VECCHIAIA

Diario / MERCOLEDÌ 20 MAGGIO 2020

Adesione all'iniziativa della Comunità di Sant'Egidio
Senza anziani non c'è futuro
Appello per ri-umanizzare le nostre società. No a una sanità selettiva
   La Comunità di Sant'Egidio ha pubblicato oggi un appello, tradotto in diverse lingue e diffuso a livello internazionale, dal titolo "Senza anziani non c'è futuro". Originato dall'esperienza del coronavirus, l'Appello per ri-umanizzare le nostre società. No a una sanità selettiva, come recita il sottotitolo, è "rivolto a tutti, cittadini e istituzioni, per un deciso cambiamento di mentalità che porti a nuove iniziative, sociali e sanitarie, nei confronti delle popolazioni anziane".
L'appello è accompagnato dall'invito alla sottoscrizione e anche ad aggiungere la propria voce. Ho sottoscritto immediatamente l'appello, il cui contenuto riflette sia la posizione politica del cattolicesimo popolare sia la mia esperienza ad AltaVita, la maggiore Ipab della provincia di Padova.
La sottoscrizione è anche l'occasione per mettere in fila alcuni eventi che mi sono annotato nel corso della pandemia.

Due constatazioni drammatiche - Giuseppe De Rita, presidente e fondatore del Censis 56 anni fa, è uno dei pensatori sociali che ha accompagnato la mia generazione, almeno di quanti hanno avuto ed hanno interesse alla evoluzione della società italiana. È un accompagnamento sempre stimolante, fantasioso (come i titoli dei Rapporti annuali del Censis). È utile averlo a fianco anche ora, che ha 87 anni: aiuta a farsi un'idea.
Non stanno mancando i suoi interventi anche durante la pandemia, che per sua natura è pervasiva, anche nei ragionamenti sociali. A metà aprile, ad esempio, è uscita sul Corriere della Sera una sua intervista, che mi sono annotata almeno per due idee che Giuseppe De Rita lancia.
La prima idea accompagna un racconto sugli anziani in Olanda. A Paolo Conti che lo intervista, De Rita dice: "Sa cosa accade in Olanda? Me lo ha raccontato mio figlio che vive lì. Gli over 70 hanno ricevuto un bel modulo in cui si impegnano, in caso di coronavirus, a non ricoverarsi in ospedale per non sottrarre posti a chi ha più possibilità di guarire. Il bello è che lo hanno firmato tutti". Più che questa "procedura", con la quale l'Olanda ha reso esplicita la "medicina delle catastrofi" più o meno silenziosamente applicata ovunque, mi ha lasciato pensoso la valutazione sociologica di De Rita: "Quasi un esempio di coscienza pubblica: sono vecchio, se mi ammalo cerco di farcela da solo ma non tolgo spazio ai più giovani".
Citare questa scelta come "esempio di coscienza pubblica" è un buon punto di partenza per una discussione accanita.
La discussione diventa drammatica sulla seconda idea che mi ero annotata. Al giornalista che constata: "Qui scompare un'intera generazione", Giuseppe De Rita annota: "Gli italiani hanno assistito a tutto questo con dolore e stupore. Poi si è capito che questa malattia anticipava ciò che sarebbe accaduto magari tra un anno. Come in un terremoto: un anziano con un bypass, con uno scompenso renale non ce la fa a salvarsi. Non voglio essere crudele ma è la verità".

Una preghiera da Santa Marta - Proprio la mattina dopo la pubblicazione di questa intervista, nella quotidiana messa in diretta da Santa Marta Papa Francesco aveva iniziato la celebrazione con questa intenzione: "Preghiamo oggi per gli anziani, specialmente per coloro che sono isolati o nelle case di riposo. Loro hanno paura, paura di morire da soli. Sentono questa pandemia come una cosa aggressiva per loro. Loro sono le nostre radici, la nostra storia. Loro ci hanno dato la fede, la tradizione, il senso di appartenenza a una patria. Preghiamo per loro perché il Signore sia loro vicino in questo momento".
Insomma, gli anziani sanno che la morte arriva, ma ne hanno paura. Sanno che devono morire, ma non vedono perché devono lasciarsi morire; sanno che la vita non durerà poi tanto, ma preferiscono dedicarsi a vivere invece che a morire.
E non perché gli manchi il senso civico; anzi, pensano di essere ancora di qualche utilità.

