È poi fatto divieto di detenere latte e latte scremato in polvere destinati ad usi zootecnici negli stabilimenti o depositi nei quali si detiene o si lavora latte destinato al consumo alimentare ovvero diretto a produzioni casearie.
L'articolo 2 definisce le sanzioni applicabili in caso di inosservanza della legge.
La chiarezza e l'utilità della norma sono tali che non ammetterebbero dissenso, se l'ambito di applicazione fosse solo nazionale. Così non è, vista la partecipazione dell'Italia all'Unione europea, come ho evidenziato fin dall'inizio. Credo infatti indispensabile aver presente da subito questo elemento di valutazione, perché la soluzione legislativa non ne può prescindere.
La regolamentazione Cee
Le produzioni agricole comunitarie sono state interessate da una serie costante e continua di regolamentazioni. Con la riforma della politica agricola comune è iniziato un processo di razionalizzazione tendente a limitare le posizioni eccedentarie e a favorire tecniche colturali meno intensive e più rispettose delle risorse naturali ed ambientali, togliendo progressivamente aiuti alla produzione e destinandoli al miglioramento strutturale delle aziende, a compensazioni per il mancato reddito, e così via. Nell'ambito di questa filosofia trova applicazione anche un regime di contingentamenti produttivi di alcuni settori.
Uno dei regimi di contingentamento più noti ed anche più discussi è proprio quello della produzione del latte. In questo comparto si è reso necessario il ripensamento degli aiuti comunitari all'agricoltura all'epoca in cui i ritiri di burro e di farine di latte, effettuati per eliminare i surplus, avevano saturato i depositi comunitari e stavano esaurendo le risorse per sostenere il sistema.
Documento fondamentale è il regolamento comunitario n. 804 del 27 giugno 1968, concernente l'organizzazione comune del mercato nel settore del latte, destinato a tutelare l'insieme della produzione lattiero-casearia del mercato comunitario e ad assicurare il sostegno dei prezzi, della materia prima e del prodotto ultimo derivato.
Ovviamente questo regolamento, con le sue misure sulla prevedibile eccedenza sia dei prodotti primi che trasformati, interviene in maniera preponderante a favore di quelle agricolture che all'epoca erano zootecnicamente più favorite e progredite, come in Germania, Olanda e Francia. La Commissione delle Comunità europee si era preoccupata di assumere tutte le iniziative che permettessero un alleggerimento delle scorte che principalmente consistevano in burro e in latte in polvere. In particolare per quest'ultimo prodotto, con regolamento comunitario n. 986 del 15 luglio 1968, furono previste misure precise proprio al fine di favorire la destinazione della polvere di latte, che, ovviamente ed opportunamente denaturata, veniva destinata allo svezzamento e all'alimentazione dei vitelli, previo procedimento di denaturazione con metodi definiti dal successivo regolamento n. 1725 del 1979.
Sul piano interno l'applicazione delle norme comunitarie fu disciplinata con un apposito decreto del Ministero dell'agricoltura del 20 agosto 1984, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 256 del 17 settembre 1984.
Il latte in polvere
Per il latte in polvere per uso zootecnico i regolamenti comunitari prevedevano e prevedono un aiuto economico alla produzione. Per ottenere l'aiuto previsto dalla normativa comunitaria, il latte scremato in polvere deve essere incorporato nei mangimi composti o, in alternativa, denaturato. Per avere diritto all'aiuto, lo stabilimento deve essere riconosciuto dal Ministero per le politiche agricole.
Qualche dato aiuta ad avere le dimensioni del mercato. La produzione del latte scremato in polvere ammonta a un milione e 200 mila tonnellate nell'Unione europea. Negli ultimi tre anni sono state importate in Italia 120 mila tonnellate di latte in polvere, di cui il 90 per cento proveniente dalla Germania.
Un quintale di latte scremato in polvere, ricostituito con l'aggiunta di acqua, equivale a dieci quintali di latte, con un tenore di sostanza grassa minore dell'uno per cento. Gli aiuti comunitari prevedono 160 mila lire di aiuto comunitario per ogni quintale di latte. Lo stesso quintale di latte, che venga sofisticato con l'aggiunta di latte in polvere, finisce per avere un prezzo di 300 mila lire.