Sergio Mattarella a Frank-Walter Steinmeier - Mi aveva colpito un passaggio della lettera inviata il 22 marzo al presidente della Repubblica tedesca Frank-Walter Steinmeier dal nostro presidente Sergio Mattarella. In un rapporto al più alto livello fra due Stati e due popoli Mattarella inserisce un pensiero alla popolazione anziana: "Qui, in numerosi territori, con tante vittime, viene decimata la generazione più anziana, composta da persone che costituiscono per i più giovani punto di riferimento non soltanto negli affetti ma anche nella vita quotidiana".
Oltre che confermare l'umanità con cui Sergio Mattarella sta svolgendo il suo incarico di presidente della Repubblica, mi era parso che richiamare questa tragedia della pandemia fosse un invito a rifiutare la visione iniziale dell'emergenza, visione che tende a sottolineare che il Covid-19 è una questione di vecchi, tanto è vero - si è continuato a dire - che il virus uccide quasi solo i pazienti in età avanzata.
Mattarella, inoltre, sapeva bene che la tragedia non era solo italiana, che il rischio dell'abbandono degli anziani nella pandemia era generalizzato.

Francia: insopportabile prospettiva - In Francia, ad esempio, la situazione è così drammatica che alla fine di marzo un gruppo di intellettuali e scienziati pubblica un appello sul quotidiano Le Monde.
"Nella tormenta della pandemia, non dimentichiamoci delle persone anziane! In Francia, ce ne sono diversi milioni, autosufficienti o no, che vivono nelle case di cura o a casa propria. Oggi, sono le persone più esposte al rischio di morire a causa del coronavirus, perché il loro organismo è meno robusto, e la loro salute è già indebolita da varie patologie spesso combinate. Se non agiamo urgentemente con coerenza e con forza, nelle settimane e nei mesi che verranno, rischiamo, in Francia, in Europa e nel mondo, un'ecatombe. Rassegnarsi a questo esito è umanamente inaccettabile, e gli strumenti per lottare efficacemente ci sono. È la ragione per cui invitiamo ogni persona - in particolare gli intellettuali, i dirigenti politici, gli scienziati, i rappresentanti delle autorità morali e religiose, i cittadini come comunità - a mobilitarsi accanto al personale sanitario e ai responsabili delle istituzioni che ogni giorno accompagnano le persone anziane. Anzitutto, per ricordare il principio etico del diritto alla vita di ogni essere umano, e per combattere questa barbarie insidiosa che porta a pensare che i più vecchi andrebbero difesi meno, quasi sacrificati. Se una persona anziana, in cuor suo e in totale libertà, prende la decisione di dare la priorità ai più giovani, sia libera di farlo! Ma che lo stato o la società lo faccia perché gli anni che restano da vivere agli anziani avrebbero un valore inferiore è un'insopportabile prospettiva".
Nella lista dei firmatari compaiono: Yves Agid, dell'Académie des sciences; Pascal Bruckner, scrittore; Boris Cyrulnik, neuropsichiatra; Roger-Pol Droit, filosofo; Marie Garrau; filosofo, università Paris-I-Panthéon; Claude Jeandel, presidente del Conseil national professionnel de gériatrie; Axel Kahn, presidente della Ligue contre le cancer; Dominique Monneron, direttore generale della Fondation Partage & Vie; Corine Pelluchon, filosofo, università Paris-Est-Marne-la-Vallée; Didier Sicard, ex presidente del Comité consultatif national d'éthique, università Paris-Descartes; Pierre-Henri Tavoillot, filosofo, università Paris-IV; Claudine Tiercelin, filosofo, Collège de France.

La cultura dello scarto - AL'insopportabile prospettiva contro cui combattono gli scienziati e studiosi francesi, ha origine - secondo Papa Francesco - nella "cultura dello scarto". Ne parla spesso il Papa. L'8 aprile Civiltà Cattolica ha pubblicato per l'Italia un'intervista di Papa Francesco al giornalista inglese Austen Ivereigh. Sul tema degli anziani nella pandemia, mi ero sottolineato queste righe.
È vero, alcuni governi hanno preso misure esemplari, con priorità ben definite, per difendere la popolazione. Ma ci stiamo rendendo conto che tutto il nostro pensiero, ci piaccia o non ci piaccia, è strutturato attorno all'economia. Si direbbe che nel mondo finanziario sacrificare sia normale. Una politica della cultura dello scarto. Da cima a fondo. Penso per esempio alla selettività prenatale. Oggi è molto difficile incontrare per strada persone con la sindrome di Down. Quando la si vede nelle ecografie, li rispediscono al mittente. Una cultura dell'eutanasia, legale o occulta, in cui all'anziano le medicine si danno fino a un certo punto.
Penso all'enciclica di papa Paolo VI, la Humanae vitae. La grande problematica su cui all'epoca si concentravano i pastoralisti era la pillola. E non si resero conto della forza profetica di quell'enciclica, anticipatoria del neomalthusianismo che stava preparandosi in tutto il mondo. È un avvertimento di Paolo VI riguardo all'ondata di neomalthusianismo che oggi vediamo nella selezione delle persone secondo la possibilità di produrre, di essere utili: la cultura dello scarto.
E ciò nonostante gli anziani continuano a essere le radici. E devono parlare con i giovani. Questa tensione tra vecchi e giovani deve sempre risolversi nell'incontro. Perché il giovane è germoglio, fogliame, ma ha bisogno della radice; altrimenti non può dare frutto. L'anziano è come la radice. Agli anziani di oggi voglio dire: so che sentite la morte vicina e avete paura, ma volgete lo sguardo dall'altra parte, ricordate i nipoti e non smettete di sognare. È questo che Dio vi chiede: di sognare (Gioele 3,1).


L'appello "Senza anziani non c'è futuro" - La sottoscrizione da parte mia dell'Appello della Comunità di Sant'Egidio, rientra in questo "diario della vecchiaia", che sarà bene continuare a scrivere nel corso di tutta la pandemia e continuare a rileggere dopo, perché sarà necessario non dimenticare.
Questo il testo dell'appello.
Nella pandemia del Covid-19 gli anziani sono in pericolo in molti paesi europei come altrove. Le drammatiche cifre delle morti in istituto fanno rabbrividire.
Molto ci sarà da rivedere nei sistemi della sanità pubblica e nelle buone pratiche necessarie per raggiungere e curare con efficacia tutti, per superare l'istituzionalizzazione. Siamo preoccupati dalle tristi storie delle stragi di anziani in istituto. Sta prendendo piede l'idea che sia possibile sacrificare le loro vite in favore di altre. Papa Francesco ne parla come "cultura dello scarto": toglie agli anziani il diritto ad essere considerati persone, ma solo un numero e in certi casi nemmeno quello.
In numerosi paesi di fronte all'esigenza della cura, sta emergendo un modello pericoloso che privilegia una "sanità selettiva", che considera residuale la vita degli anziani. La loro maggiore vulnerabilità, l'avanzare degli anni, le possibili altre patologie di cui sono portatori, giustificherebbero una forma di "scelta" in favore dei più giovani e dei più sani.
Rassegnarsi a tale esito è umanamente e giuridicamente inaccettabile. Lo è anche in una visione religiosa della vita, ma pure nella logica dei diritti dell'uomo e nella deontologia medica. Non può essere avallato alcuno "stato di necessità" che legittimi o codifichi deroghe a tali principi. La tesi che una più breve speranza di vita comporti una diminuzione "legale" del suo valore è, da un punto di vista giuridico, una barbarie. Che ciò avvenga mediante un'imposizione (dello Stato o delle autorità sanitarie) esterna alla volontà della persona, rappresenta un'ulteriore intollerabile espropriazione dei diritti dell'individuo.
L'apporto degli anziani continua ad essere oggetto di importanti riflessioni in tutte le civiltà. Ed è fondamentale nella trama sociale della solidarietà tra generazioni. Non si può lasciar morire la generazione che ha lottato contro le dittature, faticato per la ricostruzione dopo la guerra e edificato l'Europa.
Crediamo che sia necessario ribadire con forza i principi della parità di trattamento e del diritto universale alle cure, conquistati nel corso dei secoli. È ora di dedicare tutte le necessarie risorse alla salvaguardia del più gran numero di vite e umanizzare l'accesso alle cure per tutti. Il valore della vita rimanga uguale per tutti. Chi deprezza quella fragile e debole dei più anziani, si prepara a svalutarle tutte.
Con questo appello esprimiamo il dolore e la preoccupazione per le troppe morti di anziani di questi mesi e auspichiamo una rivolta morale perché si cambi direzione nella cura degli anziani, perché soprattutto i più vulnerabili non siano mai considerati un peso o, peggio, inutili.