Sono dati che hanno finito per attivare un ciclo commerciale almeno discutibile, se non illecito, volto ad ottenere il massimo dei trasferimenti previsti, con il conseguente utilizzo del latte in polvere nelle produzioni alimentari. Insomma, come prevedibile, non tutto il latte in polvere che è entrato ed entra nel nostro paese, è stato poi utilizzato come specificatamente indicato dalla proposta normativa comunitaria, anzi, come tutti ben sappiamo, il latte in polvere molto spesso, per non dire quasi sempre, ha preso strade diverse da quelle per cui era stato prodotto e successivamente commercializzato. In particolare, si è potuto constatare che questo prodotto veniva e viene utilizzato anche per la produzione e la fabbricazione di alimenti destinati all'uso umano come formaggi freschi o molli, yogurt, mozzarelle, gelati.
Il latte in polvere destinato all'uso zootecnico, irregolarmente impiegato nel processo produttivo dei formaggi, è simile a quello destinato all'uso umano; peraltro, nonostante sia previsto normativamente un trattamento di denaturazione, nell'utilizzo illecito di solito è impiegato un prodotto in polvere privo delle prescritte sostanze, proveniente quindi da canali illegali.
Il latte scremato in polvere si ottiene da un processo di disidratazione del latte liquido; quindi la sua origine è la stessa, tanto nel caso in cui sia destinato all'alimentazione umana, quanto nel caso in cui sia destinato ad uso zootecnico.
I temi della concorrenza e dell'organizzazione produttiva
La materia è nel suo insieme materia comunitaria anche nelle applicazioni, non solo nella norma che lo fonda.
Le misure sull'impiego dei traccianti o si applicano ai soli produttori italiani – ed in tal caso penalizzerebbero questi ultimi senza impedire l'immissione sul mercato di latte in polvere senza traccianti da parte dei concorrenti stranieri, determinando inevitabili ricorsi – oppure, ove rivolte a tutti i produttori comunitari, costituendo un oggettivo ostacolo all'importazione, non potrebbero che essere oggetto di una condanna per la palese violazione della normativa comunitaria.
Si tratta inoltre di una norma che riguarda non solo il regime di concorrenza, ma la stessa organizzazione produttiva. L'incorporazione di un tracciante nel latte in polvere è operazione assai complessa, in quanto la destinazione di questo latte, la destinazione ad uso zootecnico o ad uso umano, può essere conosciuta solo all'atto della vendita ad un mangimificio o ad un'industria alimentare. Il latte scremato in polvere non ha infatti una sola destinazione e la ricostituzione del latte liquido con l'utilizzo di latte in polvere è pratica consentita in molti paesi membri dell'Unione.
Richiamo l'attenzione su questo punto, perché esso conferma l'orizzonte complessivamente europeo entro il quale dobbiamo muoverci: non solo un provvedimento per l'Italia in Europa, ma una norma-modello per l'Unione. Oggetto della nostra attenzione parlamentare non può essere solo il latte in polvere importato in Italia e destinato alle sei aziende italiane che fabbricano mangime a base di latte. Anzi, a mio parere, questo aspetto del problema è di più facile soluzione, perché le aziende interessate sono solo sei, perché queste sono già soggette a controllo previsto dalla norma comunitaria e perché facilmente si possono ancor meglio verificare i percorsi del latte in polvere, attraverso procedure già previste dalla norma comunitaria ed accettabili dalle aziende.
Il problema è costituito piuttosto dalle "rigenerazioni" per uso alimentare del latte in polvere che avviene al di fuori dei confini italiani e poi arriva in Italia per essere destinato sia al consumo diretto sia alla produzione casearia. Si tratta di una vera e propria attività di contrabbando che questa norma esclusivamente nazionale non contrasterebbe minimamente, essendo tutto il processo nell'illegalità: insomma in questo latte in polvere il tracciante non sarebbe comunque incorporato.