L'elenco dei primi firmatari, con i cui nomi oggi l'appello è stato pubblicato, propone sia la dimensione europea del problema sia le molte competenze cui si deve ricorrere per dare una soluzione: Andrea Riccardi, storico, fondatore della Comunità di Sant'Egidio; Romano Prodi, già Presidente del Consiglio dei ministri e della Commissione UE; Irina Bokova, già Direttrice generale UNESCO, membro alto comitato per la fraternità umana, Bulgaria; Manuel Castells, ordinario di sociologia dell' Università di California Berkeley, Spagna; Marie De Hennezel, Psicologa, Francia; Giuseppe De Rita, fondatore CENSIS; Jean-Pierre Denis, direttore del settimanale La Vie, Francia; Aleksandra Dulkiewicz, sindaca di Danzica, Polonia; Mark Eyskens, già primo ministro belga; Stefania Giannini, direttore generale aggiunto UNESCO; Jürgen Habermas, filosofo, Germania; Simonetta Agnello Hornby, scrittrice, UK; Felipe González Márquez, già Primo ministro Spagna; Adam Michnik, saggista, direttore di Gazeta Wyborcza, Polonia; Maria Antónia Palla, giornalista, Portogallo; Navi Pillay, giudice, presidente ICDP, Sud Africa; Hans Gert Pöttering, già Presidente del Parlamento europeo, Germania; Jeffrey D. Sachs, Direttore di UN Sustainable Development Solutions Network; Annette Schavan, già ministro federale tedesco dell'Educazione e Ricerca, Germania; Michel Wieviorka, sociologo, presidente della Fondation Maison des Sciences de l'Homme di Parigi, Francia; Card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna.

La vecchiaia è uno dei tratti distintivi dell'umanità - Davvero sarà utile non dimenticare. Le molte tragedie comunitarie, familiari e personali che hanno coinvolto i vecchi italiani ed europei in questi mesi, richiedono di avere piena consapevolezza della centralità della condizione anziana in questo tempo dell'umanità.
ul finire di gennaio, prima che il coronavirus diventasse la paura globale, si era tenuto a Roma il primo Congresso internazionale di Pastorale degli anziani sul tema "La ricchezza degli anni". Ai partecipanti Papa Francesco ha rivolto il 31 gennaio un discorso che merita di essere integralmente letto. Ne annoto intanto i primi due periodi, perché danno le dimensioni della centralità degli anziani.
Nel 21° secolo, la vecchiaia è divenuta uno dei tratti distintivi dell'umanità. Nel giro di pochi decenni, la piramide demografica - che un tempo poggiava su un gran numero di bambini e giovani e aveva al suo vertice pochi anziani - si è invertita. Se un tempo gli anziani avrebbero potuto popolare un piccolo stato, oggi potrebbero popolare un intero continente. In tal senso, l'ingente presenza degli anziani costituisce una novità per ogni ambiente sociale e geografico del mondo. Inoltre, alla vecchiaia oggi corrispondono stagioni differenti della vita: per molti è l'età in cui cessa l'impegno produttivo, le forze declinano e compaiono i segni della malattia, del bisogno di aiuto e l'isolamento sociale; ma per tanti è l'inizio di un lungo periodo di benessere psico-fisico e di libertà dagli obblighi lavorativi.
In entrambe le situazioni, come vivere questi anni? Che senso dare a questa fase della vita, che per molti può essere lunga? Il disorientamento sociale e, per molti versi, l'indifferenza e il rifiuto che le nostre società manifestano nei confronti degli anziani, chiamano non solo la Chiesa, ma tutti, ad una seria riflessione per imparare a cogliere e ad apprezzare il valore della vecchiaia. Infatti, mentre, da un lato, gli Stati devono affrontare la nuova situazione demografica sul piano economico, dall'altro, la società civile ha bisogno di valori e significati per la terza e la quarta età.

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23 maggio 2020
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Tino Bedin