Le dimensioni raggiunte dal giro di truffe messo in atto ai danni dell'Unione europea per quanto riguarda lo Stato italiano sono state evidenziate dai risultati delle indagini svolte dalla commissione governativa sulle quote latte, coordinata dal generale Lecca. Dai controlli è emersa una forte espansione del fenomeno dell'uso del latte in polvere in prodotti caseari o addirittura nel latte a lunga conservazione, con un sistema di frodi spesso incontrollabile che distorce anche il regime delle quote e falsifica i dati produttivi di molte regioni dell'Unione europea.
Le tipologie di frodi accertate hanno riguardato l'utilizzo di latte in polvere e caseine nella produzione di formaggi, in particolare quelli freschi a pasta filata, la commercializzazione di formaggi a denominazione di origine protetta o tipici privi dei requisiti prescritti dai relativi disciplinari di produzione e la commercializzazione di latte fresco di provenienza estera contenente latte in polvere. Su quest'ultimo aspetto il dato fornito dall'Ispettorato centrale della repressione frodi è allarmante: quasi tutti i campioni di latte proveniente dalla Francia e quasi il 35 per cento di quello proveniente dalla Germania contenevano materie diverse dal latte pastorizzato.
Questi dati confermano il punto nodale da risolvere, su cui ho richiamato poco fa l'attenzione: l'attività di prevenzione non può limitarsi all'Italia.
Riciclando nell'industria casearia il latte in polvere prodotto per la zootecnia si crea concorrenza sleale tra aziende di trasformazione, si danneggiano gli allevatori onesti, si arrecano possibili danni alla salute dei cittadini e si determinano esborsi pesantissimi per i superamenti, non effettivi, ma virtuali – almeno, stando a quanto emerso dall'indagine governativa – dei quantitativi garantiti di produzione lattiera. Ancora più grave appare il fatto che gli illeciti siano riferiti anche alla produzione di formaggi di qualità.
Nel Trattato dell'Unione la prevalenza della salute
I consumatori sono generalmente ignari di tutto ciò (e quindi convinti di acquistare prodotti genuini, ottenuti seguendo regole tradizionali). Tali prodotti sono così esposti a facili alterazioni e manipolazioni da parte di coloro che, pur di raggiungere un guadagno, infrangono la normativa comunitaria e le loro norme nazionali.
Questo provvedimento, diretto ad aumentare i meccanismi di difesa del consumatore, punta ad assicurare un'adeguata garanzia alimentare, nella volontà di rafforzare, nel principio e nella pratica, il valore della tutela della salute, con ciò confermando una sensibilità che è propria dell'Italia, sempre all'avanguardia nella difesa della sanità degli alimenti e della salute.
È questo il quadro nel quale va posto e affrontato il problema della compatibilità comunitaria del provvedimento in esame.
Il punto di partenza è la tutela della salute e la salubrità degli alimenti. La cornice è rappresentata dall'articolo 30 del Trattato dell'Unione europea che, per motivi ben individuati, tra i quali, appunto, la tutela della salute, consente di derogare al combinato disposto degli articoli 28 e 29 dello stesso Trattato ed al divieto in essi contenuto di restrizioni quantitative alle importazioni ed alle esportazioni, o di misure equipollenti, tra gli Stati membri. Il disegno di legge, del resto, all'articolo 1, comma 1, richiama questa norma del Trattato di Amsterdam che ammette deroghe al divieto di restrizioni all'importazione o al transito di beni per motivi connessi alla tutela della salute.
Questa è la prima certezza: l'unico argomento giuridicamente fondato per sostenere il provvedimento dinanzi all'Unione europea è il richiamo all'articolo 30 del Trattato sull'Unione europea che, in relazione alla tutela della salute, ammette delle deroghe alla normativa sugli scambi.
C'è una seconda certezza: è chiara la incompatibilità con il principio della libera circolazione delle merci per l'ovvia incidenza del regime che si vuole introdurre non solo sui prodotti nazionali, ma anche su quelli destinati alle esportazioni. Il provvedimento – come ho rilevato fin dall'inizio – non può infatti che applicarsi a qualunque tipo di latte in polvere destinato ad uso zootecnico, ivi incluso quello di importazione.
Sono due certezze inconciliabili?
Il primo elemento di discussione, in una analisi comparativa degli interessi in campo, in sede comunitaria, dovrà porre il problema di una gerarchia e, conseguentemente, di quale preminenza debba esservi tra la salute dei cittadini e le ragioni del mercato.
Il commissario Franz Fischler giudica le "intenzioni"
Nella prima fase della "discussione", seguita alla Notifica del disegno di legge, correttamente fatta dall'Italia alla Commissione europea, quest'ultima ha dato la prevalenza gerarchica alle ragioni del mercato.
Il commissario Franz Fischler ha infatti notato che le disposizioni vanno contro le norme comunitarie ed ha preannunciato l'avvio di una procedura di infrazione nel caso che le norme in discussione siano approvate.
Per sostenere perentoriamente questa posizione della Commissione, Franz Fischler è dovuto ricorrere ad una forzatura. Egli infatti ha dovuto negare che il disegno di legge in discussione nel Parlamento italiano sia motivato da ragioni di tutela della salute e per farlo è ricorso in maniera impropria ai dibattiti parlamentari. Egli valuta che secondo quanto hanno finora sostenuto i deputati italiani, la nostra preoccupazione maggiore non è la salute dei cittadini europei, ma le frodi regolarmente constatate nel territorio italiano.
Credo di dover innanzi tutto esprimere forti riserve sull'utilizzo, da parte della Commissione, di ragioni politiche e non giuridiche: Fischler cioè si rifà a valutazioni espresse nel corso della loro attività da parlamentari, piuttosto che sincerarsi se effettivamente l'assunto da cui parte il disegno di legge, cioè la tutela della salute, sia fondato. Mi sembra una procedura istituzionalmente pericolosa, in quanto tendenzialmente limita la libertà di espressione dei parlamentari.
Lo sottolineo senza aggiungere una censura, perché – per quanto mi è stato possibile conoscere del nostro Commissario europeo – ne sappiamo il rispetto per i Parlamenti.
Evidentemente egli è ricorso a questa formulazione, sapendo che questo è l'aspetto debole per l'Italia, ma anche riconoscendo implicitamente che l'aspetto debole per l'Europa è la salvaguardia della salute.
Del resto in almeno due passaggi della nota ufficiale egli sostiene che l'Italia potrebbe farsi promotrice di maggiori informazioni alla Commissione, in grado di far cambiare la normativa comunitaria.
È chiaro che non è l'informazione che in materia manca all'Unione europea. Non fosse altro perché non è la prima volta che in Italia si pone il problema: già nel 1994, con due decreti del Ministero delle politiche agricole, si tentò di introdurre una norma che consentisse all'Ispettorato repressione frodi di dotarsi di strumenti più idonei di accertamento di questo tipo di frodi ai danni della salute dei cittadini europei. La risposta dell'Unione europea fu negativa e, attraverso la minaccia del ricorso alla procedura di infrazione, le finalità dei due decreti furono disapplicate: essi finirono per riguardare soltanto la produzione del latte in polvere in Italia, che come sappiamo è pressoché uguale a zero.
Un quadro politico europeo più favorevole
Oggi è possibile conseguire un risultato positivo rispetto al 1994, non perché sia mutato il quadro normativo, ma perché è sostanzialmente mutato sia il quadro politico sia quello organizzativo dell'Unione europea.
Le annunciate iniziative della Commissione presieduta da Romano Prodi (dal libro bianco sulla sicurezza alimentare alla comunicazione sui principi di precauzione, alla riforma della normativa alimentare) vanno tutte nella direzione di un rafforzamento delle garanzie a favore dei consumatori. In sede di confronto comunitario, l'aspetto di anticipazione e di innovazione della normativa italiana sul latte in polvere deve costituire un elemento di valutazione decisivo. Del resto, proprio per prendere meglio in considerazione la protezione della salute dei consumatori, la direzione generale per la politica dei consumatori dell'Unione è stata oggetto di ristrutturazione ed è stata dotata di autorità sovraordinata rispetto ai diversi comitati scientifici istituiti dalla Commissione europea.
Inoltre, proprio i documenti della Commissione sostengono che la sicurezza degli alimenti e tutela della salute del consumatore sono punti focali di un nuovo approccio politico europeo e l'espressione di una coscienza ormai comune e condivisa. Cito due documenti non di poco conto.
Il primo: nella posizione comune adottata nella trattativa per il Millennium round, ad esempio, l'Europa porta l'esigenza primaria, fondamentale della sicurezza alimentare e della qualità delle produzioni. Il secondo: la Commissione nel programma annuale ha compiuto la scelta di una priorità assoluta, quella della sicurezza alimentare, annunciando la costituzione di un'agenzia europea per la sicurezza alimentare, che dovrebbe intervenire proprio su questioni come quella di cui ci stiamo occupando.
Sulla scia di Agenda 2000
Concludendo, ricordo che l'Italia ha assunto una posizione lineare e coerente nella trattativa per l'Agenda 2000, al fine di porre all'attenzione dell'Europa l'esigenza della scelta innovativa della qualità e della sicurezza come condizione decisiva per lo sviluppo della nostra agricoltura e del nostro sistema agro-alimentare; in quella trattativa sono stati conseguiti risultati importanti; ora non dobbiamo demordere sulle conseguenze che da Agenda 2000 possono scaturire. Ne va delle garanzie per il futuro della nostra agricoltura, delle certezze per i nostri produttori e per il sistema agro-alimentare di avere spazi di mercato crescenti sul piano europeo ed internazionale; ne va della salute dei consumatori.
Nelle nostra scelta possiamo del resto tener conto che la stessa comunicazione della Commissione europea evidenzia l'esigenza di un'armonizzazione per evitare che ciascuno Stato definisca proprie regole unicamente sulla base delle rispettive esigenze: ciò vale per l'Italia, ma deve valere anche per gli Stati nei quali è centrata la produzione e l'esportazione del latte in polvere per uso zootecnico.
In secondo luogo, è possibile che la posizione negoziale italiana in ambito comunitario sia indebolita dall'avvio di una procedura d'infrazione. Questo richiede preliminarmente che una iniziativa italiana sia assunta di concerto con altri Stati membri onde far fronte alle obiezioni già poste da paesi quali l'Olanda e la Germania.
L'approvazione da parte del Senato della nuova disciplina, va dunque accompagnata dalla volontà di inquadrare la legge nell'ambito di un'iniziativa assunta dal Ministro per le politiche agricole e forestali per indurre l'Unione europea a modificare la normativa vigente e consentire l'impiego di traccianti nel latte in polvere destinato ad uso zootecnico, anche al fine di superare l'opposizione manifestata da taluni paesi nei confronti della posizione italiana.
Mi sembra indispensabile questa manifestazione di volontà politica, sia per accompagnare l'iniziativa del Governo italiano, sia per evitare che la legge – una volta approvata – non venga mai applicata".

 

Il voto favorevole dei Popolari è stato motivato nella dichiarazione di voto finale soprattutto il riferimento alla salubrità degli alimenti, che costituisce uno degli impegni della Commissione Europea.

"Non tutto il latte in polvere che è prodotto in Europa per uso zootecnico è stato poi utilizzato come spcificatamente indicato dalla normativa comunitaria, anzi, come tutti ben sappiamo, il latte in polvere molto spesso ha preso strade diverse da quelle per cui era stato prodotto e successivamente commercializzato. In particolare si è potuto costatare che questo prodotto veniva ed è utilizzato anche per la produzione e la fabbricazione di alimenti destinati all'uso umano come formaggi freschi o molli, yogurt, mozzarelle, gelati.
Richiamo l'attenzione su questo punto perché nel voto favorevole del Partito Popolare c'è la conferma dell'orizzonte complessivamente europeo entro il quale dobbiamo muoverci: non ad un provvedimento per l'Italia in Europa, ma una norma-modello per l'Unione.
Questo provvedimento, diretto ad aumentare i meccanismi di difesa del consumatore, punta ad assicurare un'adeguata garanzia alimentare, nella volontà di rafforzare, nel principio e nella pratica, il valore della tutela della salute, con ciò confermando una sensibilità che è propria dell'Italia, sempre all'avanguardia nella difesa della sanità degli alimenti e della salute.
È questo il quadro nel quale va posto e affrontato il problema della compatibilità comunitaria del provvedimento in esame.
Punto di partenza del voto favorevole è la tutela della salute e la salubrità degli alimenti. La cornice è rappresentata dall'articolo 30 del trattato dell'Unione europea, che per motivi ben individuati, tra i quali, appunto, la tutela della salute, consente di derogare al combinato disposto degli articoli 28 e 29 dello stesso trattato ed al divieto in essi contenuto di restrizioni quantitative alle importazioni ed alle esportazioni, o di misure equipollenti, tra gli Stati membri. Il disegno di legge, del resto, all'articolo 1, comma 1, richiama questa norma del trattato di Amsterdam che ammette deroghe al divieto di restrizioni all'importazione o al transito di beni per motivi connessi alla tutela della salute.
Il PPI è consapevole che può evidenziarsi la incompatibilità con il principio della libera circolazione delle merci per l'ovvia incidenza del regime che si vuole introdurre non solo sui prodotti nazionali, ma anche su quelli destinati alle esportazioni. Il provvedimento non può infatti che applicarsi a qualunque tipo di latte in polvere destinato ad uso zootecnico, ivi incluso quello di importazione.
Il primo elemento di discussione, in una analisi comparativa degli interessi in campo, in sede comunitaria, dovrà porre il problema di una gerarchia e, conseguentemente, di quale preminenza debba esservi tra la salute dei cittadini e le ragioni del mercato.
Il voto favorevole che i Popolari danno a questo provvedimento è anche una scelta all'interno di questa gerarchia: noi mettiamo prima la salute dei cittadini, poi le ragioni del mercato, in questa scelta siamo coerentemente europeisti.
Le annunciate iniziative della Commissione presieduta da Romano Prodi (dal libro bianco sulla sicurezza alimentare alla comunicazione sui princìpi di precauzione, alla riforma della normativa alimentare) vanno tutte nella direzione di un rafforzamento delle garanzie a favore dei consumatori. In sede di confronto comunitario, l'aspetto di anticipazione e di innovazione della normativa italiana sul latte in polvere deve costituire un elemento di valutazione decisivo.
Inoltre, proprio i documenti della Commissione sostengono che la sicurezza degli alimenti e la tutela della salute del consumatore sono punti focali di un nuovo approccio politico europeo e l'espressione di una coscineza ormai comune e condivisa. Cito due documenti non di poco conto.
Il primo: nella posizione comune adottata nella trattativa per il Millennium round, ad esempio, l'Europa porta l'esigenza primaria, fondamentale della sicurezza alimentare e della qualità delle produzioni. Il secondo: la Commissione nel programma annuale ha compiuto la scelta di una priorità assoluta, quella della sicurezza alimentare, annunciando la costituzione di un'agenzia europea per la sicurezza alimentare, che dovrebbe intervenire proprio su questioni come quella di cui ci stiamo occupando.
Con questo voto, infine, i Popolari confermano le scelte che i Ministri dell'agricoltura italiana hanno compiute in questi anni.
Ricordo che l'Italia ha assunto una posizione lineare e coerente nella trattativa per l'Agenda 2000, al fine di porre all'attenzione dell'Europa l'esigenza della scelta innovativa della qualità e della sicurezza come condizione decisiva per lo sviluppo della nostra agricoltura e del nostro sistema agro-alimentare; in quella trattativa sono stati conseguiti risultati importanti; ora non dobbiamo demordere sulle conseguenze che da Agenda 2000 possono scaturire. Ne va delle garanzie per il futuro della nostra agricoltura, delle certezze per i nostri produttori e per il sistema agro-alimentare di avere spazi di mercato crescenti sul piano europeo ed intarnazionale; ne va della salute dei consumatori".

26 luglio 2000


16 agosto 2000
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